M5S: dalla democrazia diretta a quella rappresentativa

Prima o poi doveva succedere! Il Movimento Cinque Stelle si trasforma in partito e chiederà di iscriversi nel Registro nazionale dei partiti politici istituito nel 2014 presso la Camera dei deputati per poter accedere al beneficio della destinazione volontaria del 2 per mille dell’Irpef, scelta dai cittadini al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Lo hanno deciso telematicamente gli iscritti al Movimento interpellati in tal senso, provocando comunque i mal di pancia di alcuni suoi autorevoli esponenti, che ritengono che questa scelta snaturi le proprie origini.

E in parte è anche vero, perché con questa decisione il Movimento dovrà ottemperare a alcuni obblighi dai quali finora si riteneva esentato come quello, ad esempio, del rispetto dei principi di democrazia interna. Continua quindi l’evoluzione positiva dei Cinque Stelle che in questa legislatura si sono ritagliati un ruolo prevalentemente di Governo perdendo quasi del tutto l’identità di movimento di protesta. E questo è sicuramente un bene per il Paese e per la politica in generale. Si tratta di un cambio di rotta importante e al contempo di un atto di grande responsabilità, che porterà il Movimento a trasmettere il proprio Statuto, finora semisegreto, alla Commissione di garanzia degli statuti che ha sede alla Camera. Per onestà intellettuale occorre però ricordare che soltanto fino a questa estate dal Blog dei Cinque Stelle si gridava contro questo sistema di finanziamento, ovviamente in coerenza con il voto contrario del 2014 all’approvazione della legge istitutiva del 2 per mille ai partiti.

Sostanzialmente, per il Movimento si trattava di una “presa in giro sfacciata e colossale” e soprattutto, consentendo forti donazioni da parte di persone fisiche e giuridiche, metteva la politica nelle mani delle lobby con il rischio di diventare addirittura un mezzo per il riciclaggio del denaro sporco. Tuonava contro la finta abrogazione del finanziamento pubblico e sosteneva di non voler accedere a questo strumento perché “il M5S non è un partito e non vuole i soldi del tuo 2 per mille”, affermando oltretutto che per fare politica servono pochi soldi, non necessariamente pubblici.

Ufficialmente erano questi i motivi ma forse in realtà per sfuggire all’obbligo di presentare alla Camera entro 45 giorni dalle elezioni l’atto costitutivo e lo statuto di cui il Movimento non era munito. O forse ancora perché quella stessa legge aveva progressivamente ridimensionato i rimborsi elettorali fino a deciderne la completa abolizione. La decisione del Movimento quindi di rinunciare ai sostanziosi rimborsi elettorali non era tanto un fatto di coerenza ma, appunto, l’anticipazione di un evento che stava per accadere e che demagogicamente si sarebbe potuto sfruttare contro gli altri partiti che ancora continuavano a percepirli.

Il finanziamento attraverso il 2 per mille, a distanza di 8 anni dalla sua introduzione, non è riuscito a compensare il taglio dei rimborsi elettorali. Mentre, nel contempo, il Movimento usufruiva, al pari degli altri partiti presenti in Parlamento, di un altro tipo di finanziamento molto corposo. Si tratta dei contributi che le Camere versano annualmente ai gruppi parlamentari in proporzione al numero dei componenti, per pagare le spese correnti e il personale ma finalizzati sostanzialmente a finanziare parte della comunicazione dei partiti. E non è certamente roba da poco!

Sono complessivamente 53 milioni di euro che vanno divisi tra Camera e Senato che equivalgono mediamente a 56mila euro all’anno per ogni parlamentare. In dettaglio la Camera dei deputati attualmente sta versando ai gruppi parlamentari un contributo di 30.870.000 euro, ovvero 49mila euro per ogni singolo deputato, il Senato sta versando 22.070.272 di euro, ovvero 70mila euro per ogni singolo senatore. Tanto per fare una battuta, un senatore vale per il proprio gruppo 20mila euro in più all’anno di un deputato. Quindi per fare i cosiddetti conti della serva, considerato che, all’inizio della legislatura, nel 2018, i deputati Cinque Stelle erano 222 e i senatori 112, ai Gruppi parlamentari sono stati assegnati rispettivamente 10.870.000 euro alla Camera e 7.870.000 euro al Senato per ciascun anno. Tra defezioni e scissioni varie il Movimento attualmente conta 159 deputati e 74 senatori, pertanto il contributo, pur essendo diminuito, è ancora abbastanza consistente pari a: 7.791.000 euro alla Camera e 5.180.000 al Senato. Pertanto, alla fine della legislatura i Cinque Stelle avranno incassato almeno 80 milioni di euro di contributi ai gruppi parlamentari.

Allo stesso modo diciamo che nella precedente legislatura (2013-2018), con 90 deputati e 35 senatori il contributo ai gruppi è stato pari a: 4.386.000 euro alla Camera e 2.687.000 euro al Senato per complessivi 7.730.000 euro l’anno, che per tutta la legislatura hanno comportato un introito per le casse del Movimento pari 35.365.000 euro che sinceramente non si possono considerare briciole. Abbiamo riportato queste cifre soltanto per amore di trasparenza, non certo per criticare il Movimento Cinque Stelle, che ha sempre affermato di non aver percepito contributi pubblici ma del quale abbiamo apprezzato il principio valido per ogni parlamentare della restituzione di una parte degli stipendi e dei rimborsi.

Grazie a questa scelta, sicuramente esemplare, si sono potuti raccogliere 23,4 milioni di euro che sono andati a finanziare, attraverso il Fondo per il Microcredito, decine di piccole iniziative imprenditoriali. Così come è doveroso ricordare che molti parlamentari hanno successivamente smesso di versare le restituzioni in seguito alla mancata trasparenza sulla effettiva destinazione di queste risorse che, pare, finissero su un conto privato intestato a tre autorevoli esponenti del Movimento, piuttosto che nel Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

In definitiva dobbiamo constatare che i Cinque Stelle, sostanzialmente, avevano già accettato il finanziamento pubblico e l’adesione allo strumento del 2 per mille è un ulteriore tassello in questa direzione. Non si tratta, quindi, di nessuna rivoluzione o caduta di tabù, perché questo tabù effettivamente non è mai esistito. Sicuramente è un ulteriore passo avanti verso la trasparenza e la gestione di fondi pubblici a disposizione di un Movimento che della lotta alla Casta ne aveva fatto la propria bandiera come suo atto fondativo.

Possiamo quindi tranquillamente affermare che il Movimento Cinque Stelle si è totalmente omologato a quel sistema di partiti tanto contestato. E potremo ben dire che esso, insieme agli altri 27 che l’anno scorso sono stati destinatari di 18.913.260 euro derivanti dalla scelta effettuata da 1.371.511 cittadini di devolvere il 2 per mille, nel bene o nel male, rappresenterà d’ora in avanti uno dei componenti importanti della democrazia rappresentativa e non più di quella diretta.

Aggiornato il 06 dicembre 2021 alle ore 10:51