La stanza dei bottoni: l’invarianza del potere

Perché, se la sinistra (o la destra, a parti invertite) va all’opposizione, pensa, dice e fa l’esatto opposto di quando era solo pochi mesi prima al governo? Per fare un esempio dell’oggi (vedi Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 13 gennaio, con “I cambi d’abito in democrazia tra realismo e demagogia”), perché solo ieri l’Agenda Draghi era vangelo per Pd e sinistra mentre, a soli tre mesi dal risultato elettorale, quella stessa Agenda, adottata in buona sostanza dal nuovo Esecutivo, diviene per magia un opuscolo da demonizzare? La spiegazione è ovvia: il panorama di governo, visto da Chigi, vede prevalere il realismo e colloca all’opposizione, nel caso specifico, la neo-demagogia di Pd-cinque stelle. Infatti, questi ultimi, liberatisi dalla camicia di nesso della governabilità, hanno adottato come unico loro credo di lotta politica il motivo conduttore dell’ampliamento del deficit pubblico, a fronte di uno Stato-Provvidenza già fallito due decenni fa, ma mantenuto in stato vegetativo dal Quantitative easing e dai tassi a zero della Banca centrale europea (Bce). Pertanto, al fine di mettere ordine in questa moderna Torre di Babele, occorre rifondare le ragioni stesse del fare politica, individuando una via d’uscita da questa nuova, sciagurata era delle relazioni immateriali. Dal punto di vista liberaldemocratico è necessario, di conseguenza, disporre di un armamentario ideologico sempre più fondato sul realismo, da concretizzare attraverso un’adeguata e approfondita riflessione sull’unicità e unitarietà della “stanza dei bottoni” e sulla connessa, inscindibile “invarianza del potere”.

La prima, in concreto e in astratto (soprattutto) coincide con la “Funzione possibile di governo”, per cui chi vince le elezioni si trova a fare le sue scelte non più fondandole sul dogmatismo popolar-populista delle sue vittoriose campagne elettorali di massa, ma sullo spietato pragmatismo delle decisioni politico-amministrative da assumere. E sono queste ultime a pretendere all’unisono il rispetto sia dell’equilibrio dei conti pubblici, sia dei vincoli ferrei che caratterizzano l’attuale sistema delle relazioni internazionali e il quadro concertativo della Ue, derivante dagli obblighi dei Trattati liberamente sottoscritti. In altre parole, occorre che chi governa riconosca la tautologia per cui “un gatto è un gatto”, dicendo chiaramente a tutti i cittadini elettori che i “bottoni” o le leve del potere sono sempre gli stessi, per chiunque si alterni alla cabina di comando del Bastimento Italia. Anche perché la “sala macchine” di quest’ultimo non è più né di proprietà, né di manifattura nazionale italiana, bensì appartiene ed è opera compiuta delle grandi forze e delle sostanze finanziarie dei poteri globalizzati del tutto impersonali, che non hanno cioè né un volto riconoscibile, né un indirizzo specifico di un Palazzo d’Inverno da espugnare con una rivoluzione di popolo! L’altro, ancora più importante corno del problema è rappresentato dall’assoluta necessità di mettere fuori dalla Politica la falsa onnipotenza e lo strapotere della Tecnologia, di cui l’archetipo è rappresentato dall’utopia di Grillo-Casaleggio, che ha creato il mostro ingestibile della “Democrazia diretta digitale” e “dell’uno-vale-uno”, nel senso che un voto numerizzato equivale a qualsiasi altro della stessa natura, essendo del tutto indistinguibile. Che cosa sarebbe successo in un sistema semipresidenziale alla francese, con doppio turno uninominale di collegio? Una vera strage per i cinque stelle, che non avrebbero avuto candidati utili da contrapporre a quelli dei Partiti tradizionali! Invece, questo mito egalitario e populista grillino ha affidato a qualche centinaio di “like” del voto online la delicata scelta dei leader e dei candidati al Parlamento, reso possibile anche grazie all’attuale, folle sistema elettorale di liste nazionali bloccate.

Scelta che ha poi ricevuto la conferma a scatola chiusa di milioni di voti, sulla base di un’ideologia ultra-egalitaria anti-meritocratica e di una campagna elettorale primitiva devastante, interamente basata sulla filosofia statalista dell’Helicopter Money, come se i soldi valessero solo come “quantità” e non per il loro effettivo potere d’acquisto! Senza poi stare a sottolineare l’aspetto fondamentale che non è Roma che può stampare moneta, bensì Francoforte, le cui decisioni sono affidate al concerto di 20 banchieri centrali! È necessaria, pertanto, una rivoluzione politica valoriale che recuperi ed esalti, in definitiva, il confronto politico nelle Agorà aperte, in cui è il carisma e l’energia trainante dei leader “naturali” (come lo è Giorgia Meloni) a trasmettere entusiasmo, sentimento di partecipazione, volontà di condivisione di grandi idee e progetti-Paese a lungo-medio termine, tali da polarizzare un consenso destinato a durare negli anni. Sono i luoghi pubblici, come le piazze e i grandi spazi comuni collettivi, che vanno politicamente ripopolati, affinché sia il corpo fisico delle persone, la parola e l’incontro dal vivo a rimettere in piedi un’esistenza comune degna di essere vissuta, e che oggi viene invece deturpata, annichilita e svuotata dagli avatar politici digitali disseminati nei social network. Come non si può ricostruire il sole in una stanza chiusa, così non è possibile fare politica senza incontrare il più grande numero possibile di persone reali sui territori, al fine di saldare un legame “fisico”, il solo che conti veramente, tra leadership e cittadinanza.

Occorre, in sintesi, ripudiare la peste mediatica dei social che, con i suoi miliardi di spore virali, annichila il pensiero positivo degli elettori, stravolgendone con “bots” e Intelligenza artificiale la sfera decisionale, condizionata e alterata dall’etero-endo direzione digitale di gruppi social auto-disinformanti. È la Tecnologia, infatti, a minare le basi della stabilità delle opinioni individuali e la capacità di analisi delle persone fisiche, convertendole in variabili casuali, umorali e irresponsabili. Così la politica diviene una balena spiaggiata, spinta alla deriva da decine di milioni di profili che di continuo insultano, osannano, delegittimano i politici e le loro scelte, muovendosi collettivamente come un esercito perennemente in rotta, che conta il proprio tempo sulla lancetta dei secondi, anziché stare su quella molto più lenta e sicura degli anni! Per salvarsi, la politica deve ripudiare i falsi leader che si comportano come gli “Influencer” della Rete, con il solo obiettivo opportunistico di collezionare milioni di “like”, aggregandoli sugli assunti demenziali e transeunti di post o di tweet demagogici, buoni da rottamare per il giorno successivo alla loro pubblicazione. Questo perché a distanza di ore i messaggi relativi sono già deperiti, consumati e obsoleti, per cui per stare al passo dell’attualità mutante occorre aumentare senza sosta la dose di adrenalina del proprio pubblico, drogando in modo crescente il sistema della comunicazione politica.

Ed è proprio quest’ultima, divenuta acefala, che non è più in grado oggi di recuperare la sua vera natura e la propria funzione progettuale. Occorre pertanto trovare rapidamente un rimedio alla terribile mancanza dei grandi cantieri, per l’elaborazione e la successiva realizzazione di idee “alte” riguardanti la modernizzazione e il progresso socio-economico del Paese, che esaltino la creazione dell’unica vera, possibile ricchezza fondata sul lavoro produttivo e sulla libertà d’impresa, ripudiando di conseguenza l’assistenzialismo fine a se stesso. Ma la battaglia politica non deve semplicemente limitarsi a una guerra di schieramenti, in cui per l’inesistenza delle passioni contano solo le sigle e gli slogan delle campagne elettorali permanenti. Perché, alla fine, vinti e vincitori si troveranno nella stessa arena parlamentare a perpetuare riti vuoti e scontati, senza mai sapersi o potersi unire nell’interesse superiore del Paese. Piuttosto, per recuperare la fiducia dei cittadini elettori, occorre che il gioco dell’alternanza maggioranza-opposizione si faccia molto più oggettivo, fattuale e concreto, contrapponendo al Governo in carica un serio e preparato contrappunto di “Shadow Cabinet”, per cui ogni atto provvedimentale del primo costituisca oggetto di analisi, con controproposte o iniziative di integrazione-modifica da parte del secondo, al fine di improntare la dialettica politica alla massima cooperazione tra fronti contrapposti, sposando con convinzione un principio di co-responsabilizzazione per la massimizzazione dell’interesse e delle aspettative del Paese. Lasciamo le infinite virtù e potenzialità della “numerizzazione” alle start-up e alle imprese digitali, tenendole ben distanti dalla politica, in cui conta esclusivamente l’incontro, il confronto e la contaminazione tra persone reali.

Aggiornato il 17 gennaio 2023 alle ore 09:48