Il Governo Meloni, le riforme e le opposizioni

Un’analisi lontana da pigre adulazioni e da critiche aprioristiche dell’attuale situazione politica induce a una serie di riflessioni. Le opposizioni sono divise e non apportano alcun valido contributo alla vita del Paese. Quello che finora hanno espresso è stata una posizione contraria alle codifiche governative, senza alcuna proposta alternativa. Le sinistre sembrano orfane del potere e non si rendono conto che l’opposizione è una parte altrettanto nobile che la maggioranza di governo. Per i programmi presentati nelle ultime elezioni hanno conseguito un risultato estremamente positivo.

Il Partito democratico ha basato la sua campagna sulle unioni civili, sull’omosessualità spiegata nelle scuole, sulla migrazione incontrollata e sull’aumento del carico fiscale; ma quello che è veramente grave, ha continuato nella delegittimazione dell’avversario politico, anche se democraticamente eletto, nella presunta superiorità etica e politica. Si è visto l’allora segretario del Pd andare all’estero per attaccare la sua avversaria in maniera scorretta, non preoccupandosi del discredito che questi comportamenti apportano all’intero Paese. Il Pd deve fare un esame approfondito della sua storia dalle origini a oggi.

Quanto ai Cinque Stelle, essi non sono un partito, ma un movimento protestatario che sta progressivamente esaurendo la sua carica e la sua presenza: nelle elezioni amministrative i risultati sono pressoché inesistenti, in quelle politiche reggono per i provvedimenti clientelari che hanno varato quando erano maggioranza di governo (vedi reddito di cittadinanza), come è stato osservato da molti analisti. Non hanno ancora, i Cinque Stelle, dimostrato alcuna visione per quanto riguarda le grandi questioni, ma si sono gettati su provvedimenti di facile presa sulla pubblica opinione, quali la riduzione del numero dei membri del Parlamento. Quello che è grave è che si sono presentati con spregio delle istituzioni, quando hanno proclamato che avrebbero aperto il Parlamento come una scatola di tonno. Hanno fatto il governo prima con la Lega, poi con il Pd di cui un momento prima sono stati feroci censori. Nonostante ciò, si ergono a portatori di purezza politica e a critici severi del Governo attuale e delle sue politiche.

Ma una valutazione attenta deve essere fatta sul Governo Meloni. Noi apprezziamo la buona volontà nel perseguimento della realizzazione del suo programma elettorale; tuttavia, vi sono delle scelte che suscitano naturalmente delle critiche: è vero, infatti, che si è trovata di fronte a casse dello Stato quasi vuote; bisognava, però, abbandonare le vecchie logiche del togliere da una parte e mettere dall’altra, adoperando anche la leva fiscale in maniera non convincente, con l’imposizione, ad esempio, sui pannolini e sugli assorbenti, etc.. Quando non si dispone dei mezzi finanziari, bisogna operare in una prospettiva più strategica: le risorse non devono essere polverizzate per accontentare questa o quella categoria, ma devono essere impegnate in larga parte sui settori strategici dell’economia e cercando di aiutare solo le classi effettivamente bisognose. Noi, poi, saremmo particolarmente prudenti per quanto riguarda le pensioni dei lavoratori. Innanzitutto, non vanno toccate, qualunque sia la loro entità, le pensioni in godimento, essendo state queste attribuite in base alla legge. A tal proposito, si deve anche dire che i pensionati hanno costituito per vari governi un bancomat, cui si è attinto senza alcun indugio: i diritti acquisiti non sono stati mai rispettati e non si è tenuto conto che per tale figura giuridica scatta il principio della irretroattività della norma, come ha sempre rilevato la più autorevole dottrina.

Quanto alla politica delle riforme, bene quella del premierato; essa serve ad assicurare stabilità di governo. È ormai un fatto acquisito che tutte le democrazie di stampo liberale, per adempiere in maniera efficace i loro compiti avvertono l’esigenza di un potere governante scelto direttamente dal corpo elettorale: negli Stati Uniti e a Cipro esiste un sistema presidenziale; in Francia la forma è semipresidenziale, come previsto nella Costituzione della V Repubblica del 1958; questa forma di governo è stata adottata in Austria, Irlanda, Portogallo e Islanda; in Inghilterra esiste il premierato con la facoltà del primo ministro di sciogliere la Camera dei Comuni; in Germania il sistema di Governo è quello del Cancellierato, che prevede rilevanti poteri del cancelliere, vero capo della compagine, e si potrebbe continuare. Il rilievo che si può fare a proposito della riforma Meloni è che la figura del premier così come viene individuata, appare depotenziata; noi gli avremmo attribuito la facoltà di nomina e revoca dei ministri in quanto primo responsabile nelle politiche governative. È da precisare che l’opposizione dei Paesi dianzi indicati non hanno mai parlato di vulnus alla democrazia; come fa, invece, la sinistra italiana che non sa più a cosa attaccarsi pur di contrapporsi al governo.

Una particolare attenzione noi riserveremmo alla Pubblica amministrazione, oggetto di interventi quasi sempre errati da parte di molti governi. I provvedimenti che hanno interessato questo importante settore della vita di ogni Paese sono stati, per buona sostanza, relativi all’ordinamento del personale e non hanno avuto alcun effetto sull’attività amministrativa che poi è ciò che interessa ai cittadini. Non si contano le leggi sbagliate: con il Dpr del 30 giugno 1972, numero 748, di disciplina delle funzioni dirigenziali, si è spaccata la carriera direttiva; con la legge numero 312, definita da un giurista insigne come Massimo Severo Giannini piena di contraddizioni irresolubili, la spaccatura delle carriere è stata realizzata per tutto il restante personale; si è ancora proceduto alla privatizzazione del lavoro pubblico con la legge delega numero 421 del 1992, attuata con una serie numerosissima di provvedimenti, anch’essi spesso infondati, quando si rifletta che è stato conservato lo status pubblico ai dipendenti svolgenti compiti interni e si sono privatizzati addetti con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria. Tutti questi interventi sono stati, in definitiva, rivolti a rendere l’amministrazione permeabile alle influenze esterne e non a migliorarne il servizio verso la collettività.

È tempo ormai di agire con vere riforme se si vuole che l’amministrazione sia un fattore efficace nella vita pubblica e costituisca lo strumento per l’attuazione delle politiche di governo. Bisogna riordinare gli uffici in relazione alla platea da servire, rivedere le procedure operative, attuare una vera semplificazione normativa, riconoscere le peculiarità personali, prevedere ancora sistemi adeguati di valutazione e controllo dell’attività degli uffici e dei singoli dipendenti. Giustamente un grande intellettuale come Arturo Carlo Jemolo ha sostenuto che delle funzioni pubbliche la più importante è quella amministrativa per le sue molteplici implicazioni. Questo settore, pertanto, non deve essere gestito da rappresentanti politici di seconda fascia, ma dai più qualificati e competenti.

L’augurio è che la presidente Meloni, così attiva nella politica estera, si faccia carico anche della riforma complessiva dello Stato per avere un Paese moderno e competitivo.

Aggiornato il 17 novembre 2023 alle ore 12:27