Difendere gli indifendibili: Di Cesare, Bassani e Vannacci

Donatella Di Cesare, Luigi Marco Bassani e Roberto Vannacci vanno ringraziati, nel caso dei primi due non solo per i loro studi scientifici e nel caso del terzo per l’impegno come militare in zone operative (Somalia, Rwanda, Yemen, Balcani, Costa d’Avorio, Iraq, Afghanistan, Libia, Russia), ma perché le loro recenti vicende offriranno l’occasione all’economista statunitense e filosofo anarco-capitalista, Walter Block di ampliare il suo volume Difendere l’indifendibile, in Italia edito da Liberilibri, aggiungendo nel novero di coloro che sono ritenuti dai soloni del politicamente corretto, di destra, di centro e di sinistra, “indifendibili” anche un’altra categoria, “i controcorrente”. Infatti, i tre sono alla gogna per avere scritto (Donatella Di Cesare e Roberto Vannacci) e condiviso a mezzo social (Luigi Marco Bassani) idee “scorrettissime” su vicende molto diverse nello specifico ma simili per le polemiche che hanno sollevato e i probabili esiti che li vedono accomunati.

Li avvicina l’attacco che hanno subito solo per avere manifestato idee dissonanti a quello che gli arconti del pensiero unico ritengono “giusto” o “ammissibile”. Rispetto al caso che vede protagonista Donatella Di Cesare nessuno qui vuole giustificare, né far passare in secondo piano le atrocità commesse dalle Brigate rosse che erano e rimangono dei criminali che, in nome di una fantomatica quanto utopistica rivoluzione comunista, hanno commesso stragi e reati orrendi. Nessuna giustificazione per il terrorismo, condannato dai tribunali e dalla storia.

Altra cosa però è demonizzare una intellettuale, che saluta nell’ora del trapasso una persona, la brigatista Barbara Balzerani, che nonostante le sue enormi responsabilità nella lotta armata rimane un essere umano come gli altri e con la quale condivide l’ideologia ma non i metodi come la Di Cesare stessa ha dichiarato. Solo per inciso nel Manifesto del Partito comunista Karl Marx e Friedrich Engels scrissero a chiare lettere: “I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Dichiarano apertamente che i loro fini possono essere raggiunti soltanto col rovesciamento violento di tutto l’ordinamento sociale finora esistente”. Quindi nulla di nuovo sotto il sole. Ma ora il vero tema non è l’analisi storico-filosofica sull’uso della violenza nella lotta politica, molto popolare tra i comunisti quanto tra i fascisti grazie alle Riflessioni sulla violenza di Georges Sorel, ma se è lecito che un docente o un qualsiasi altro funzionario dello Stato possa esprimere liberamente il suo pensiero senza incorrere in sanzioni. E il professor Bassani è stato sospeso per un mese dalla Università statale di Milano per la condivisione a mezzo social di una vignetta sul vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, che seppur di cattivo gusto tale rimane. Va detto che il docente ha rimosso a stretto giro il meme e si è anche ampiamente e pubblicamente scusato dell’accaduto, ma questo non è bastato per non incorrere nel provvedimento disciplinare.

Solo qualche giorno fa lo stesso ha deciso di lasciare l’istituzione lombarda e passare a quella privata in cui ha ricevuto rassicurazione sulla libertà di espressione: i pregi del libero mercato. Il generale Roberto Vannacci è anche lui da qualche tempo sotto pressione per il suo controverso libro Il mondo al contrario edito dal Il Cerchio, che peraltro grazie proprio alle polemiche è diventato un bestseller per copie vendute, nel quale esprime il suo punto di vista su diverse tematiche sensibili. Vannacci intanto è stato subito sollevato dal suo incarico di comando dell’Istituto geografico militare di Firenze dal ministro della Difesa Guido Crosetto che ha preso le distanze da lui. Anche lo Stato maggiore dell’Esercito si è dissociato dai contenuti espressi nel libro e la Procura di Roma ha aperto un’indagine per istigazione all’odio razziale nei suoi confronti. Ed infine è stato sospeso dal servizio per 11 mesi dall’ufficio disciplina dello Stato maggiore dell’Esercito “con conseguente uguale detrazione di anzianità e dimezzamento dello stipendio”.

Allora ci chiediamo: chi ha un ruolo come quello dei due professori e del generale può manifestare le proprie convinzioni, seppur discutibili, sui social, su un giornale o con un libro? Si è sempre in servizio permanente effettivo anche quando si sta su Facebook o su altre piattaforme e quindi si è obbligati a un codice etico politicamente “correttissimo”? E se si svolge bene la propria professione, si pubblica con case editrici di tutto rispetto le proprie tesi, si è puntuali e seri con i propri allievi o con i propri subordinati, è lecito che si venga sanzionati solo perché si esprimono convinzioni che peraltro non sono stati mai di pregiudizio al proprio ruolo? Il nodo è tutto lì. Se iniziamo a sanzionare qualcuno ogni qual volta parla o scrive vuol dire che stiamo, forse anche inconsapevolmente, di fatto demolendo l’articolo 21 della Costituzione della Repubblica italiana, che sancisce il fatto che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Domani la stessa metodologia potrebbe essere applicata a tesi religiose, economiche o politiche. Tutto ciò è il risultato di non avere abolito definitivamente lo stato “etico”.

C’è infatti chi pensa che sia buono e giusto che ci sia un’autorità superiore, una commissione di disciplina o un comitato centrale che abbia il potere di decidere cosa sia ammesso e cosa no al dibattito. Non si può costringere nessuno a pensarla “correttamente” ma a tacere quello sì. E se proprio è un ostinato e coraggioso esponente del “Free Speech”, allora colpendo lui se ne educano, come diceva Mao Zedong, almeno altri cento. La storia umana e scientifica di Galileo Galilei ci dice tanto anche perché “eppur si muove”. Cancel culture, ideologia woke, moralismo, ecognosticismo e conformismo pervadono l’Occidente a tal punto che la pubblicazione di una vignetta satirica di cattivo gusto, di un post criticabile o di un libro caustico apre le porte di una commissione di disciplina. Per queste ragioni vanno difesi gli “Indifendibili” di tutte le categorie, siano essi docenti, militari, imprenditori, giornalisti, magistrati o semplici onesti cittadini, perché cautelando loro preserveremo il diritto di tutti a esprimersi apertamente. È il costo della nostra libertà.

Aggiornato il 11 marzo 2024 alle ore 17:50