La pagliuzza e la trave

In coda al mio ultimo articolo accennavo allo Stato di diritto come riferimento ideale per chi ama la democrazia liberale. Ma anche come bersaglio, consapevole o meno, delle continue, assordanti manifestazioni politiche di ogni genere, con o senza autorizzazione, spesso chiamate con il neologismo inglese flash mob con l’aria di nobilitarle ma col risultato di renderle semmai ancor più superficiali e pretestuose. Chi ha avuto modo di seguire il talk-show di ieri su Rete 4, condotto da Bianca Berlinguer, alla presenza del ministro Antonio Tajani e del giornalista Stefano Cappellini, avrà avuto modo di verificare con quale zelo la sinistra italiana continui ad applicare una delle regole fondamentali della dialettica politica, nel senso quotidiano del termine. Uno dei temi proposto al ministro, con tanto di video, era il comportamento violento di due carabinieri nei confronti di un fermato, di colore, che, privo di documenti, rifiutava di seguirli in caserma per accertamenti. A parte il fatto che Tajani è ministro degli Esteri e non dell’Interno, non si capisce il senso della proposta discorsiva della Berlinguer. O, meglio, lo si capisce nel quadro di una ricorrente tendenza, appunto, della sinistra, capace di presentare la realtà secondo la propria interpretazione del lavoro giornalistico. Secondo la Berlinguer, ampiamente appoggiata dal Cappellini, due carabinieri che, per spingere nella loro automobile il fermato, lo maltrattano, sono la dimostrazione di un clima preoccupante, pensando, magari, di insinuare un’analogia fra l’evento italiano e l’atmosfera razzistica di alcuni Stati nord-americani.

A nulla è valsa la risposta del ministro il quale, ovviamente, ha parlato di un gesto condannabile ma anche sottolineando come casi di questo genere siano effettivamente molto rari. La sensibilità democratica della conduttrice e del giornalista di Repubblica era troppo ferita per tollerare la difesa dell’Arma dei carabinieri dopo ciò che il video aveva mostrato. Così, quando il ministro ha auspicato che non si voglia mettere sotto accusa le forze dell’ordine, hanno ambedue reagito sostenendo che “nessuno intende farlo”. Già, la classica negazione di un atto appena compiuto accusando l’interlocutore di criticare intenzioni puramente supposte. C’è però da chiedersi perché mai in talk-show dedicati a eventi di questo genere, mai, assolutamente mai, si possa assistere a video nei quali si vedano le numerose circostanze nelle quali sono le forze dell’ordine a essere oggetto di aggressioni, insulti e vandalismi. Forse episodi di questo tipo, molto più frequenti di quelli del genere citato dalla Berlinguer, non meritano una discussione e qualche condanna in nome del tanto auspicato Stato di diritto?

Ma, forse, la risposta è un’altra ed è tipicamente giornalistica. Come dice un notissimo principio, “un cane che morde un uomo non fa notizia; un uomo che morde un cane, sì”. Evidentemente la Berlinguer, e il Cappellini, sanno, conti alla mano, che l’episodio dei due carabinieri è simile al caso dell’uomo che morde un cane, mentre gli atti di violenza contro le forze dell’ordine che accompagnano troppe manifestazioni “democratiche” sono episodi banali e troppo ricorrenti per ritenerli degni della prima pagina televisiva. Peccato che, trascurando il caso più frequente, si faccia, forse, un lavoro giornalistico più accattivante ma anche poco efficace per ricordare la rilevanza, per la democrazia, dell’idea dello Stato di diritto e del ruolo chiave, per il suo sostegno, delle forze di polizia. Insistere sulla pagliuzza trascurando la trave è davvero sconfortante e pone domande, queste sì, che esigerebbero una chiara risposta.

Aggiornato il 15 marzo 2024 alle ore 12:50