La censura del sapere

La recente denuncia del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello, nei confronti dell’Università di Bologna, l’Alma Mater, accende un faro inquietante su un dibattito mai sopito in Italia: il rapporto tra Forze Armate e società civile, e la preoccupante deriva di un antimilitarismo aprioristico che sfiora la censura.

IL “NO” CHE RISUONA COME UN ALLARME

Il generale Masiello ha rivelato che il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna ha rifiutato di attivare un corso di laurea per un piccolo gruppo di giovani ufficiali dell’Esercito. La motivazione? Il “timore di militarizzare la facoltà” o, in termini più espliciti, di contaminare l’ambiente accademico con la presenza di uomini e donne in uniforme. L’intento del generale era nobile e lungimirante: avviare un percorso di studi in Filosofia per “creare un pensiero laterale” e permettere agli ufficiali di “uscire dallo stereotipo” e comprendere la complessità del mondo contemporaneo. Un’iniziativa che mirava ad arricchire la formazione di chi è chiamato a difendere la Repubblica, non a indottrinare. Eppure, il diniego dell’Ateneo  ̶  pur rientrando nell’autonomia decisionale del Dipartimento  ̶  risuona come un atto di profonda e inspiegabile chiusura ideologica.

MILITARI: NEMICI O DIFENSORI DELLA DEMOCRAZIA?

Questo episodio è sintomatico dei tempi che viviamo, come ha sottolineato lo stesso Masiello. In un’epoca segnata da conflitti globali e tensioni crescenti, si ripresenta in alcune frange della società la distorta visione delle Forze Armate come un corpo estraneo, se non ostile, ai valori democratici.

Il paradosso della sicurezza: si invoca la democrazia e la libertà, ma si diffida di coloro che, avendo giurato fedeltà alla Repubblica, sono preposti a difenderle. La libertà e la sicurezza sono due facce della stessa medaglia: non esiste l'una senza l'altra.

Addestramento vs. fomentare la guerra: l’addestramento e la preparazione alla guerra, come in ogni professione, sono l’unica garanzia per non farsi trovare impreparati e, soprattutto, per avere la capacità deterrente necessaria a evitare il conflitto. Un esercito preparato è spesso la migliore polizza contro la guerra, non il suo motore.

LA CENSURA “DEMOCRATICA”: UN NUOVO FASCISMO?

La vera polemica risiede nell’atto stesso di censurare il sapere e l’inclusione. Impedire a un gruppo di cittadini, in virtù della loro professione, di accedere a un percorso formativo universitario è, di fatto, una forma di ghettizzazione intellettuale. Definire questo atteggiamento un “nuovo fascismo” può sembrare forte, ma la radice è la medesima: l’imposizione ideologica e la negazione del confronto e del rispetto reciproco. L’antimilitarismo, quando si trasforma in intolleranza e rifiuto del dialogo, tradisce i principi di apertura e pluralismo che sono il fondamento di ogni società democratica e antifascista. Un Dipartimento di Filosofia che teme l’arricchimento del pensiero critico è un’amara contraddizione che lacera il tessuto culturale del Paese.

La delusione espressa dal Generale Masiello è la cartina di tornasole di una necessaria e profonda riflessione che l’Italia deve compiere sulla propria identità e sul ruolo delle sue istituzioni.

Aggiornato il 03 dicembre 2025 alle ore 11:05