La narrazione fra Trump, Ue, Russia e Cina è sbagliata?

Oggi vi sono molti tipi di entusiasti (o detestanti) per Vladimir Putin, nei media e nelle masse. Uno degli argomenti che tirano fuori i putinisti di vario grado, genere e caso è “il prezzo del gas”. “Paghiamo più caro il gas americano, che quei tiranni ce lo impongono”. Eppure, secondo quanto mi dicono, oggi la bolletta del gas ci costa meno, rispetto al mercato precedente allo stop al Nord Stream e al boicottaggio del gas russo. Poi ci sono anche quelli che credono ancora (crescono di numero) a fatwe di tipo stalinista come: “Si starebbe meglio con Putin che con Elon Musk & Co. o con Rodney Starmer, o John McEnroe (Emmanuel Macron, perché strepita sempre) e Friedrich Merz”. Io – non essendo trumpiano, e non credendo ai maga Magò di destra e sinistra – ho il dubbio costante che Donald Trump abbia pur sempre uno staff capace, per i consigli mediatici-militari-sociali-internazionali. Se il dubbio fosse fondato, occorrerebbe separare le parole dai fatti. Quanto ai “fatti”, abbiamo visto che sui dazi alla fine ne abbiamo varati quasi più noi della Ue che gli Usa, dai tempi di Barack Obama a Joe Biden fino alla scorsa estate. Oggi noi europei vogliamo applicarli alla Cina.

Singolare, no? Mi sembra che tutto ciò che finisce in bocca alle masse serva solo a confonderle. In effetti, ogni volta che c’è un nuovo step per la tregua-pace (non importa se concreto o no), Trump spara ad alzo zero contro gli europei e sembra che quasi voglia accasarsi col volpone del Cremlino (non so con quanta efficacia). Sembra quasi che la Ue gli dia corda in questa narrazione. Troppi giornali dicono la stessa cosa: “Trump sta con Putin ed è contro l’Europa”, sono stati questi i titoli degli ultimi giorni. Un’uniformità così marcata si basa su fatti o solo sulle parole che arrivano dagli Stati Uniti? O i nostri giornali – as usual – sono popolati da così tanti intrufolati scribacchini che i pochi ma bravi giornalisti cadono sotto la guerra di persuasione dell’armata rublo-rossa e dei suoi influenzatori, prepagati o volontari che siano. Infine, c’è il dossier Cina. Tutti, da quando c’è Trump, dicono che il suo obiettivo è “First fight the China hard power”.

Pertanto, l’inquilino della Casa Bianca non vorrebbe cavoli amari in Europa per avere mano libera con la Cina. Gli farebbe piacere, certo. Ma non ci credo. Penso però che una guerra con la Cina – anche ibrida o per interposta mano – non converrebbe agli Usa, che hanno una capacità bellica evidentemente superiore a quella cinese. Tuttavia una crisi dalle parti di Taiwan sarebbe un bagno di sangue per le finanze – e non solo – degli States. Durerebbe molti anni, comunque, e ci sarebbe l’incognita del folle dittatore nordcoreano, in aggiunta. Anche per questo motivo sono dubbioso circa lo scollamento trumpiano da un’Europa che certo ha un sacco di difetti, è arretrata burocraticamente e politicamente, e sulle alte tecnologie è anni luce indietro. Non parlo di carri armati, missili, atomiche, sommergibili nuke. La Ue sulla Ia è indietro persino alla sola Israele (che non a caso è interlocutrice con Arabia Saudita & Co. sulla Ia). È innegabile che, quanto agli attacchi dell’America alla Ue, c’è un fondo di verità che non riguarda solo le armi o la scienza e l’industria tecnologiche: ci mancano le fondamenta. Non posso dimenticare che la notizia dei preparativi di invasione dell’Ucraina ci giunse da Washington. Idem le informazioni dai satelliti o dalle spie yankee in Russia.

Abbiamo fatto la figura della Francia all’inizio della Seconda guerra mondiale, quanto a capacità di lettura del territorio avverso, quanto a intelligence, e persino per la paura di informare le nostre opinioni pubbliche. Certo che Russia+Cina sono un grosso guaio per tutto l’Occidente, ma si possono fare pressioni economiche su Pechino, per frenare l’alleanza della Banda dei quattro. L’Iran una batosta l’ha presa a Gaza e in Siria e Libano, ma i Crinc restano comunque una cricca viva e vegeta. Però Usa-Ue sarebbe persino un guaio peggiore per tutto l’Occidente. Una certezza su ciò che l’Europa deve fare la possiamo avere: urge formare gli Stati Uniti d’Europa. Una confederazione che combatta la burocrazia, malattia mortale della Ue. È un processo lungo, ma ci vuole velocità soprattutto per il primo passo, utile a mantenere la pace nel continente: la formazione di un esercito europeo moderno e bene attrezzato. Se non parte il processo di unificazione europeo, nelle relazioni internazionali l’unica cosa chiara è che il quadro resta oscuro (non nel senso pessimistico, ma nella Confusio linguarum della comunicazione pubblica mondiale). Sarebbe utile sentire il parere di qualcuno di stanza al Pentagono (la Dia o la Gru, per esempio). Ma Lucio Caracciolo o Lilli Gruber saranno in grado di farlo?

Aggiornato il 10 dicembre 2025 alle ore 10:28