Legittima difesa: non siamo più nel mondo dei “soliti ignoti”

La memoria non sempre ricorda in modo lucido il passato, e il passato non sempre è nostalgia perché in esso si trovano le nostre radici. Dimenticare o annebbiare il passato è la condizione per snaturare la memoria, la tradizione, ma cosa ancor più grave ci toglie la possibilità di svolgere un confronto per comprendere l’oggi.

Facciamo alcuni esempi. Oggi si discute molto di sicurezza, alcuni spiegano che il fenomeno è amplificato dai media per creare allarmismo sociale e realizzare una distrazione di massa su altri problemi sociali come la crisi economica e la disoccupazione, probabilmente c’è del vero, ma se facciamo un confronto con il passato ci accorgiamo di alcune profonde differenze: i ladri sono sempre esistiti, ma una volta prima di rubare si accertavano che non ci fosse nessuno, e se qualcuno arrivava se la o davano a gambe. Certo casi di violenza avvenivano anche prima, ma erano talmente rari da destare scandalo perché c’era una profonda differenza tra un ladro ed un assassino. Con la comparsa del fenomeno della droga si diffuse un allarme sociale dovuto agli scippi alle persone, agli anziani per strada, ma anche in questo caso raramente la persona correva gravi rischi. Con l’arrivo nel nostro Paese di delinquenti provenienti dall’est, la metodologia del furto è cambiata, con un innalzamento dei comportamenti violenti alle persone, per cui non c’è solo il furto, ma anche la violenza alle persone, mentre prima si cercavano obbiettivi in cui era possibile realizzare un furto in assenza dei proprietari, oggi non si pongono più questa remora, anzi la violenza è parte integrante del loro agire. Questa profonda differenza pone un problema di sicurezza personale per se e per i propri cari. Premetto che non si vuole criminalizzare un popolo quando si dice “provenienti dall’est” ma prendere atto di culture diverse anche nell’essere criminali, che comportano comportamenti diversi che a loro volta contaminano anche i comportamenti della malavita autoctona. Essere derubati non è un fenomeno legato all’attualità, è un fenomeno antico che nasce con l’uomo, ed è un rischio potenziale della quotidianità, che certamente provocava rabbia per chi lo subisce, ma rientra nella lotta infinita tra il bene e il male. Prima la difesa avveniva aumentando il livello di dissuasione in nostra assenza: allarmi sonori, porte blindate, telecamere, sirene, grate etc.. I fatti di cronaca di questi anni ci dimostrano una spregiudicata forma di violenza alla persona che accompagna i furti e mette in evidenza come l’attuale legge sul diritto alla difesa personale non è più adeguata a tutelare le vittime. Inoltre alcuni casi giudiziari hanno determinato delle situazioni paradossali tali da generare un diffuso sentimento tra i cittadini che percepiscono lo stato come un Robin Hood all’incontrario: tutela colui che ruba e non colui che si difende. Non comprendere la fenomenologia di un profondo cambiamento culturale dell’universo di coloro che delinquono non permette al legislatore come al magistrato di essere in sintonia le angosce delle vittime in genere e cosa ancor più grave con le vittime potenziali cioè tutti noi.

Il problema della legittima difesa non è usare le armi , questa è una lettura ideologica, ma evitare che un magistrato possa definire se la mia difesa è eccessiva, in base alla sua volubilità culturale. Si tratta di definire una volta per tutte che se un ladro entra dentro un appartamento il torto è il suo punto e basta. Evitando alcuni paradossi come colui che si è difeso ed ha dovuto risarcire la famiglia del ladro perché lo ha ucciso per eccesso di difesa. L’accanimento ideologico di alcuni partiti e di taluni magistrati è talmente evidente che ormai l’ironia collettiva che si è diffusa su questo tema, non gli pone neanche il minimo dubbio sulla loro testardaggine nel voler decidere nel caso di un furto, il nostro tasso di legittima difesa. La gravità di questo pensiero è doppio da un lato si considera che lo stato deve misurarci il grado legittimo della nostra paura, dall’altro che non esiste fiducia nel cittadino, il quale deve essere educato o controllato dallo stato anche dentro le sue mura di casa.

Parliamo del grado di paura, perché in ogni soggetto umano davanti ad una situazione di rischio scatta automaticamente una risposta emotiva, che può immobilizzarti o farti esplodere in modo aggressivo per difendere l’incolumità propria e dei propri cari; sono minuti e secondi interminabili in cui decidi cosa fare, e lo Stato non si può permettere di decidere su una violenza che si subisce se la risposta è stata adeguata o no. Si dimentica chi è la vittima e chi il reo, i normali cittadini non sono e non devono essere addestrati a gestire situazioni di rischio a casa loro, questa qualità compete alle forze dell’ordine, il cittadino si difende come gli capita, e deve essere compreso nella sua fragilità umana. Una classe politica ed una magistratura che sono rimasti ancorati al film “i soliti ignoti” non si rendono conto come purtroppo il fenomeno si è evoluto con un aumento esponenziale della violenza sulla persona, negando questa brutale realtà si allontanano sempre più dal rapporto con i propri cittadini. Per questo una buona legge sul diritto alla difesa, che non vuol dire ne far west ne l’essere giustizieri, ma il sacrosanto diritto che se qualcuno si introduce in un appartamento sa come entra ma non sa come ne esce come purtroppo capita al cittadino che quando si accorge dell’intruso non sa quale siano le sue intenzioni, sicuramente non benevole, si possa difendere come gli è possibile senza dover essere inquisito per eccesso di difesa e dover essere condannato al risarcimento del danno provocato da colui che voleva nelle migliori delle intenzioni derubarlo.

Aggiornato il 26 maggio 2017 alle ore 17:03