Grande Roma decadente

Va detto con franchezza: Roma è un problema nazionale che sta sfuggendo di mano. Quando l’azienda dei trasporti pubblici ha un deficit paragonabile a quello di Alitalia e continua a succhiare risorse pubbliche, il problema non è più solamente locale. Quando ai 24mila dipendenti comunali si aggiungono altri 24mila dipendenti delle aziende municipalizzate e i servizi offerti sono sotto gli occhi di tutti, il problema riguarda tutta la nazione. Quando la città ha accumulato un deficit che è anche difficile riuscire a quantificare, ma che secondo i dati ufficiali supera i 12 miliardi di euro (contro i 500 milioni di Milano), non si può più far finta di nulla. Quando il decimo Municipio, che conta gli abitanti di una città media, viene sciolto per motivi di mafia, vuol dire che il meccanismo si è rotto. Quando 20 milioni di turisti all’anno si imbattono in degrado e sporcizia che non hanno eguali in altre capitali europee, si solleva un problema d’immagine internazionale per tutta l’Italia.

Sparare contro Roma è facile. Non è facile, invece, rimediare a questa situazione. Addossare tutte le colpe alla sindaca Virginia Raggi sarebbe ingiusto e anche assurdo: il declino della Capitale era visibile da anni e chiunque abbia avuto un’esperienza di amministrazione comunale sa bene che i risultati non si misurano in tempi brevi. La Milano di oggi, ad esempio, con i suoi nuovi quartieri di Porta Nuova, del CityLife e del Portello e la sua metropolitana a cinque linee, è partita negli anni dei sindaci Letizia Moratti e Gabriele Albertini. Ecco perché occorre progettare ora la Roma che vorremo nel 2030/2040. E occorrerà, di fronte a certe situazioni, prevedere anche dei poteri sostitutivi del Governo, che sottraggano il processo decisionale dai veti delle consorterie romane. È sufficiente guardare come è finita per la privatizzazione dell’Atac a causa dell’opposizione dei sindacati e degli interessi che si annidano dentro e fuori l’azienda.

E c’è anche un problema di classe dirigente: è imbarazzante leggere sui giornali le conversazioni intercettate di chi tiene le redini della città. I cocomerai di Trastevere sono dei fini linguisti a confronto. Se dunque Roma è un problema nazionale, deve essere affrontato a un livello adeguato. E, possibilmente, senza ripercorrere la strada dei miliardi a pioggia che in passato hanno dato temporaneamente respiro a città come Roma, Napoli e Catania, senza tuttavia intaccare i problemi endemici.

I provvedimenti normativi sono necessari, ma da soli non basteranno. Se continuerò a parcheggiare in terza fila e ad abbandonare i rifiuti in strada, Roma rimarrà quella che è: l’unica città del Medioriente senza un quartiere europeo, come scrisse Newsweek anni fa. I comportamenti individuali e il rispetto del bene pubblico fanno sempre la differenza, ancor più del migliore sistema giuridico.

Aggiornato il 15 dicembre 2020 alle ore 16:32