Stanno scomparendo i medici di famiglia? Ne parla Bartoletti

venerdì 5 ottobre 2018


Di seguito la seconda e ultima parte dell’intervista a Pier Luigi Bartoletti, segretario di Roma e vicesegretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). 

Ci sono medici di famiglia che hanno un surplus di pazienti. Può accadere che per legge se ne avevano già da prima oltre 1500, oppure con specifica deroga in caso di aumento del nucleo familiare di un paziente. Qualcuno potrebbe pensare che sono troppi e che il medico di medicina generale non può riuscire a dare a tutti una risposta soddisfacente.

Non sempre le persone sanno che tipo di lavoro svolge il medico di medicina generale, e qualcuno pensa che per i pazienti non ci sia tempo per l’ascolto. Io ho pazienti che conosco da trent’anni, che ascolto da trent’anni tutte le settimane e posso assicurare non hanno un problema di ascolto. Sono persone che diventano quasi di famiglia. Diverso un medico che vede una persona che non conosce. Noi abbiamo una frequentazione talvolta con persone anziane anche quarantennale. Io so chi devo ascoltare di più  e chi devo ascoltare di meno. Oggi i pazienti non chiedono al medico di medicina generale la capacità prescrittiva, cioè mi scelgo il medico che mi prescrive ciò che voglio, ma scelgo il medico che mi risolve il problema perchè non posso andare in giro per ospedali a fare le file o per cliniche perchè non ho i soldi. I medici di famiglia rappresentano l’accesso alle cure e questo da il senso dell’equità del servizio. Un medico di medicina generale con più strumenti di gestione aumenterebbe la base d’accesso contribuendo di conseguenza ad implementare l’equità del sistema.

Le prestazioni sono sempre gratuite?

Il medico di famiglia è l’unica figura di libero accesso al sistema. In Italia non esistono liste d’attesa per la medicina generale. In altri Paesi, vedi l’Inghilterra, considerato il paese gemello come sistema sanitario, abbiamo liste d’attesa anche di un mese. Il vecchio detto “l’erba del vicino è sempre più verde” non è sempre valido. Noi abbiamo un sistema della medicina generale che garantisce oggi il libero accesso, è gratuito e senza tempi di attesa. 

Messo in condizione di lavorare bene un medico di medicina generale gestirebbe la situazione sul territorio, aiutando a snellire i Pronto soccorso. Probabilmente anche le liste d’attesa negli ospedali godrebbero di qualche beneficio. Che ne pensa? 

Voglio citare l’ esperienza del Portogallo, che ad oggi ha dimostrato che senza spendere di più ha diminuito i tempi di attesa. La ricetta portoghese è molto semplice: si responsabilizzano le strutture, gli operatori, ovvero se dai la possibilità ad un medico di medicina generale su precise diagnosi di poter prendere direttamente appuntamenti con le Asl e le Aziende ospedaliere, non sarà più il paziente attraverso il Cup che dovrà gestirsi il tempo di attesa bensì sarà il proprio medico, sulla base del quesito diagnostico, ad orientarlo. Dall’altra parte le strutture in Portogallo, se non garantiscono i tempi richiesti dal medico, inviano il paziente in un’altra struttura garantendo ugualmente quel tempo, e quella prestazione viene scontata dal budget della prima struttura che non ha garantito la prestazione nei tempi stabiliti. C’è un principio di competenza e di responsabilità, che nel nostro paese spesso sembra venire meno. Il problema delle liste d’attesa non è semplice ma è risolvibile, va affrontato a livello di sistema, tutti insieme, con le aziende, con i colleghi, con gli ospedali. Nessuno da solo con la professione che fa può risolvere i problemi complessi della sanità. Sarebbe una visione semplicistica e nessuno da solo può dire di essere esente da colpe. Ognuno ha la sua responsabilità, quindi ognuno di noi ci metta il suo e cerchiamo di migliorare. 

Il problema delle liste d’attesa è una delle motivazioni di inasprimento dei rapporti fra medici, operatori sanitari e i cittadini/pazienti che non hanno più pazienza. Spesso si giunge a violenze verbali e fisiche per l’esasperazione addirittura incontrollata.  

Il medico di famiglia è quello che ha discussioni tutti i giorni perché quello preso come “responsabile” del tempo. Io fisicamente sono grande e grosso, ma la mia collega subisce spesso insulti perché ad esempio non può inserire la “U” di urgente su una richiesta di un esame perché effettivamente non necessita di priorità. Vai a spiegare che assecondando questa richiesta impropria si toglie il posto a chi veramente necessita di quello spazio per un’urgenza reale. Si tratta di persone malate ed è chiaro che bisogna essere comprensivi, ma certe volte si arriva a situazioni di conflitto. Per farla breve non si riesce sempre a recepire la rabbia delle persone perché la rabbia non è un comportamento ma una reazione nei confronti di un bisogno negato. Quando c’è il pericolo? Quando questa si trasforma in aggressività e allora non è più un avvertimento: io ti ho avvertito con la mia rabbia, tu continui a non prendermi in considerazione ed io divento aggressivo. Ma poi c’è un altro sentimento brutto, la rassegnazione, che va male, perché la percezione che ho del sistema è negativa. Ho diritto, nessuno fa niente e mi toccherà pagare di tasca mia gli esami. Così la gente chiederà al sistema di cambiare. Ma il sistema ricordiamo è uno dei pochi al mondo che già funziona molto bene. Nonostante tutto, “eppur si muove”, grazie a tutti gli operatori, ai medici, agli infermieri ed ai precari che vicariano delle carenze organizzative piuttosto preoccupanti.


di Vanessa Seffer