Sicurezza e percezione

Chi prende in seria considerazione la ‘temperatura percepita’ non si vede perché dovrebbe considerare la ‘sicurezza percepita’ come una banale questione di dabbenaggine popolare.

È un dato di fatto che il termine ‘percezione’, a motivo della sua enorme quantità di significati, sia ideale per confondere le idee. Nel caso della ‘temperatura percepita’ esso rimane fedele alla sua origine filosofica e scientifica e fa riferimento a processi fisiologici nei quali un dato sensibile viene rielaborato dal cervello dando luogo alla sensibilità termica. La cosiddetta ‘percezione della sicurezza’, di cui tanto si parla in questi giorni, non ha invece nulla a che fare con la sensibilità fisiologica ma è il risultato finale di una serie di eventi, come la visione televisiva della scena di un’aggressione o la lettura di uno o più articoli giornalistici che descrivono qualche delitto particolarmente brutale. La fisiologia, dunque, entra in gioco indirettamente. Ma l’effetto che provoca è inevitabilmente l’identificazione con chi è stato aggredito o con la vittima del delitto. Ciò che ne scaturisce è la paura, la quale, se si diffonde, diviene ‘percezione’, ma sarebbe meglio definirla ‘valutazione collettiva’ di insicurezza.

Il punto è: quando si diffonde? Le cause sono fondamentalmente due. La prima, la più classica, é circolazione, spontanea o ad arte, di tesi o insinuazioni più o meno fondate che mirano a dar conto persuasivamente degli avvenimenti negativi che preoccupano l’opinione pubblica. È necessario sottolineare che ciò avviene da sempre – basti pensare agli untori manzoniani – allorché non esistano informazioni autorevoli o istituzionali sullo stato delle cose. La seconda consiste invece nella constatazione unanime dell’insufficienza, da parte delle istituzioni deputate alla sicurezza, nel risolvere il problema che esse stesse peraltro riconoscono come reale.

Il caso più tipico è quello dei crimini seriali, di cui la storia è piena, poiché in esso vi sono tutti gli elementi capaci di scatenare l’ansia e la paura collettive. Nel 2011 i criminologi Vincenzo Maria Mastronardi e Ruben De Luca, nel loro volume I serial killer parlano addirittura del rischio di una rapida ‘dissoluzione sociale’ collegata ai delitti seriali che annullano “...il senso di fiducia comunitario e i risultati distruttivi sono amplificati quanto più la comunità è piccola e l’assassino viene percepito come vicino”. Anche qui la ‘percezione’ non è ovviamente fisiologica bensì psicologica, ma ha un fondamento reale in termini di probabilità. Un po’ come quando la fisica quantistica afferma che un elettrone riempie l’intero universo, la probabilità gioca il ruolo essenziale: io non so chi sia il killer e, dunque, potrebbe essere chiunque, cioè tutti sono potenziali killer.

È importante tenere conto del fatto che, se e quando l’autorità pubblica riesce a venire a capo del problema, il sollievo collettivo è immediato, mentre serve a ben poco, durante il perdurare del crimine, invitare alla calma e alla razionalità delle ‘percezioni’. Chi ha buone orecchie, intenda. Dichiarare continuamente l’irrazionalità della attuale percezione della sicurezza in Italia per il solo fatto che i reati stanno diminuendo è illusorio. È infatti fra l’ingenuo e il ridicolo pensare che i cittadini, constatando dai dati Istat che i reati, nel loro complesso, stanno diminuendo, tirino un sospiro di sollievo e vadano a letto tranquilli. Altrettanto, non è per la lettura attenta dei dati che, in precedenza, i cittadini si preoccupavano sempre più. Non è infatti, o non è solo, la quantità dei reati che genera paura, ma la loro qualità. L’efferatezza dei reati che implicano violenza, anche sessuale, per esempio, mostra una ‘qualità’ inusitata sotto vari punti di vista e dunque genera comprensibile allarme anche se la loro frequenza diminuisce di qualche punto percentuale. Potremmo dire che la capacità dei reati di generare ansia e paura dipende dal prodotto fra la loro frequenza e la loro brutalità. E, a quanto risulta dalle cronache, anche le meno propense all’induzione di allarme pubblico , si tratta di un prodotto che non è certamente in diminuzione.

Aggiornato il 08 aprile 2019 alle ore 14:12