Assassinio del carabiniere: avevamo ragione

Quel che abbiamo sempre sostenuto per il caso dell’assassinio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, che cioè le stesse Autorità dell’Arma tenevano coperti certi fatti e ne alteravano la verità, comincia a dimostrarsi non una semplice supposizione, ma cosa fondata su prove delle quali ora l’Autorità giudiziaria comincia a prendere atto, incriminando ufficiali per il loro comportamento nella vicenda e per le falsità che ci hanno propinato.

Ha cominciato a circolare anche il titolo di uno dei reati attribuiti ai militari ed in un primo tempo coperto con opportune deviazioni della verità; reato che avevano prospettato come ascrivibile ad alcuni dei militi (e, se fosse stato ancora vivo, allo stesso vicebrigadiere): “violata consegna” per inosservanza delle disposizioni sull’obbligo di portare le armi, che così è trattato dal Codice Penale Militare.

Non so quale rilievo avranno tali ammissioni sulla questione delle responsabilità dei giovani arrestati. Ma ciò che conta e che ci allarma è il ricorso al falso nei rapporti di parte di chi dovrebbe perseguire i reati degli altri. E non è certo un caso isolato.

Aggiornato il 19 settembre 2019 alle ore 13:18