Ha veramente ragione Mauro Mellini, i peggiori sospetti sulle circostanze che hanno portato all’assassinio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega ormai hanno preso corpo. A cominciare dagli errori, dai falsi e dalle omissioni perpetrate da alcuni suoi colleghi della Stazione Farnese, a quanto pare. E a quanto è stato riportato dai maggiori quotidiani nazionali. Errori e falsi perpetrati forse non solo da loro, se è vero come è vero che dentro al reparto operativo dell’Arma che ha condotto le indagini e individuato gli assassini in poche ore – assassini che seguendo le indicazioni dei testi del fattaccio si sarebbero altrimenti facilmente dileguati visto che erano stati indicati come “maghrebini” – si parla apertamente di una specie di “caso Stefano Cucchi al contrario”. Cioè di una catena di verità taciute per carità di patria con la differenza che stavolta non si doveva coprire l’omicidio preterintenzionale di un indagato per droga, ma scoprire i colpevoli dell’omicidio di un “collega”.

Certo, la Benemerita dal caso Cucchi a quello della tragica morte di Cerciello Rega non sembra avere fatto passi in avanti nella gestione di squadra. Il primo paradosso è quello sull’assegnare a due carabinieri, abbastanza inesperti (“Mario – ci dice chi lo conosceva benissimo – era uno che al massimo aveva arrestato dei borseggiatori in autobus, quell’altro – lo chiama così – era forse alla sua prima azione su strada”), un’operazione di recupero di un cosiddetto “cavallo di ritorno”, cioè la restituzione sotto forma estorsiva di un oggetto precedentemente rubato da qualcuno.

“Era una cosa da gestire a livello di reparto operativo – dicono adesso quelli che lo compongono – perché era chiaro che la cosa era pericolosa: poteva trattarsi di criminali incalliti o di psicopatici, e vista la ridicola entità richiesta in cambio del borsello di Sergio Brugiatelli si propende per la seconda ipotesi”.

Ma si possono mandare due agenti disarmati a trattare e magari ad arrestare due psicopatici che forse sono armati? E poi, perché dopo si nasconde il fatto che i due carabinieri fossero entrambi senza la pistola di ordinanza? “D’accordo, potevano non portarla addosso per non farsi riconoscere dai pusher, ma almeno nella macchina di servizio dovevano averla”, è quel che dicono in coro gli esperti del settore. E invece niente. Al massacro, mandati allegramente dal capo della stazione che poi partecipa all’operazione di copertura con i verbali falsi usciti sui giornali in questi giorni a proposito proprio della pistola di uno dei due carabinieri. Quello che, molto stranamente, avalla fino all’ultimo la versione del “derubato” a proposito dei due maghrebini autori dell’omicidio. E infatti per ore vengono diffuse sulle chat interne del reparto operativo immagini di pregiudicati marocchini che però non risultano essere stati in loco, dopo brevi riscontri. Quelle stesse chat interne dove poche ore dopo sarebbero state diffuse le indagini dei due americani accusati e in carcere per l’omicidio di Cerciello Rega. Una di queste immagini ritrae Gabriel Natale Hjorth che era stato bendato per evitare che si ferisse gli occhi o il volto visto che continuava a dare testate a tutto e a tutti nella caserma romana di via in Selci. Qualcuno di coloro che erano inclusi nella chat dà la foto ai giornalisti e la frittata è fatta. Immediatamente si sposta l’attenzione dalla luna al dito per tutti gli imbecilli disposti a guardarlo. Si parla di “waterboarding” e interrogatori tortura mentre ai due giovani americani nessuno ha torto neanche un capello. A rimettere a posto le cose, e a puntare il dito contro i due assassini da una parte e contro coloro che nell’Arma avevano creato il “solito casino” dall’altra, ci penseranno le memorie del maresciallo indagato per avere messo la foto in chat – solo allo scopo di rassicurare i carabinieri dei vari reparti operativi italiani che la cattura era avvenuta – e le foto venute fuori dai telefonini dei due presunti assassini. Foto che dipingono non due bravi ragazzi, ma appunto due psicopatici innamorati delle armi e delle droghe sintetiche.

Ora tutti hanno capito questa commedia degli equivoci in cui due agenti sono stati mandati allo sbaraglio (e uno incontro alla morte) per leggerezza e per recuperare il borsello di un modesto presumibile informatore di piazza, che tra l’altro il giorno precedente aveva già avuto rapporti con i due americani anche se poi li indicherà come maghrebini nella denuncia alla caserma Farnese. E tutti hanno capito che non si è trattato di un atto eroico, bensì molto ma molto maldestro. Ma va anche sottolineato che tra bugie, verbali falsi, indicazioni mendaci ed inesatte sulle generalità degli omicidi, il vero miracolo è “nell’averli beccati anche con un pizzico di culo”. Già, perché mentre tutti inseguivano due fantomatici marocchini seguendo le indicazioni di Brugiatelli, e anche dell’agente Andrea Varriale (che sembra non abbia partecipato alla colluttazione vera e propria ma sia intervenuto solo per soccorrere Cerciello in un secondo momento e che i segni che ha sul collo si sospetta siano stati provocati dallo stesso agente morente che si era aggrappato a lui), se i due americani invece di andare a dormire nell’albergo prospiciente il luogo del delitto si fossero recati immediatamente in aeroporto coi biglietti già fatti sarebbero potuti tranquillamente partire e tornare in America prima che qualcuno avesse potuto ricostruire la loro responsabilità nell’omicidio dello sfortunato vicebrigadiere Mario Cerciello Rega.

Aggiornato il 21 settembre 2019 alle ore 15:09