Da Subaugusta alla Siria

Le facce della gente che prende la metropolitana il pomeriggio a Roma raccontano tutto o quasi: piccole sconfitte, pensieri, speranze, giornate monotone come il rumore delle ruote sui binari, ansia di arrivare in tempo, voglia di concludere l’ennesima inutile giornata e infilare la chiave nella serratura di casa o anche solo un momento per pensare a quel chiodo fisso piuttosto che un’occasione propizia per ascoltare con curiosità i discorsi degli altri (per quei pochi irriducibili che hanno ancora un briciolo di curiosità sui comportamenti collettivi).

In mezzo c’è lo spostamento in metro, ossia l’obolo da pagare per tornare a casa, l’asfissiante carnaio dentro cui scontare l’ultima pena prima di essere finalmente altrove, il tempo morto che ognuno cerca di far passare a proprio modo. La calca certe volte è così forte da spingerti fisicamente nei discorsi degli altri, nel senso che molto spesso ci finisci in mezzo. E scopri con sorpresa che il trend del momento è la guerra in Siria, una roba orrenda e così mostruosamente lontana da essere discussa con una sommaria sicurezza, con l’illusione di aver capito tutto, di aver già diviso i buoni dai cattivi, di aver afferrato da che parte schierarsi. Tu li ascolti e quasi vorresti intervenire ben sapendo che potresti solo contribuire con una serie interminabile di dubbi e per giunta non richiesti.

Ma i due di fianco a te dubbi non ne hanno, perché su Facebook c’era scritto, alla radio hanno detto, in televisione ho visto. E allora comprendi che se il mondo è di quelli che dubbi non ne hanno, come può essere contemporaneamente anche tuo che sei una fabbrica di “forse”, un martello pneumatico che va in profondità anche quando non ce ne sarebbe bisogno, un rimuginatore professionista?

Lo sai ma vorresti ugualmente dire loro che le cose sono tristemente più complicate di quanto sembrino e che l’unica cosa certa è che, se la Turchia ha preso una decisione, se l’America ne ha presa un’altra, se i Curdi hanno deciso di resistere, allora è altrettanto vero che l’Europa ha deciso ancora una volta di non decidere. Perché è attendista? No, perché è inesistente o forse non è mai esistita se non nelle buone intenzioni di chi l’ha fondata. E vorresti dire loro che se è vero che il gesto militare di Erdogan è crudele e sconsiderato, è anche vero che l’obiettivo è quello di creare una zona cuscinetto in un’area profonda 30 chilometri lungo tutto il confine settentrionale siriano dove poi ricollocare un milione di rifugiati siriani scappati in Turchia (oltre che limitare gli attentati delle milizie che si sono attestate al confine).

Quanto ai Curdi, popolo glorioso e coraggioso, bisognerebbe considerare che, se da un lato le milizie Ypg hanno aiutato gli Stati Uniti a riconquistare le città occupate dallo Stato islamico, dall’altro l’obiettivo era quello di creare un proprio protettorato e quindi di fare una guerra per le proprie personalissime ragioni (legittime) e non per il bene dell’umanità.

Riguardo al massacro dei cristiani di cui tutti parlano, bisogna ammettere che essi hanno paura tanto dei curdi quanto dei turchi. “Le milizie Ypg hanno bombardato le postazioni turche dai quartieri cristiani”, spiega Afram Yakoub (direttore generale della Confederazione assira), il quale aggiunge che “lo hanno fatto per provocare i turchi, che infatti hanno colpito le case cristiane. Sono i curdi ad aver diffuso le immagini dei cristiani feriti: la loro strategia infatti è di guadagnarsi l’appoggio dell’Occidente atteggiandosi a difensori dei cristiani. Ma i curdi sono tutto tranne che nostri protettori. Ci usano per combattere la loro battaglia mediatica, che in guerra può essere importante tanto quanto quella armata”.

Nel frattempo, però, il borseggiatore che deruba i turisti, l’ubriaco molesto che straparla, le stazioni metro che si allagano, i disperati che si accampano ti raccontano di una guerra che è anche a casa tua, ma tu non ci fai caso perché è molto più subdola. Ma intanto è arrivata l’ora di scendere.

Aggiornato il 11 ottobre 2019 alle ore 17:54