Sogin, Cirielli chiede attività ispettiva

Il parlamentare Edmondo Cirielli, questore della Camera dei deputati, attraverso un’interrogazione parlamentare chiede iniziative urgenti e se sussistano gli estremi per un’eventuale segnalazione alla Corte dei conti per danno erariale da parte della Sogin.

Quando si parla di società di Stato si ha la sensazione, ovviamente supportata da elementi e riscontri oggettivi, che qualcosa alle volte non quadri o non funzioni, è sempre bene essere costanti nel tempo, soprattutto quando si possiede la consapevolezza che, se davvero non quadrasse qualcosa, abbassare la guardia equivarrebbe a far sì che determinati meccanismi interni, equilibri fra manager, che sono persone non inviolabili, continuino a funzionare come sempre, una sorta di “occhio non vede cuore non duole”, cioè continuando in presunti atteggiamenti e comportamenti che sembrano non quadrare o non funzionare nel senso corretto della gestione della cosa pubblica, che poi è di interesse oggettivo di ogni cittadino italiano.

La stampa in questi casi fa una sorta di scommessa di Pascal, continua così a prestare attenzione per il bene pubblico, a rischio di scrivere, se tutto funzionasse bene, qualche articolo per scrupolo di coscienza, e se invece le cose non funzionassero bene, con il merito di aver svolto bene il proprio mestiere e di aver reso un servizio alla collettività. Una scommessa simile, per certi versi, ma nell’esercizio di funzioni ben più importanti ed incisive che determinano un vero e proprio dovere, è propria anche dei parlamentari della Repubblica Italiana ed è ciò che si è visto fare recentemente anche dal deputato e questore, della Camera dei deputati, Edmondo Cirielli (uno dei fondatori di Fratelli d’Italia della primissima ora assieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto) che ha presentato una interrogazione sulle attività di comunicazione svolte dalla Sogin, la società deputata allo smantellamento degli impianti nucleari e alla costruzione del Deposito unico nazionale per i rifiuti nucleari, in particolare nell’esercizio 2015, come segnalato all’opinione pubblica anche dalla stampa.

L’interrogazione, a dire il vero, è andata anche oltre, segnalando perplessità anche su esercizi successivi e chiedendo al Governo, pertanto, “urgenti iniziative al fine di accertare la veridicità e fondatezza delle criticità sollevate e se non intenda promuovere un’attività ispettiva anche al fine di verificare se sussistano gli estremi per un’eventuale segnalazione alla Corte dei Conti per danno erariale”. Noi non ci siamo distratti nel mentre e neanche abbiamo dato adito al tentativo di censura posto in essere da parte del dottor Federico Colosi “nella sua qualità di direttore delle Relazioni Esterne della Sogin Spa”, e non abbiamo ancora capito il perché di tanto nervosismo fino a cercare di limitare la libertà di stampa, come una sorta di tentativo messo in atto come per dire non andate oltre, ma va bene lo stesso, prima o poi, siamo fiduciosi, con delle serie verifiche, senza ombra di dubbio, si chiarirà tutto. Invero non ci si aspettava una reazione così stizzita, dato che, in fondo, qual è il problema?

Colosi sostiene che sia tutto a posto, si sarebbe trattato di attività preparatorie e allora che problema c’è, ci sono le carte, si leggono, si “approfondiscono”, per usare un termine, forse, che potrebbe apparire in voga, in Sogin, in questo particolare momento. Però adesso che ci riflettiamo meglio c’è un piccolo dettaglio, ma l’Arera, l’Autorità che riconosce alla Sogin i costi per le attività di smantellamento e per il Deposito unico nazionale, traendo le risorse dalle bollette degli italiani, non ha minimamente ammesso tali costi. Come mai? Qualcosa non sembra apparire molto chiara in questa storia. Ce lo chiediamo anche a nome di tutti quei cittadini italiani ai quali non si dà voce e allora, a pieni polmoni, lo chiediamo assieme all’onorevole Cirielli, all’azionista, il ministero dell’Economia e a chi ha l’onere e l’onore di formulare gli indirizzi strategici della Sogin, il ministero dello Sviluppo Economico. Cosa può essere andato storto? Forse, si potrebbe ipotizzare che non abbia funzionato la divisione Regolatorio, gestita oggi come allora, come risulta dai dati Sogin, dal dottor Ivo Velletrani?

Perché, ancora una volta, delle due, una, o le attività erano ammesse e allora il direttore della divisione Regolatorio Sogin non ha saputo fare il suo mestiere, o non lo erano e allora rimangono in piedi tutte le nostre domande. Certo è che non si può prescindere in questa vicenda da una serie di doverose domande anche verso la divisione Regolatorio, quindi verso Velletrani, dato che attraverso la sua funzione, sembrerebbero passare tutte le informazioni e le interazioni fra Sogin e Arera, i dati di pianificazione e consuntivo che l’azienda invia alla stessa Arera, la contrattazione, o il dialogo, non sappiamo quale sia la forma, fra le due entità per il riconoscimento dei costi, dai quali deriva il buon andamento del bilancio aziendale e anche del sistema premiante interno. Ancora domande, domande e tentativi di ricostruzione dei fatti, che cercano solo le stesse risposte che l’attività parlamentare, a questo punto sia di Camera che di Senato, richiede. È doveroso ricordare che Colosi, nella sua lettera al nostro giornale, ha tenuto a precisare che le attività da lui svolte erano state ammesse dal Cda dell’epoca. Ce ne rallegriamo per lui e ne prendiamo atto, un po’ meno per il Cda, ma questo presunto scarico di responsabilità non sposta di un millimetro il problema.

In parte, in tempi diversi, soggetti diversi, hanno cercato delle risposte simili come il compianto Oliviero Beha che in un articolo del 10 gennaio 2011 intitolato “Pubblicità sul nucleare”, si chiedeva già dall’incipit: “Diteci chi paga quei 7 milioni di euro”. Si riferiva ad una campagna promossa dal “Forum nucleare italiano”, che si svolgeva in tivù, attraverso una serie di spot televisivi sul costo dei quali, lo stesso, Beha commentava: “forse bisognerebbe pretendere che per ogni spot pubblicitario ci fosse la scritta o la dicitura di chi paga quella pubblicità specifica”, per poi elencare una serie di aziende legittimamente interessate alla ripresa del nucleare in Italia, fra cui anche qualche azienda di Stato come la Sogin e qualche partecipata. Ma erano tempi diversi, soggetti diversi. Tranne uno...

Aggiornato il 19 maggio 2020 alle ore 11:22