Giornalisti senza carcere, ma pene pecuniarie alte

Amara sorpresa agostana per i giornalisti. Dopo anni di discussioni e rinvii la riforma sul reato di diffamazione a mezzo stampa ha fatto un passo avanti in Senato. Nel testo comune varato da tutti i gruppi politici della Commissione giustizia in sede referente gli aspetti critici sono maggiori rispetto alle normative attuali. A fronte dell’accoglimento dell’abolizione del carcere sono previste multe salate e processi moltiplicati per l’introduzione del Tribunale del querelante.

Immediata la reazione dell’Ordine dei giornalisti, della Federazione nazionale della stampa, del sindacato cronisti e della Federazione degli editori. Subito dopo le ferie estive gli organismi del mondo dell’editoria faranno pervenire al Senato alcuni rilievi per migliorare il testo prima dell’approvazione definitiva dall’aula.

È prevedibile, infatti, che l’ter del provvedimento sarà tortuoso prima che il testo passi alla Camera. Sono decenni che i due rami del Parlamento hanno in esame un provvedimento di riforma del reato di diffamazione dopo che la Corte di giustizia europea ha invitato il governo italiano ad eliminare la norma del carcere e dopo l’invito della Corte Costituzionale al Parlamento di approvare la riforma entro il 21 maggio 2021.

Vediamo in breve le novità del testo del senatore Giacomo Caliendo. È stata recepita la necessità di eliminare dalla legislazione italiana la norma del carcere per i giornalisti condannati per diffamazione. È stata sostituita da sanzioni pecuniarie (multe) da versare alla Cassa delle ammende (Erario) talmente elevate da mettere in pericolo la libera informazione e soprattutto l’ipotesi di inchieste scomode.

Articolata e complessa anche la regolamentazione delle rettifiche e delle smentite con un nuovo articolo che modifica il famigerato art.8 della legge sulla stampa del 1948. Il direttore è tenuto a pubblicare gratuitamente e senza commento, senza risposta e senza titolo (solo rettifica dell’interessato) le rettifiche o smentite dei soggetti che si siano sentiti lesi nella loro dignità o che ritengano le notizie contrari a verità.

La norma di maggior rilievo della riforma proposta è quella sulla diffamazione e le sanzioni che innova rispetto a quanto stabilisce finora il codice penale. La soluzione appare, osserva Pierluigi Franz presidente dei cronisti romani, eccessivamente penalizzante e non sembrano rispettare le direttive contenute in numerose sentenze della Corte europea di Diritti dell’Uomo di Strasburgo che hanno più volte condannato l’Italia e altri paesi europei proprio per le sanzioni pecuniarie troppo elevate, ingiustificate e sproporzionate. In questa maniera c’è il rischio di dissuadere il giornalista, inducendolo a preferire di “ bucare” la notizia senza renderla di pubblico dominio piuttosto che rischiare di pagare una rilevante somma di denaro.

Ci sono poi due pene accessorie: la pubblicazione della sentenza e l’interdizione dalla professione da uno a sei mesi. A sorpresa è rimasta in vita la disposizione a favore dei poteri dello Stato con un aumento di pena se l’offesa è recata ad un corpo politico, amministrativo, giudiziario.

In compenso se la denuncia del querelante risulta pretestuosa e il presunto diffamatore è stato prosciolto per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste il giudice può condannarlo a risarcire i danni al giornalista imputato di diffamazione. Altri due aspetti critici sono la responsabilità del direttore o del vice e la località del processo che diventa quella giudice del luogo di residenza del diffamato/querelante.

Aggiornato il 25 agosto 2020 alle ore 12:00