Gli editori licenziano, redazioni in sciopero

Le vertenze nel mondo dell’editoria stanno diventando sempre più acute. Le rotture dei confronti tra società e sindacati dei dipendenti assumono caratteri irreversibili. Il gruppo Sole 24 Ore licenzia. La società Gedi presieduta da John Elkann (che edita Repubblica, La Stampa, L’Espresso e le testate locali dell’ex Finegil del principe Carlo Caracciolo) licenzia a Mantova e accorpa le direzioni in Friuli Venezia-Giulia. Di fronte ad una crisi così vasta della società, che ha bisogno di essere spiegata sempre meglio, perché gli editori scelgono la linea dura nei confronti degli organici giornalistici? Un giornale quotidiano non è in edicola (si astengono dal lavoro anche a Radiocor e a Radio 24) nei giorni di piena crisi politica, economica e sanitaria è un fatto gravissimo che va oltre il braccio di ferro tra giornalisti ed editore.

Cosa accade al Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria del presidente Carlo Bonomi? Perché la redazione è costretta a non partecipare al tradizionale appuntamento fiscale di fine mese dell’organo specializzato in economia? Gli interrogativi si moltiplicano. Una prima risposta viene dal Comitato di redazione, dall’Associazione stampa Lombarda, d’intesa con la Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). L’azienda, si spiega in una nota, ha respinto ogni possibilità di accordo per il reintegro dei 3 giornalisti del mensile “Il”, chiuso per decisione unilaterale dell’editore. La richiesta di procedura di cassa integrazione a zero ore “appare incomprensibile, visto l’esiguo numero dei giornalisti interessati e il peso irrilevante dei loro stipendi sui conto del Gruppo 24 Ore”. La reazione alla presa di posizione “muscolare” è una giornata di sciopero (venerdì) e la non partecipazione alla storica manifestazione Telefisco in calendario ogni anno.

Continuando il braccio di ferro, saranno prese altre misure di protesta, compreso il ritiro delle firme. La nuova linea dettata da Torino ha colpito anche i giornali del Nord-Est. Dopo otto anni di direzione della Gazzetta di Mantova e tre della Nuova Ferrara, il sessantenne Paolo Boldrini è stato licenziato in tronco, mandato a casa dopo 30 anni di servizio senza preavviso, senza giusta causa. Il giorno dopo è stato licenziato Alberto Bollis, vicedirettore del Piccolo di Trieste. Per la società Gedi dopo la cessione delle 4 testate locali ex Finegil (Il Tirreno, Le Gazzette di Modena e Reggio Emilia, la Nuova Ferrara) c’era un esubero di direttori. Alcuni riciclati, altri licenziati. Il cambio di clima nel gruppo è apparso troppo repentino a seguito dello spostamento della centralità della gestione editoriale da Roma a Torino. Così a Mantova è tornato Enrico Grazioli e al Piccolo ha assunto la direzione Omar Monestier, che aggiunge la direzione del Messaggero Veneto di Udine nato nel 1946. Nelle due testate sono stati nominati due condirettori: Roberta Giani per il Piccolo e Paolo Mosanghini per il Messaggero. Questi spostamenti hanno destato preoccupazione, soprattutto perché a Trieste si è diffusa la convinzione che dopo 140 anni si sia conclusa la storia di un Piccolo “totalmente indipendente”, come volle il suo fondatore Teodoro Mayer fin dal 1881. L’assemblea di redazione, dopo aver votato all’unanimità il gradimento al direttore Monestier, ha indetto una giornata di sciopero contro il metodo utilizzato dall’editore per i cambi di guida e il progetto di direzione unica regionale tra Piccolo e Messaggero Veneto. Ancora una volta sono i numeri a parlare. Le vendite in edicola dei quotidiani calano e gli editori licenziano, invece di pensare a rafforzare la qualità dell’informazione.

Aggiornato il 28 gennaio 2021 alle ore 11:24