Castellitto, la sinistra e la Roma Nord feroce

“Non credo esista un posto più feroce. Chi è cresciuto a Roma Nord, ha fatto il Vietnam”. La provocazione di Pietro Castellitto, l’artista ventinovenne figlio dell’attore e regista Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini, risveglia il vulcano della Città Eterna, la rivalità sociale. “Ma è un mondo anche tremendamente delicato e crepuscolare”, prosegue il figlio d’arte in un’intervista a Sette. “Un mondo dove i valori basilari dell’esistenza – voglia di potenza, di bellezza, di soldi e successo – sono ancora in voga. Dinamiche indicate come negative dal mio mondo di provenienza e da buona parte della società civile”.

In una Roma impigrita, indifferente, sommersa e sfiancata, appena uscita dalle Amministrative regalate alla sinistra di Roberto Gualtieri, l’iperbole irrompe a risvegliare la guerra dei quartieri. “Se Roma Nord è come il Vietnam, allora Roma Sud Est è come Saygon”, ribolle il web. “E noi Torpignattara la potemo chiamà Hiroshima”, fanno eco dalle periferie. Non solo utenti-cittadini, in campo scendono anche i vip: “Sono cresciuta a Roma Nord. Confesso: nata a via Bertoloni, poi Viale Tiziano. I miei figli sono cresciuti in Prati: ottime scuole, private e pubbliche, meravigliosi giardini pubblici (Villa Glori, Villa Balestra, Villa Borghese, Mole Adriana)”, commenta Barbara Palombelli. “Però penso che il Vietnam sia un’altra cosa: una guerra terribile, un’infinità di vittime, una tragedia che resterà nella storia. Se uno dei nostri migliori attori giovani fa questa confusione, stiamo messi maluccio”, sentenzia la signora di Rete 4.

I giornali radical chic scaldano le rotative, rifrizzica il gossip e si risveglia pure il “generone romano” che descriveva bene Massimo Fini: “Basta entrare in un salotto dei quartieri alti per rendersi conto che in Italia non si farà mai la Rivoluzione. Né le riforme. Né nulla di serio”. Roma Nord, compresa in quel pentagono che va dal Flaminio ai Parioli al Pinciano al Nomentano al Salario, è fortemente iconico. Si parte dai boschi degli Antemnae del Ratto delle Sabine, alla Salaria consolare, ai Parioli delle grandi ville del Cinque e Seicento, alla Passeggiata Flaminia 1871 di Roma capitale d’Italia, ai luoghi del Regime, al Villaggio Olimpico delle Olimpiadi 1960, alle vie della Dolce vita di Federico Fellini e poi del Piper e Jackie ‘O. Ma la Roma Nord di cui parla Pietro Castellitto, di recente Francesco Totti nella mini serie tivù di Sky e premiato neo regista con I predatori, è quella più contemporanea sfacciata e vanziniana della montagnola di Vigna Clara, dei palestrati e vegani, dei dieci tipi di maschi e dieci tipi di femmine, della movida, dei lucchetti, degli aperitivi di Ponte Milvio, declinata nel rosso degli eccessi e poi nel vuoto dei lockdown.

“Ci sono giorni che – incalza Castellitto junior – se passeggi sulla Cassia sembra di stare nel Borneo. E per schivare le mandrie di cinghiali che si gettano sui cassonetti servirebbe aver partecipato (e superato) un corso di sopravvivenza. Che provaci tu a passare indenne in mezzo alle mamme dei Parioli che sorseggiano un caffè d’orzo-ginseng-schiumato-in tazza grande-con dolcificante al bar della scuola, un esercito di bionde boccolate perfettamente in equilibrio sui loro tacchi 12 pronte ad imbracciare una birkin o una racchetta da padel per sterminarti in qualche circolo sportivo. E i suv? Le smart che sfrecciano su Corso Francia tipo mine vaganti? 

Roma Nord non è il Vietnam? Ma Ponte Milvio quando piove ricorda moltissimo il Nepal”. Non si può dargli torto. Una delle aree più verdi è una discarica: erba incolta, bottigliette, foglie ammassate, cumuli di nettezza urbana, gli sgomberi mai riqualificati, i senzatetto, le buche sui Lungotevere dei grandi platani e circoli sportivi. Resistono l’Auditorium di Renzo Piano e il Maxxi di Zaha Hadid accanto alla Chiesa di Santa Croce che ricorda “in hoc signo” di Costantino I. Poi viene la Roma Nord atroce e contemporanea. Quello di Gaia e Camilla, sbalzate mentre si tenevano per mano dall’auto del figlio di papà regista, quella dei cold case, degli incidenti rovinosi, delle troppe morti giovani del sabato sera.

Il sangue degli anni di piombo ancora grida vendetta, quando i Parioli anni Settanta precipitarono nel ribaltone comunista, non “un” massacro ma “i massacri” dei tanti ragazzini spietatamente uccisi solo “perché erano di destra”. E tra ieri e oggi è cambiato poco: la rivalità resta, l’odio sociale arde, i licei sono ancora occupati. Il “Vietnam” di cui parla Castellitto, classe 1990, c’è, ma non si vede. È quello dei giovani caduti nella stessa guerra per bande, nella stessa punizione, nella stessa presunzione omologata, sessista e politicamente corretta. E chi è nato qui, chi è cresciuto qui, chi è passato qui, a parte l’etichetta, ha dovuto combattere pure per tornare a casa e alcuni non vi hanno fatto più ritorno nelle loro macchinette accartocciate come sulla “cavallina storna” di Giovanni Pascoli. Sei di destra? A Roma nord si può morire in modo feroce senza fare più notizia, tra saluti muti. Wow, wow

 

 

 

 

Aggiornato il 10 dicembre 2021 alle ore 11:00