La società cattiva: fuori i mostri, avanti noi tutti

Brutti, sporchi e cattivi. È bastata una manciata di anni. E la società italiana è incattivita. Complici chiusure e Covid, si respira nell’aria lo sperdimento di un’intera società: la nostra. Sarà forse l’eccezionalità del momento che non riesce a diventare normalità per il susseguirsi di pandemie e di guerre, stiamo subendo un drastico cambiamento sociale: in peggio. Il Covid ci ha spiazzato, siamo come zombie che fanno sempre più fatica a riconoscersi nelle persone di ieri. I rapporti sociali sono diventati come lo spettro di quelli del passato in cui contavano i valori. Per esempio l’amicizia, la parentela, l’affetto, qualsivoglia sentimento. Sembra che il Covid abbia trascinato via con sé quello che eravamo, i sentimenti che nutrivamo, il nostro sentire.

C’è un rinculo nei rapporti comuni, spesso accompagnati da grande insofferenza e impazienza. Non si ha più tempo per niente ma, in compenso, abbiamo e spendiamo un sacco di tempo per il niente. C’è chi è venuto a mancare, chi si è chiuso dentro di sé, chi vuole sempre di più, chi non vuole più niente. Siamo tutti in balìa di scelte e decisioni di altri, che non ci appartengono, che non sentiamo più nostre, qualsiasi esse siano. È una descalation – oggi, tuttavia, si parla tanto di escalation – nella nostra umanità. Nessuno sa più fare niente né fa più niente con competenza, con dedizione, con amore. È la società della insoddisfazione che subito è diventata cattiva, verso se stessa, innanzitutto. Si dovrebbe trovare il modo di fare riappropriare a noi tutti il nostro volere e, in prospettiva, il nostro futuro. Che non è mostruoso come può apparire – e appare – oggi.

Aggiornato il 19 maggio 2022 alle ore 13:54