Comunione e condominio, differenza

L’istituto della comunione è disciplinato dal Titolo VII del Libro terzo del Codice civile. Il Capo I (articoli 1100-1116 del Codice civile) si occupa della comunione in generale; il Capo II (articoli 1117- 1139 del Codice civile) del condominio negli edifici. Per comunione si intende quella particolare situazione nella quale la proprietà o altro diritto reale (quindi, su cose) “spetta in comune a più soggetti”. La comunione è volontaria, quando si costituisce per volontà delle parti, che, d’accordo, acquistano o mettono in comune la proprietà della cosa; è incidentale, quand’essa sorge per volontà della legge (per esempio: comunione forzosa del muro; comunione delle parti comuni di un edificio quali scale, pianerottoli). Una particolare specie di comunione, che non dipende soltanto dalla legge o dalla volontà del defunto, ma anche dall’accettazione degli eredi, è la comunione ereditaria.

Nell’istituto della comunione si colloca il condominio negli edifici, disciplinato dagli articoli 1117-1138 del Codice civile e – per tutto quanto non espressamente previsto da queste norme – dalle stesse disposizioni previste per la comunione in generale (articolo 1139 del Codice civile). La disciplina del condominio presuppone la coesistenza, nell’ambito d’un unico edificio, di unità immobiliari in proprietà esclusiva e di parti comuni, queste ultime poste al servizio delle prime, secondo una relazione d’accessorietà e complementarità. In questa prospettiva, in giurisprudenza si è osservato che si verte in tema di comunione quando, su un bene determinato, spetta congiuntamente a più persone il diritto di proprietà o altro diritto reale, mentre si verte in tema di condominio, quando la comunione di più persone su talune parti dell’edificio coesiste con la proprietà esclusiva delle varie unità immobiliari (sentenza della Cassazione n. 2233 del 21 giugno 1969).

(*) Presidente Centro studi Confedilizia

Aggiornato il 08 dicembre 2022 alle ore 10:15