Non sottovalutiamo il pendolarismo

Ci stiamo sempre più convincendo della indispensabilità di attuare i Livelli delle prestazioni essenziali (Lep) e, soprattutto di rendere, attraverso questo lavoro, omogenei gli assetti socio economici delle nostre realtà territoriali e delle nostre Regioni. Ricordo che, anche se ancora non siamo stati in grado di identificarli, i livelli essenziali delle prestazioni, sono quelli che l’articolo 117 secondo comma (lettera m) della Costituzione della Repubblica italiana vuole che vengano garantiti su tutto il territorio nazionale. Il compito della loro definizione spetta esclusivamente allo Stato ma la loro realizzazione compete oltre che allo stesso Stato ai diversi enti territoriali, ovvero alle Regioni, alle Province ed ai Comuni. Tutti i cittadini, in realtà, hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito quindi della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Penso che in un nuovo approccio ad una tematica voluta espressamente dalla nostra Costituzione, si debba affrontare una precisa funzione logistica che direttamente ed indirettamente coinvolge tutti noi, mi riferisco al “pendolarismo”, cioè a quella attività sistematica che vede uscire da casa tutti noi ogni giorno per andare a svolgere una attività lavorativa e ritornare dopo un certo tempo a casa. Sbagliando, a mio avviso, vengono chiamati pendolari solamente coloro che compiono questi spostamenti portandosi fuori del comune di residenza. Ora, per le considerazioni che tenterò di esporre dopo, preciso che questi spostamenti sistematici trovano la fascia meridionale del Paese altamente lontana da livelli di servizio efficienti e, soprattutto, in grado di soddisfare una domanda di trasporto elevata e distribuita in modo capillare sul territorio. Ricordiamoci, dopo aver preso visione dei risultati di uno studio condotto dall’Office for National Statistics nel Regno Unito, di questa premessa, cioè di questa distanza in partenza della offerta di servizi adeguati per garantire un pendolarismo efficiente. Ebbene, lo studio ha rilevato che coloro che fanno lunghi viaggi per raggiungere il posto di lavoro hanno maggiori probabilità di essere ansiosi e insoddisfatti, anche se ben pagati. Quanto potrebbe migliorare la nostra vita se potessimo lavorare vicino a casa? Lo studio elenca i modi in cui il pendolarismo ci nuoce, riporto alcuni punti di tale ricerca:

Stress. Siamo sotto pressione per arrivare al lavoro in tempo, ma ci sono moltissimi fattori che sfuggono al nostro controllo: una ricetta perfetta per lo stress. Il prezzo da pagare è alto: un recente studio condotto su 34mila lavoratori del Regno Unito ha rilevato che coloro che compiono un tragitto casa-lavoro lungo (superiore ai 30 minuti) hanno oltre il 30 per cento di probabilità in più di soffrire di depressione, il 40 per cento di probabilità in più di avere problemi economici e il 12 per cento in più di soffrire di stress da lavoro rispetto a quelli che compiono percorsi più brevi.

Tempo Perso. Tutto quel tempo trascorso bloccati nel traffico o in attesa dei mezzi pubblici incide sul tempo libero. Lo stesso studio condotto sui lavoratori del Regno Unito ha rilevato che chi compie un tragitto casa-lavoro di mezz’ora o meno guadagna sette giorni extra di tempo produttivo all’anno rispetto a coloro che impiegano un’ora o più per arrivare al lavoro. Secondo l’Office of National Statistics del Regno Unito, 3,7 milioni di persone trascorrono due ore o più al giorno nel tragitto casa-lavoro, mentre il tragitto medio è di quasi un’ora.

Ritardi. Se sei costretto a prendere i mezzi pubblici ogni giorno, il minimo che puoi chiedere è che arrivino in tempo. Autobus e treni sono invece costantemente in ritardo, se le corse non vengono addirittura cancellate, per motivi che vanno dai lavori agli incidenti stradali.

Costi. La cosa sorprendente è che paghiamo una fortuna per tutto questo stress e fastidio. In media, i pendolari del Regno Unito spendono 1.087 sterline all’anno nel tragitto casa-lavoro, secondo una ricerca condotta da Santander. Alcuni abbonamenti ferroviari mensili possono arrivare a costare il 14 per cento del salario medio. In Italia tale percentuale spesso supera il 20 per cento.

Il pendolarismo stanca Come può essere che, dopo essere rimasti seduti per un’ora su un treno o in auto, ci sentiamo così esausti? Lo stress del pendolarismo, oltre a essere mentalmente stancante, è anche fisicamente logorante. Un sondaggio Gallup ha rilevato che un pendolare su tre che compie un tragitto casa-lavoro di oltre 90 minuti al giorno soffre di dolori alla schiena e al collo.

Problemi di salute Il tempo impiegato per recarci al lavoro ci rende meno propensi a dedicare del tempo alle cose che ci fanno bene. Uno studio condotto da Thomas James Christian, ricercatore della Brown University, ha rilevato che maggiore è il tempo trascorso nel tragitto casa-lavoro, minore è il tempo dedicato a fare esercizio fisico, cucinare cibi freschi e dormire. Condurre una vita sedentaria, mangiare cibi da fast food e non dormire a sufficienza sono tutti fattori di sovrappeso. Non c’è quindi da meravigliarsi che i ricercatori abbiano scoperto che il numero di chilometri che trascorriamo in auto è direttamente collegato con l’obesità in qualsiasi stile di vita.

Nessun miglioramento in vista “Non ci si adatta mai al pendolarismo, perché è del tutto imprevedibile”, afferma Gilbert. “Guidare nel traffico è un inferno diverso ogni giorno”.

Ma entriamo nel merito di un’altra offerta di trasporto quella legata all’alta velocità ferroviaria, tale offerta era nata, secondo alcuni, per abbattere i tempi di percorrenza ricorrendo a treni veloci, per collegare centri urbani fra loro molto lontani: Napoli con Milano, Torino con Venezia; questa nuova offerta invece si è rivelata vincente non per l’alta velocità ma per la frequenza dei treni, non per la lunga distanza ma anche per collegamenti di 100-150 chilometri. In tal modo il centro nord, cioè un numero di potenziali utenti, pari a circa 10 milioni, dispone di una offerta di trasporto che può benissimo assimilarsi ad un pendolarismo efficace ed efficiente: chi lavora a Bologna può vivere a Firenze, chi lavora a Roma può vivere a Napoli, chi lavora a Torino può vivere a Milano. Invece chi vive nel Ragusano, chi vive nel Salento, chi vive nella Locride non ha oggi una offerta trasportistica in grado di raggiungere, in tempi contenuti, siti dove svolgere le proprie attività lavorative; siti fra loro lontani anche 100-200 chilometri e non può tornare alla propria abitazione in giornata. Cioè un’ora di viaggio per raggiungere il posto di lavoro è, a tutti gli effetti, un tempo fisiologico, addirittura è un tempo quasi congeniale ad una realtà urbana (a Roma il tempo del collegamento in metropolitana, dal centro all’Eur è di circa un’ora).

Emerge quindi chiaramente che un cittadino deve disporre di alcuni gradi di libertà che deve trovare in qualsiasi parte del territorio nazionale:

un primo grado di libertà dovrebbe consistere nel non essere obbligato a lavorare solo nella propria città o, al massimo, in località vicine, altrimenti deve regalare una parte rilevante della giornata al tempo di viaggio;

un secondo grado di libertà è che dovrebbe disporre di una rete infrastrutturale efficiente in grado di evitare il trasferimento della propria residenza;

Ed allora il tema del pendolarismo diventa uno degli obiettivi primari nel tentativo di omogeneizzazione dei servizi che lo Stato deve offrire ed è, al tempo stesso, vincente ogni forma che amplifichi al massimo questa entropia, cioè questa continua ed imprevedibile sommatoria di servizi, di reti e di interazioni funzionali che, a mio avviso, implementa i fattori socio economici di un Paese. Tutto questo non fa crescere il disordine ma fa crescere la volontà e l’interesse a sentirsi parte di una comunità produttiva.

Ebbene, ho fatto tre esempi: l’ambito Ragusano, quello della Locride e quello del Salento perché lontani geograficamente? Forse ma, soprattutto, lontani perché non collegati fra loro e con il Paese. Molti diranno che ricorrendo allo smart working si supera questo vincolo legato agli spostamenti; io e con me molti esperti del settore siamo convinti che lo smart working distrugge la componente sociale del lavoro ed ha avuto senso solo come giusto contrasto alla pandemia. Approfondiamo queste tre realtà del Mezzogiorno e scopriremo quanto sia urgente proprio per tali realtà disporre di quei Livelli essenziali delle prestazioni capaci di rendere il pendolarismo non una causa della distanza tra Centro Nord e Sud. Appare quindi evidente che partendo proprio dal pendolarismo siamo in grado di dare vita ad un programma di interventi nel Sud del Paese attraverso cui contribuire a questa non facile operazione, ripeto voluta dalla Costituzione, e mirata ad evitare che nel Paese esistano ancora cittadini di serie A e cittadini di serie B e che questa folle distinzione veda come al solito il Mezzogiorno lontano da soglie accettabili della propria rete logistica, soglie accettabili della propria capacità di garantire segmenti efficienti della rete dei trasporti.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole

Aggiornato il 11 gennaio 2023 alle ore 10:48