Un Paese è fragile se non pensa agli anziani

Il suicidio di massa degli anziani per risolvere i problemi economici legati all’invecchiamento della popolazione. La soluzione-provocazione proposta per il Giappone da un professore di economia di Yale, Yusuke Narita, sta sollevando polemiche in tutto il mondo. Ma qual è senso di queste affermazioni così violente e disumane?

Parole sconcertanti di un professore dell’Università di Yale che ha consigliato il suicidio di massa e il ‘seppuku’ – il rituale imposto ai samurai che disonoravano il Paese – per contrastare l’invecchiamento della popolazione in Giappone.

La notizia, riportata dal New York Times, è stata ripresa dai media internazionali, accendendo il dibattito.

Le teorie di Narita sono oggetto di un lungo articolo del New York Times del 12 febbraio. Ma la “popolarità” del professore tra gli addetti ai lavori era già cresciuta da qualche tempo. Narita è solito ragionare per paradossi.

E così, già un’intervista del 2021, alla domanda su come far fronte al sempre più marcato invecchiamento della popolazione giapponese (dinamica simile a quella che vediamo in Italia), l’economista si era lasciato andare: “Sento che l’unica soluzione è abbastanza chiara, ossia “il suicidio di massa” attraverso il “seppuku”, l’atto di sventramento rituale in voga tra i samurai disonorati nel XIX secolo. “Che sia una buona cosa o no, questa è una domanda più difficile a cui rispondere, aveva detto qualche tempo dopo a uno studente che gli chiedeva lumi su questa teoria. 

Lo stesso vale per il suicidio di massa degli anziani: “Avrei dovuto essere più attento, ha detto di recente in riferimento alla proposta del “seppuku”. “Dopo un po’ di auto-riflessione, ho smesso di usare” questo tipo di parole ha aggiunto. Resta comunque il fatto che le sue provocazioni hanno in qualche modo riaperto il dibattito sui problemi del Giappone e più in generale di buona parte della società occidentale. Narita, racconta il New York Times, ha “centinaia di migliaia di follower sui social media, che sono per lo più giovani giapponesi “frustrati che credono che il loro progresso economico sia stato frenato da una società gerontocratica

Narita non è l’unica “voce” di questo mondo che guardano alla dicotomia anziani-giovani. E tra i politici la riforma delle pensioni e i cambiamenti al welfare sociale sono diventati soggetti di dibattito sempre più centrali. “Vi sono critiche sul fatto che gli anziani ricevano troppi soldi per la pensione e i giovani stiano sostenendo tutti gli anziani, anche quelli che sono ricchi, ha detto Shun Otokita, 39 anni, deputato di destra del parlamento giapponese.

E in Italia? Occorrerebbe una conversione di rotta della società per un’attenzione “vera” alle esigenze degli anziani, che non si limiti a rabbia e commozione. È il frutto che si spera emerga dall’analisi sulle circostanze che hanno permesso al Covid–19 di colpire tanto duramente la popolazione più anziana, causando la sofferenza e la morte di un gran numero di vecchi, negli ospedali e soprattutto nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa).

Negli ultimi 50 anni l’età media si è allungata di una ventina d’anni. E continuiamo a guadagnare circa tre mesi ogni anno. Ma questo dato non ha provocato riflessioni nella società e nella politica.

L’istituzione del Servizio sanitario nazionale nel 1978 ha trascurato proprio l’aspetto dell’invecchiamento. Dagli anni Ottanta, con i miti dell’edonismo fino all’entusiasmo per il nuovo millennio, complice la televisione commerciale, abbiamo guardato sempre solo al successo, al fascino della gioventù e del benessere, trascurando che siamo diventati il Paese più vecchio del mondo con il Giappone: oggi un italiano su quattro ha più di 65 anni.

Nel 2003 era già suonato un campanello d’allarme con le ondate di calore che avevano ucciso qualche migliaio di persone, ma non ci abbiamo fatto caso. Il Covid– 19 invece è stato un pugno in faccia. Questi fragili che nessuno considerava si scopre che sono l’80 per cento dei morti.

Nelle case di riposo le misure di protezione sono arrivate dopo un mese che si chiedevano. E quelli che andavano protetti per primi lo sono stati per ultimi. Era noto che nelle Rsa ci sono ospiti che per età e patologie offrivano dal punto di vista immunitario minori resistenze al virus.

Dove sono concentrati i più fragili, al virus basta un saluto per ucciderli. Come si diceva nell’Ottocento, la polmonite è amica dei vecchi. Quel che è successo in Italia, è successo in tutto il mondo nelle Rsa: non c’è da fare processi agli operatori, ma a noi stessi che dell’invecchiamento non ci siamo occupati.

“La più rattristante considerazione è, invece, la constatazione della pressoché inesistente presa di coscienza collettiva dell’«accanimento contro la vita», il male oscuro che ammorba questa nostra civiltà occidentale in tutte le sue espressioni, che, se certune ostentate come conquiste, progresso e libertà, non celano il loro volto nichilistico: della denatalità e invecchiamento demografico, sterilità e impotenza, rarefazione spermatozoica, agalassia, droga e alcolismo giovanili, stragi abortive ed eutanasiche, infanticidi, embriomicidi ed embriosperimentazioni, suicidi, anoressia, depressione, nevrosi e disturbi psichici, tristezza profonda, despiritualizzazione, amoralità, assenza di ideali, esasperato individualismo, disgregazione familiare, solitudine, eclissi della legalità e criminalità organizzata e multinazionale, magia, satanismo, unitamente alla ancor più allarmante devastazione dell’abitabilità del pianeta e della prospettiva di una catastrofe planetaria sempre più incombente. Onde il sempre più inquietante interrogativo se tale stato di cose corrisponda ad una «crisi acuta», e quindi di pur lunga transizione, o costituisca invece un sintomo profondo di una «progressiva decadenza» di questa civiltà occidentale, sempre più stanca e vecchia, triste e depressa. E se a questa deriva autodistruttiva il non agevole rimedio consista nella riscoperta della «cultura della vita»: anche nei settori non secondari della bioetica e del diritto” (tratto da Ferrando Mantovani, Biodiritto e problematiche di fine della vita, ndr).

(*) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino

Aggiornato il 23 febbraio 2023 alle ore 12:39