Mafia 4.0: l’upgrade della criminalità

“La lotta alla mafia moderna deve basarsi su quella che si chiama analisi del giorno prima. Capire i fenomeni criminali mentre si evolvono, per poi colpirli meglio, è la regola, senza però innamorarsi di alcuna tesi”. A dirlo è Salvatore Calleri, uno dei più stretti collaboratori del giudice Antonio Caponnetto. Il prossimo 18 novembre alle 15, a Firenze, ci sarà il 33esimo vertice antimafia della Fondazione Antonino Caponnetto nel bellissimo scenario della Biblioteca delle Oblate. Calleri, presidente della Fondazione che porta il nome del giudice che ha creato il primo pool antimafia, ci dice quali tematiche saranno sviluppate: “Parleremo di mafia 4.0. I clan si evolvono e quelli più potenti interagiscono tra loro, spesso federandosi quando si spostano dai territori di origine, adeguandosi inoltre ai tempi”.

Anche le mafie fanno gli upgrade. Cosa è la mafia 4.0?

La mafia 4.0 utilizza broker, sposta soldi con la tecnologia, è digitale e analogica al contempo. Spara ma per utilità. Investe a 360 gradi. È difficile da combattere se si rimane ancorati alle proprie tesi inamovibili su di essa. Per combatterla serve analizzarla con quella che io chiamo analisi del giorno prima. Ossia si deve prevenire la sua azione, non intervenire nel contrasto a cose fatte. Una mafia moderna nell’evoluzione, ma che rimane arcaica quando serve. È de facto un ossimoro. I riti e le tradizioni non si cancellano anche se in qualche caso si adeguano ai tempi. La mafia 4.0 si relaziona in modo dinamico con ciò che ha attorno, sia che siano gli altri clan che i criminali di strada. Studiare le nuove forme di criminalità è fondamentale per studiare le interconnessioni esistenti. Il giudice Caponnetto ci ha mandato il seguente messaggio: a testa alta e schiena dritta contro la mafia uniti nella diversità.

Credevo che le “mafie fossero finite”. O almeno, la parola mafia è sparita da telegiornali e talk show, dal mainstream insomma. Tranne quando c’è qualche commemorazione. Dopo gli Spada, Messina Denaro, Giletti… il silenzio.

Devo dire che se è vero che magari per la tivù le mafie sono più un argomento da fiction che da telegiornale, sono però ritornate come tema politico e questo è un fatto importante. Non bisogna dimenticare quanto successo poi a Caivano, che ha portato un’attenzione sulla camorra che non si vedeva da anni. Rimane purtroppo il fatto che lottare contro la mafia seriamente non paga a livello personale: è faticoso e molto difficile, anche se necessario.

Cosa sta accadendo in Italia?

Le sempre più diffuse gang nei territori e le mafie italiane hanno numerose similitudini. Se pensiamo a quanto successe in America ai primi del Novecento, esiste la possibilità per le forme di criminalità basiche di strada di trasformarsi in mafiose. Nelle nostre città italiane dobbiamo quindi prestare attenzione alle pandillas sudamericane ben presenti, ai nuovi gruppi peruviani, alle nuove gang giovanili, spesso miste di italiani e stranieri che vivono le piazze. Discorso diverso, poi, per i sempre presenti culti nigeriani, per i narcos albanesi e i gruppi cinesi, che oramai interagiscono con le nostre mafie e che potrebbero accogliere o scontrarsi con l’arrivo della mocro maffia dal Belgio e dall’Olanda, oppure con i narcos messicani che in base ad alcune fonti starebbero per sbarcare in Europa per produrre droghe sintetiche. Di tutto questo, ma non solo di questo, si parlerà il 18 novembre durante il 33esimo vertice antimafia della Fondazione Antonino Caponnetto.

Nell’Unione europea il 41 bis, il reato per associazione mafiosa, non è giuridicamente condiviso e riconosciuto: la disunione europea quanto favorisce le mafie?

L’Italia ha la migliore normativa antimafia esistente in Europa e probabilmente nel mondo. Non va messa in alcun modo in discussione. Il 41 bis è chiamato erroneamente carcere duro ma nasce con la legge Gozzini, una legge garantista. Il 41 bis ha come vantaggio, che ci invidiano nel mondo, quello di non far interloquire con l’esterno mafiosi e terroristi. A conferma di quanto dico, si guardi a Matteo Messina Denaro che, sebbene fosse al 41 bis, ha avuto un trattamento sanitario d’eccellenza.

Aggiornato il 07 novembre 2023 alle ore 11:29