Il paradosso dell’automazione

Che faremo nell’Era della disoccupazione da tecnologia? Ci inoltriamo nel paradosso della modernità: abbiamo sognato l’automazione da millenni, la stiamo perfezionando, abbiamo reputato una vittoria non lavorare e forgiare il nuovo schiavo, il robot, e non ci siamo resi coscienti di una terrificante contro indicazione: se l’uomo non lavora che remunerazione avrà? Addirittura: che farà delle sue giornate? Fantasticherie? Per niente. Se valutiamo le acquisizioni tecniche e scientifiche recenti, da sgomentare, non scorre giorno che non succeda una “conquista” evolutiva. Ovviamente, sto cercando di percepire gli svolgimenti coerenti della tecnologia per raggiungere un riscontro che deriva secondo logica, perfezionando i robot proprio per queste funzioni, tutte le funzioni, tutte. E vogliamo questo, traiamo le conseguenze: in linea di deduzione saremo costretti a distribuire la produzione anche a chi non lavora. Inevitabile. Se il robot sostituisce il lavoro l’uomo senza lavoro o perirà o avrà beni pur non lavorando, non esiste una soluzione terza. Questo mette in crisi totale il sistema produttivo, dare a una massa che non lavora travolgerebbe o stravolgerebbe i sistemi economici, nel primo caso avremmo il marasma, nel secondo caso una modificazione alternativa.

Eventualità da tenere in conto necessariamente secondo logica evolutiva, ripeto. Non poniamo limiti alla fantasia sociologica, niente da spartire con il delirio, la fantasia sociologica sorge da premesse e conseguenze. Posta la premessa che stiamo tentando di fare del robot intelligente il sostituto netto dell’uomo ne traiamo che gli uomini non lavoreranno in vaste masse. E da che verrà la loro capacità di acquisto? Ci possiamo trovare, ci troveremo a produrre senza avere persone che lavorano e quindi senza avere acquirenti. Insisto: fermo restando l’imprevedibile e la capacità di scampo degli uomini, dovrebbe, potrebbe accadere che ci troveremo una esuberanza di prodotti di laboratorio che, sempre secondo logica evolutiva, sorpasseranno i prodotti naturali, da far consumare a gente senza lavoro! È la grandiosa antitesi dell’automazione. Cerchiamo di eliminare l’uomo dal sistema produttivo ma il robot non è un acquirente! D’altro canto, se l’uomo non lavora neanche l’uomo è un acquirente. Esistono queste problematiche? Esistono, imminentissime. Anticipate da teorici del XIX secolo. All’interno dei sistemi attuali non vi è soluzione, il profitto esige acquirenti, ma quando non si hanno occupati come avere acquirenti? Ribadisco, è un accadimento prossimo, alle porte. Se dilato l’analisi a quanto avviene in territorio genetico e sulla possibilità di regolare dall’esterno l’uomo con micro organismi innestati, percepiamo l’immane avanzamento della tecnica in ogni aspetto. Il possibile diventa realizzabile. Ma, con riguardo ai sistemi produttivi, stupefacente è quanto aggiungo: avremo il massimo di produzione e il minimo di capacità di consumo. Proprio nell’era della automazione perverremo a produrre sconfinatamente ma assottiglierà la gente che acquista, massima produzione, scematissimi consumi. Riassumiamo.

L’uomo meccanizzato etero diretto innestato di microrganismi cannibale di prodotti laboratorializzati disoccupato è catastrofico in quanto, a parte gli elementi disumanistici, porterebbe al crollo i sistemi sociali. Produzione sterminata di consumi asfittici, una antitesi da crollo inevitabile. Tutt’altro avverrebbe se sussisterà una logica partecipativa. La partecipazione dell’era dell’automazione, se vogliamo salvare le società è obbligante una collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori, se l’economia punta esclusivamente sull’automazione non avremo consumatori, d’altro canto l’automazione è irrevocabile. Dunque? Elaborare modalità tra lavoratori ed imprenditori in forme che venga mantenuto un tantum di lavoro o in ogni caso rendere socialmente utile l’impiego dei robot. In passato ho scritto sull’uso sociale del robot: distribuire alla società la produzione fatta dai robot senza relazione con la quantità di lavoro.

In era robotica non è il lavoro umano a stabilire il valore della merce. Un salario riferito al criterio valore-lavoro è fuori epoca. Bisogna avventurarsi in nuovi parametri. Sarà un’impresa epocale, dicevo, ma intrascurabile, obbligata. Che fare delle esuberanti merci in tempi di automazione disoccupante? Se si creano nuovi lavori in ogni caso i problemi restano, perché nel campo produttivo di merci il lavoro sminuirà tempestosamente. Allora? La via più rassicurante è una alleanza partecipativa dei produttori e dei lavoratori-consumatori per una distribuzione al di là del rapporto “vecchio” della relazione tra quantità di lavoro e salario. Insomma, una economia che largisce la potenza produttiva a vantaggio della società. Il robot sociale. Si potrebbero anche suscitare imprese di lavoratori che usano i robot a loro vantaggio. Me ne sono occupato in miei libri: Lavoratore imprenditore (2001), Dal lavoratore imprenditore al cittadino imprenditore (2012). Di sicuro, inconcepibile che i produttori scavalchino i lavoratori e si alleino con i robot contro i lavoratori. Se vogliono sopravvivere anch’essi e avere acquirenti devono far partecipare i lavoratori alle loro decisioni. Se in passato la partecipazione era una scelta, ormai è un obbligo. Mortale non comprenderlo. Inevitabile attuarla. Ma non sarà un percorso facilitato. Molto da aggiungere.

Aggiornato il 21 febbraio 2024 alle ore 12:18