Processo telematico: Cicerone addio?

Compulsando le norme sul nuovo processo telematico introdotte dalla cosiddetta riforma Cartabia, mi viene in mente il titolo, assai evocativo, dell’opera del grande avvocato, oratore e giurista Alfredo de Marsico (1888-1985) “Il sole tramonta sul tavolo di questa Corte d’Assise” (Schena Editore, 1989), pagine tratte da uno scambio epistolare tra il famoso giurista e Maria Antonietta Stecchi de Bellis tra il 1974 e il 1980, in cui de Marsico racconta, a mo’ di diario, le giornate passate tra un processo e l’altro, girando in treno in tutta Italia alla veneranda età tra gli 86 e i 92 anni. E vi spiego perché.

Il decreto legislativo n. 149/2022, in attuazione della delega di cui alla legge n. 206/2021, ha riformato il processo civile, introducendo, tra l’altro, i nuovi testi degli artt. 127-bis e 127-ter c.p.c; rispettivamente disciplinanti la “Udienza mediante collegamenti audiovisivi” ed il “Deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza”, quali varianti rispetto al canone tradizionale dell’udienza “in presenza” (di cui all’art. 127, comma 1, a sua volta innovato nel comma 3).

Tali modalità, nate nella fase emergenziale del Covid 19 e, quindi, giustificate dall’emergenza, sulle quali mi vorrei soffermare, sono divenute, in tal modo, definitive, andando a fare parte, a tutti gli effetti, del processo ordinario di cognizione quale alternativa e regola rispetto alle udienze in presenza.

La legge delega n. 206/2021, così dispone: “Prevedere che, fatta salva la possibilità per le parti costituite di opporsi, il giudice può o deve in caso di richiesta congiunta delle parti, disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni da effettuare entro il termine perentorio stabilito dal giudice” (art. 17, comma 6, lett. m).

In attuazione della legge delega, l’articolo 127-bis, inserito con la riforma attuata con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, stabilisce, al primo comma, che lo svolgimento dell’udienza mediante collegamenti audiovisivi a distanza può essere disposto dal giudice quando non è richiesta la presenza di determinati soggetti. Il secondo comma regolamenta i termini di comunicazione del provvedimento del giudice e l’esercizio della facoltà di opposizione attribuita alle parti, le quali, entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto con il quale il giudice dispone lo svolgimento dell’udienza mediante strumenti audiovisivi, possono chiedere che l’udienza si svolga in presenza, richiesta sulla quale il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile. A sua volta, l’art. 127-ter c.p.c. (introdotto dall’art. 3, comma 10, d.lgs. n. 149/2022) dispone che l’udienza può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice; che ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; che il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile (analogamente a quanto disposto dall’art. 127- bis c.p.c.) e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità.

In pratica, le udienze in presenza sono diventate l’eccezione mentre quelle tramite gli strumenti telematici, sia audiovisivi, sia con note scritte, la regola. Ed è così che le aule e i corridoi dei tribunali italiani sono diventati desolatamente deserti. Di qui il richiamo al titolo evocativo del libro del grande giurista, con l’aggiunta che non solo il sole tramonta sulle aule e sui corridoi del tribunale ma neppure vi sorge più.

Chi scrive, data la sua non più giovane età, egoisticamente potrebbe esserne soddisfatto, essendo oramai sazio di aule e di corridoi affollati e trovandosi dopo tanti anni a confrontarsi con giudici che hanno appena superato il concorso o comunque assai più giovani del sottoscritto. Ma il dovere e il ricordo della funzione essenziale dell’avvocato e della difesa, nel confronto tra le parti e nell’esempio del grande maestro Cicerone (Marco Tullio Cicerone, 106 a.C-43 a.C.), mi danno un sussulto di dignità e mi inducono a scrivere queste poche righe di critica. Il confronto personale tra le parti, gli avvocati e il giudice è, infatti, essenziale ed imprescindibile. Solo in questo confronto, invero, il processo può essere sviscerato in tutti i suoi dati ed aspetti che, invece, sfuggono alle impersonali, frettolose e lontane udienze audiovisive e, tanto più, alle anòdine note scritte.
Con questa riforma la figura dell’avvocato viene definitivamente sminuita e umiliata e sacrificata sull’altare della pretesa efficienza (che tale non si è rivelata né si rivela) e della tecnocrazia. Tanto vale, forse, a questo punto, come mi diceva scherzosamente, ma non troppo, un giudice, fare a testa e croce.

(*) Tratto dal Centro studi Rosario Livatino

Aggiornato il 22 febbraio 2024 alle ore 09:10