“Tramonto a nord ovest”, la montagna come refugium peccatorum

La montagna a metà tra viaggio iniziatico e refugium peccatorum. Potrebbe essere questa una sintesi per descrivere la convincente opera prima della regista e produttrice (Fargo entertainment) Luisa Porrino, Tramonto a nord ovest, da alcuni giorni in distribuzione nei cinema italiani. Due adolescenti di buona famiglia, Luca e Margherita, che alla prima difficile prova della vita scelgono una risposta diversa alle proprie responsabilità. Lei si fa prendere dal panico e vorrebbe la pillola del giorno dopo e per essere sicura che l’incidente del preservativo rotto non procuri guai inattesi ma immancabilmente si scontra con l’obiettore di coscienza di turno e alla fine si rifugia nella madre molto più scafata di lei. Lui, Luca, decide di fuggire e parte per le montagne alla ricerca di sé stesso e si imbatte prima in una coppia di clandestini che cerca di superare i valichi di frontiera e poi in una specie di comune fricchettona di montagna che lo soccorre dopo un piccolo incidente nel cammino e quasi lo adotta come novello membro di famiglia.

La montagna, e in questo la pellicola ricorda qualcosa anche del film Le otto montagne, diventa un luogo per ritrovare sé stessi e anche per rinnovare il rapporto apparentemente interrotto tra i due fidanzati dopo l’incidente del loro primo rapporto sessuale. E anche le due buone famiglie dei ragazzi, destinati quasi certamente a costruirsi un futuro insieme, si rendono conto che anche nella benedizione di avere due bravi figli non dediti alle idiozie del mondo di oggi ma allo studio e alla costruzione del futuro può diventare salutare una avventura, o meglio una disavventura, se poi grazie a questa si conosce meglio sé stessi. In montagna si sa le agnizioni sono all’ordine del giorno. Bella e forse un po’ ottimista anche la storia nella storia, quella dei due profughi arabi che cercano un rifugio e un valico per poi emigrare in Svizzera. Il film di Luisa Porrino è infarcito di ottimi sentimenti ma non scade mai nella banalità e soprattutto tiene avvinti alla trama e al desiderio di scoprire cosa simboleggi quella visione-leggendaria di montagna della cosiddetta “trota d’oro”. Notevole il ruolo dei due attori protagonisti, Giuseppe Saccotelli (Luca) e Margherita Fantini (Margherita), ma anche i coprotagonisti, Chaimae Sellak e Mohamed Bakkal El Idrissi, i due profughi di cui sopra, sono più che all’altezza del difficile ruolo. Il simbolo della ricerca della libertà, bisogna fare attenzione, è nella parte iniziale del film – girato sulle Prealpi Biellesi a Muzzano, Sordevolo, Oropa e poi sul versante svizzero di quei monti – in cui il giovane Luca è raffigurato in famiglia con un libro di Michel Foucault. Non si tratta ovviamente di Sorvegliare e punire.

Aggiornato il 20 novembre 2023 alle ore 12:28