Cerchiamo di evitare facili illusioni sulla crescita delle costruzioni

Vorrei capire come mai in soli trenta giorni le previsioni sul comparto delle costruzioni siano esplose, siano passate da una preoccupante fase di stagnazione a una crescita davvero inimmaginabile. Tanto anomala da portare Giorgio Santilli a dichiarare, a valle della pubblicazione del documento del Cresme, “Impennata che avvia una crescita duratura o fiammata momentanea?”. In particolare il Cresme nel suo rapporto congiunturale semestrale sul settore delle costruzioni quantifica una crescita nel 2021 pari al 12,7 per cento dopo una caduta nel 2020 contenuta al 4,95 per cento. Dopo questa prospettazione positiva lo stesso Cresme si sofferma, almeno per la riqualificazione degli edifici da Superbonus, sulla rilevante crescita dei prezzi, una crescita avvenuta proprio negli ultimi tre mesi.

E diventa davvero preoccupante quanto anticipato al Sole 24 Ore dal direttore del Cresme Lorenzo Bellicini: “La ripresa non sarà uguale per tutti, né a livello settoriale, né territoriale. È come un enorme puzzle che è stato scomposto ed è crollato; ora vanno rimessi a posto i tasselli a uno a uno e non è detto che ci si riesca. Ma devono essere tasselli nuovi. Qualcuno guadagnerà molto dalla crisi, anche speculando sulla crescita dei prezzi. Qualcuno sopravviverà grazie alla domanda drogata. Ma a muovere una crescita strutturale devono essere una maggiore efficienza del settore, digitalizzazione e sostenibilità. Questo processo virtuoso non sembra essersi innescato”. Ora questa dichiarazione penso da sola denunci, quanto meno, la discutibile tranquillità, l’eccessivo ottimismo su una crescita che non può certo avvenire e diventare strutturale nel 2021. Non lo può se si considera che tra novembre 2020 e maggio 2021 il tondo in acciaio per calcestruzzo armato è aumentato del 150 per cento; tra novembre 2020 e aprile 2021 il polietilene è cresciuto dal 113 per cento al 128 per cento e la Banca mondiale prevede che per il 2021 l’aumento dell’alluminio sarà del 29 per cento, del rame del 38 per cento, del ferro del 24 per cento; il legno da costruzione aumenterà del 60 – 70 per cento. E allora mi chiedo perché l’Ance non abbia subito, appena letto il rapporto, fatto presente che sicuramente il combinato disposto della riqualificazione del patrimonio immobiliare e dell’avvio dei cantieri delle opere inserite nel Piano nazionale di ripresa e resilienza testimonia una possibile crescita del comparto ma che questa crescita va attentamente monitorata e, soprattutto, va evitato che, per poter superare la grave congiuntura legata alla esplosione dei prezzi, prenda corpo un diffuso indebitamento da parte delle piccole e medie imprese dell’intero comparto.

Ma proprio per evitare quanto giustamente detto da Giorgio Santilli, cioè il rischio di assistere a una fiammata temporanea, forse sarebbe utile entrare davvero nel merito dell’intero comparto che è senza dubbio alle soglie di una possibile grande occasione e capire quali siano le reali criticità:

– Innanzitutto una crisi lunga anni, forse più di sei anni, e quindi non legata e non motivata dalla pandemia ma da un blocco negli affidamenti e da un Codice degli appalti concepito proprio per non dare concreto avvio alle opere.

– Un confronto quasi mensile tra l’Ance e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che in questi sei anni non ha portato a nulla, non ha prodotto nessun cambiamento alle modalità inserite nel 2015 dall’allora ministro Delrio con il Decreto legislativo 50/2016.

– Una sistematica elencazione di programmi, di Piani e impegni prodotti dal Governo ma non attuati; solo a titolo di esempio ricordo il Piano del Sud dell’ex ministro Giuseppe Provenzano, il Piano delle manutenzioni lanciato dall’ex ministro Danilo Toninelli, il Piano Italia veloce dell’ex ministra Paola De Micheli, tutti Piani anche supportati da possibili coperture nelle varie Leggi di Stabilità ma rimasti solo nell’ambito della denuncia di buona volontà.

– La istituzione di tanti tavoli di confronto, tutti inutili, e di una Commissione nominata dalla ministra De Micheli per redigere il nuovo regolamento appalti; dopo quasi un anno la Commissione ha consegnato alla ex ministra il testo definitivo e dal luglio del 2020 è iniziato il lungo iter di approvazione che vede coinvolti oltre al Ministero delle Infrastrutture, il Ministero dell’Economia, il Consiglio dei ministri e il Consiglio di Stato. Il regolamento, un poco per la sua stessa natura (si tratta di un testo corposo di 314 articoli, su una materia delicata) e un poco a causa dell’emergenza in atto, avrebbe dovuto essere pubblicato per la fine del 2020 (in ritardo di un anno in base a quanto previsto dal provvedimento Sblocca cantieri).

– La ridotta attività dei concessionari delle reti autostradali e quindi il crollo anche dei lavori sistematici di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’intera rete e la ridotta attività delle infrastrutture portuali (i lavori avviati nel periodo 2015 – 2020 sono relativi ad affidamenti e a coperture legate a programmi del 2012 – 2013).

– Il mancato avvio delle opere legate al Fondo di Coesione e Sviluppo che nel Mezzogiorno ha in realtà reso possibile l’avvio di interventi per un importo globale di 12 miliardi e speso appena la metà. Questa limitata attività nell’avvio concreto delle opere nel Sud ha prodotto danni irreversibili all’intero comparto e, in particolare, alle imprese del Mezzogiorno.

– Sempre rimanendo nel Mezzogiorno non possiamo dimenticare che, proprio alla luce di quanto ribadito dal direttore del Cresme e cioè: “La ripresa non sarà uguale per tutti, né a livello settoriale, né territoriale”; le realtà imprenditoriali ubicate nel Mezzogiorno saranno non saranno caratterizzate da percentuali alte di una possibile crescita, proprio per i costi della logistica, per l’accesso ai prestiti, per l’assenza di un tessuto produttivo adeguatamente strutturato.

Tutto questo è ormai storia del passato e per questo l’Ance, in particolare, dovrebbe avere il coraggio di evitare di continuare a credere a previsioni e annunci purtroppo non utili per la crescita del comparto. Infatti c’è una chiara correlazione tra l’apertura dei cantieri e l’accesso alle risorse del Recovery Fund: non sono le risorse del Recovery Fund a fare aprire i cantieri ma è solo l’apertura dei cantieri a consentire l’accesso al Recovery Fund; spero che prima o poi capiremo quanto sia vera questa banale constatazione.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 02 agosto 2021 alle ore 11:16