Mezzogiorno: i nuovi eletti per sconfiggere l’inerzia

Spesso ci dimentichiamo che il Comune è una tessera chiave del mosaico Paese e coloro che sono preposti alla gestione delle singole Amministrazioni comunali rappresentano la linfa portante di quel processo che consente la crescita o la decrescita di alcuni comparti chiave della intera economia del Paese.

Voglio soffermarmi su cosa dovranno assicurare, in termini di gestione diretta, i nuovi eletti nei Comuni del Mezzogiorno; voglio intrattenermi su questo particolare ambito territoriale, su questo non facile assetto socio-economico perché esiste davvero una responsabilità diretta ed indiretta che i vari nuovi Amministratori dovranno vivere. Responsabilità diretta ed indiretta perché oltre al valore delle risorse del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che si attesta su un valore pari a 40-50 miliardi di euro e di tale importo circa il 10-15 per cento è legato proprio alla gestione di realtà urbane del Sud. Invece responsabilità solo diretta le Amministrazioni locali la vivono con gli 80 miliardi di euro del Fondo di Coesione e Sviluppo: 30 miliardi di euro relativi alle risorse non spese del Programma 2014-2020 e quelle che stanno per essere assegnate nel periodo 2021-2027 pari a circa ulteriori 50 miliardi questo volano di 80 miliardi di euro ha, come il Pnrr, delle preoccupanti scadenze: i 30 miliardi di euro vanno spesi entro il 31 dicembre del 2023 e i restanti 50 miliardi entro il 2027.

Queste risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione si articolano in due distinti impianti programmatici: i Pon (Programmi operativi nazionali) e Por (Programmi operativi regionali); i Pon vengono programmati e gestiti a livello centrale di intesa con gli Enti locali, i Por, invece, sono di competenza degli Enti locali. Questa, scusatemi la digressione, è una vera assurdità perché ha prodotto e continua a produrre solo disorganicità programmatica, incapacità strategica e realizzativa. In particolare, ha prodotto una facile e gratuita forma di distinzione delle responsabilità, una inconcepibile forma di sovrapposizione di competenze e, quindi, in molti casi di irreversibile stasi procedurale. Questi nuovi amministratori dovranno vivere una delle esperienze che forse mai le Amministrazioni locali del Sud avevano vissuto:

– una rilevante disponibilità di risorse

– una obbligata ed improcrastinabile scadenza temporale per la spesa.

E allora, mi spiace anticiparlo, ma i nuovi eletti dovranno ricorrere a degli espedienti per evitare di essere praticamente uguali ai loro predecessori. In realtà, c’è bisogno di sintonia comportamentale da parte dei nuovi amministratori, perché questa emergenza legata alla rilevanza delle risorse disponibili e alla limitatezza temporale (praticamente quattro anni) è un fenomeno che non può essere vissuto senza una adeguata capacità “manageriale”. Quando parlo di sintonia comportamentale mi riferisco proprio al fatto che gli Amministratori comunali e regionali non possono essere attuatori di programmi slegati da un riferimento strategico sovra-comunale e sovra-regionale.

Sarebbe quindi necessario che, almeno per un biennio, cioè il periodo caratterizzato da una fase critica di impostazione e di concreto avvio di tutti i programmi, per le progettualità presenti nel Pnr e nel Fondo di Sviluppo e Coesione si costruisse una sede analoga a quella che il premier, Mario Draghi, ha allestito presso la presidenza del Consiglio per la gestione organica del Pnrr. Una sede istituzionale in cui le realtà amministrative del Mezzogiorno possano affrontare, in modo omogeneo, le varie scelte e rendere coerente la spesa a una misurabile crescita dei territori amministrati. Altrimenti, indipendentemente dagli schieramenti politici, rischiamo di mantenere sempre più basso, in questo particolare momento storico, il livello prestazionale dei nuovi eletti.

La “Conferenza Stato-Regioni-Città” potrebbe e, a mio avviso dovrebbe, svolgere il ruolo di catalizzatore di un simile non facile processo, un ruolo di catalizzatore in grado di definire un vero codice comportamentale che i nuovi eletti dovrebbero rispettare e, in tal modo, diventare lievito per l’intero sistema di amministratori del Sud. In tale operazione, un ruolo chiave dovrebbe svolgere la Cassa Depositi e Prestiti e ciò proprio nel rispetto del suo mandato dovrebbe diventare, da subito, per le realtà del Mezzogiorno, riferimento per l’accesso alle risorse, per il controllo della spesa e per la ottimizzazione dell’intero programma realizzativo; non ho paura di richiamare una esperienza già sperimentata con la Cassa del Mezzogiorno, voglio però ricordare che mentre le risorse della Cassa del Mezzogiorno erano sostanzialmente del Bilancio dello Stato, oggi siamo in presenza di risorse comunitarie e quindi i nostri interlocutori, oltre a essere più esigenti, non accettano e non accetteranno proroghe o ritardi, non condivideranno proposte non coerenti ad un misurabile sviluppo socio-economico del Sud. L’Unione europea è molto attenta e interessata alla crescita del nostro Mezzogiorno

Non possiamo, quindi, assistere in modo irresponsabile alla elezione di circa 550 nuovi amministratori del Sud senza fornire loro un respiro gestionale nuovo capace di non rivivere l’assurda mancata spesa, in sei anni, di 50 miliardi di euro (il Fondo di Sviluppo e Coesione 2014-2020 assicurava 54 miliardi di euro e ne abbiamo spesi solo 3,8 miliardi di euro); non possiamo non supportarli in un momento in cui, senza l’avvio dei cantieri nelle loro realtà urbane, nelle loro Province e Regioni, il Pnrr rischia di rimanere simile ai Programmi annunciati da diversi ministri della Repubblica preposti alla gestione della spesa.

Non lo possiamo e non lo dobbiamo fare, perché un simile atto di irresponsabilità toglierebbe al Sud, in 5 anni, circa 110 miliardi di euro (solo il volano di risorse ricadenti nelle responsabilità degli organi locali), toglierebbe al Sud un incremento rilevante del Pil. Ricordo che il Sud con i suoi 21 milioni di abitanti partecipa alla formazione del Pil nazionale con un valore pari a 300 miliardi di euro e quindi diventa davvero determinante la crescita del Pil con la reale spesa aggiuntiva di 110 miliardi di euro (una spesa che allo stato sembra impossibile, se si tiene conto che in sei anni nel Mezzogiorno si sono spesi in tutto per infrastrutture appena 5,4 miliardi di euro).

Potrebbe in tal modo prendere corpo una vera rivisitazione delle negatività che hanno caratterizzato il nostro Mezzogiorno, specialmente negli ultimi sei anni; potrebbe, forse, crollare ciò che da sempre incrina la possibilità di crescita dell’intero Sud: l’inerzia.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 06 ottobre 2021 alle ore 09:59