La Commissione Ue presenta il piano per il “price cap”

Dopo tante discussioni, e in seguito a una paziente mediazione, la Commissione Europea adotta il famigerato tetto al prezzo del gas russo. L’obbiettivo è quello di evitare un’eccessiva oscillazione dei prezzi e prevenire quei picchi estremi sul mercato dei derivati energetici: questo è quanto si legge nella bozza del nuovo pacchetto di misure varato dalla Commissione Europea che è stato presentato dalla presidente Ursula von der Leyen al Consiglio Ue per l’approvazione.

Il “price cap” – che durerà solo tre mesi – andrà a fissare un limite al prezzo del gas impiegato nella produzione di elettricità (e solo su questo) a un livello che aiuti a ridurre i prezzi – e il caro bollette – senza modificare l’ordine di mercato e senza portare a un aumento generale dei consumi, migliorando così il funzionamento dei mercati energetici, aumentandone la trasparenza ed eliminando tutti quei fattori destabilizzanti per la formazione dei prezzi. Verrà quindi determinato un segmento, un minimo e un massimo, all’interno del quale il prezzo potrà fluttuare.

L’Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) avrà il compito, sulla base delle relazioni presentate dalle autorità nazionali competenti in materia, di coordinare l’applicazione di questo meccanismo in tutta l’Unione.

Parallelamente al “price cap” viene proposto di sviluppare un nuovo indice di prezzo per il gas naturale liquefatto (Gnl) alternativo al Ttf di Amsterdam. L’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione tra i relatori energetici (Acer) sarà incaricata di raccogliere tutte le informazioni necessarie per la creazione di questo nuovo indice entro il 2022, cosa questa che dovrebbe – secondo le previsioni – renderlo disponibile per la prossima stagione di riempimento degli stoccaggi, nei primi mesi del 2023.

La Commissione propone anche di dotare l’Unione Europea degli strumenti giuridici idonei per l’acquisto congiunto di gas: in questo modo, i vari Stati membri dovrebbero formare un “cartello” capace di mitigare spontaneamente il prezzo dell’energia all’interno del mercato europeo, coordinare il riempimento degli stoccaggi e partecipare obbligatoriamente, tutti assieme, all’aggregazione della domanda per almeno il quindici per cento del volume di riempimento. Questo significa che ciascuno Stato avrà l’obbligo di essere solidale – a prescindere dall’esistenza o meno di specifici accordi bilaterali – con gli altri che sono maggiormente in difficoltà con gli approvvigionamenti.

L’Esecutivo dell’Unione chiede anche agli Stati membri di velocizzare la transizione energetica, ossia di rimuovere tutti quegli ostacoli di carattere giuridico che impediscono od ostacolano fortemente l’introduzione e il passaggio alle energie rinnovabili, ovvero la costruzione delle infrastrutture necessarie al loro funzionamento. L’ipotesi che sta circolando in queste ore è quella di finanziare i singoli Stati con un massimo complessivo di cinque miliardi di euro nel 2023 per interventi strutturali, per il sostegno alla produzione di energia pulita e per l’efficientamento energetico.

Nel frattempo, per venire incontro alle oggettive difficoltà di famiglie e imprese, la Commissione propone un uso flessibile, mirato e temporaneo delle risorse dei Fondi per lo sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo, dei Fondi di Coesione 2014-2020 e del React Eu. L’obbiettivo è quello di erogare sostegni per quaranta miliardi di euro al reddito delle famiglie, alle piccole e medie imprese maggiormente penalizzate dal caro energia e ai lavoratori, anche autonomi, colpiti per la stessa ragione. Viene inoltre confermata l’intenzione di modificare temporaneamente i vincoli agli aiuti di Stato per dare ai governi nazionali maggior libertà per sostenere le imprese in difficoltà ed evitare il loro fallimento.

Indubbiamente si tratta di un buon risultato, se si pensa che già solo l’annuncio da parte della Commissione ha fatto scendere le quotazioni del gas al livello più basso dell’ultimo quadrimestre. Questo, se non altro, dimostra che quando vuole l’Europa sa incidere e sa tutelare i suoi cittadini. Ciononostante, il provvedimento è frutto di un compromesso al ribasso pensato per non scontentare troppo Berlino, Vienna e Amsterdam – che comunque continuano a manifestare perplessità e reticenze. Si può senz’altro fare di più e di meglio. Passino la temporaneità della misura – dettata, magari, dalla prudenza, dalla necessità di vedere quali saranno gli effetti concreti, sebbene difficilmente nel giro di tre mesi la situazione sarà tornata abbastanza tranquilla da poter fare a meno di meccanismi di protezione dall’impazzimento dei prezzi – e la messa a punto di un “benchmark” alternativo a quello del Ttf di Amsterdam. Più problematica sarà la solidarietà europea nell’acquisto del gas: abituati (male) come siamo nel Vecchio Continente sarà davvero un’impresa ardua fare in modo che gli Stati rinuncino a procedere in ordine sparso o a prendere iniziative autonome nel loro esclusivo interesse. Nota dolente: nessun riferimento alla separazione tra il prezzo dell’elettricità e quello del gas, che invece sarebbe stato altrettanto decisivo nel mitigare l’impatto che i rincari stanno avendo sulle economie europee.

Bene l’aiuto a famiglie e imprese e la raccomandazione rivolta ai singoli Stati membri di accelerare sulla transizione energetica. Ciononostante, nel capitolo aiuti manca una voce fondamentale: l’azzeramento (o di una drastica riduzione) delle tasse sul consumo di gas. Quello si che sarebbe stato un aiuto rilevante. Quanto alla transizione energetica, sarebbe un’ottima cosa se Bruxelles decidesse di “aprire la borsa”, anche se il problema – almeno in Italia – non è tanto di natura economica, ma politico-amministrativa e culturale. Nessun finanziamento servirà mai a qualcosa se prima non verranno abbattuti gli ostacoli burocratici e se prima non verrà messo culturalmente fuori gioco quell’ecologismo miope e zelota che rifiuta per principio qualunque tipo di infrastruttura utile all’approvvigionamento energetico.

In conclusione, il “price cap” che l’Europa – salvo sorprese – si appresta tardivamente a varare è qualcosa che si darà un po’ di ossigeno all’economia del Vecchio Continente. Ma è solo un palliativo, qualcosa che può andare bene per il breve periodo. L’obbiettivo rimane sempre quello della completa autosufficienza sul piano energetico o, perlomeno, di una dipendenza “friend-shore”. L’era post-globale nella quale siamo entrati rende troppo pericolosa la dipendenza da realtà inaffidabili e potenzialmente ostili. Di conseguenza, dobbiamo avere il buonsenso di procurarci autonomamente quello di cui abbiamo bisogno.

Aggiornato il 20 ottobre 2022 alle ore 12:10