Il dilemma sul “piano B” di Alemanno

Persa Roma il “piano B” di Gianni Alemanno sembra prevedere il ritorno alla politica nazionale. Per fare cosa? Per puntare alla progressiva conquista del Pdl in vista della successione a data da destinarsi a Silvio Berlusconi? Oppure per mettere insieme i pezzi sparpagliati della vecchia Alleanza Nazionale e ricostruire un partito di destra magari alleato ma sicuramente autonomo ed indipendente dal Pdl? L'interrogativo è aperto. E non è detto che Alemanno abbia già la risposta a questo difficile dilemma. Perché entrambe le strade sono molto suggestive ed invitanti. Ma ognuna di esse presenta dei pericoli e delle controindicazioni da non prendere assolutamente sottogamba se non ci si vuole infilare in una avventura senza via d'uscita.

Intanto si tratta di strade alternative. O si lavora per conquistare il Pdl tenendo ben salde tutte le diverse componenti con una strategia unionista e fusionista tesa a creare una nuova identità collettiva per il centro destra. Oppure si punta a ricreare un partito di destra passando attraverso la inevitabile spaccatura del Pdl attraverso un forte richiamo alla vecchia identità non tanto di Alleanza Nazionale quanto del Movimento Sociale Italiano. Il primo percorso comporta una implicita sfida a Silvio Berlusconi nella convinzione che la leadership del Cavaliere possa essere cancellata a breve dalle sentenze della magistratura e nel calcolo che una volta perso il proprio punto di riferimento il popolo del centro destra si rivolga, per scongiurare il rischio di una rovinosa diaspora, al meno debole dei suoi possibili successori ed eredi.

Ma è fondata la previsione che Berlusconi si lasci liquidare dalle sentenze politicizzate senza combattere? Ed è consigliabile, in questa incertezza seguire l'esempio di tutti quelli (Gianfranco Fini in testa) che hanno sfidato il Cavaliere nella presunzione della sua imminente scomparsa e ne sono stati triturati? Il secondo percorso evita il rischio di esporsi all'ira furente di Berlusconi ma comporta la necessità di convincere tutte le vittime dei calcoli sbagliati di Fini a mettere indietro l'orologio di quasi vent'anni e ad affidarsi a chi, per cinque anni in qualità di sindaco di Roma, ha cercato in ogni modo di assumere una identità diversa da quella di partenza.

Per Alemanno, dunque, è più pericoloso sfidare Berlusconi o tornare ad innalzare, in condizioni politiche rese difficili dalla sconfitta romana, la bandiera fino all'altro ieri ammainata della antica destra identitaria? Nessuno è in grado di trovare una risposta certa e rassicurante alla domanda. L'unica certezza, però, è che sia nel caso della sfida al Cavaliere che nell'eventualità della corsa alla ricostruzione della destra, Alemanno e chiunque lo volesse seguire dovrebbero avere la forza di rinunciare ai modelli, alle forme ed alle suggestioni del passato e compiere uno sforzo per lanciare una proposta politica radicalmente nuova. Senza un salto di qualità nella direzione del futuro ogni strada è destinata a portare verso il fallimento. Ed è bene che nell'area del centro destra, area potenzialmente molto più ampia di quella attuale, si incominci a riflettere sulla assoluta necessità di elaborare un progetto politico per l'Italia dei prossimi anni '20 e '30 e non per l'Italia degli anni '90 del secolo scorso.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:22