Cuba counter-revolution: incastrare i castristi

Appena due settimane. Tante ce ne sono volute per domare la controrivoluzione cubana dell’11 luglio 2021, che ha coinvolto nella protesta almeno cinquanta città e cittadine dell’Isola! Russia, Venezuela, Corea del Nord, Iran e Cina (queste ultime due da tempo procedono in tandem per creare problemi agli Usa, sugli scenari internazionali in cui gli americani sono più in difficoltà) hanno contraffortato diplomaticamente il Governo cubano, mettendo a tacere un popolo dissidente e disperato senza armi né leader.

Facile domare la dissidenza ai tempi del digitale. Basta sequestrare i cellulari dei manifestanti in stato di fermo per arrivare a capo quasi dell’intera rete dei dissidenti e dei promotori via social delle manifestazioni di protesta. Ovviamente, sono cadute nel vuoto le ripetute invocazioni della folla (“venite a liberarci!”) indirizzate all’Occidente e all’America in particolare. E si capisce bene perché: Joe Biden teme come la peste un’ondata immigratoria originata da Cuba, per nulla facile ad arginare, data la fortissima presenza negli Stati Uniti di rifugiati cubani, da sempre protetti da Washington. Ovviamente, gli alleati di Cuba sostengono che sia tutta colpa dell’America che ha affamato l’Isola facendo mancare alla popolazione beni essenziali e farmaci.

Ma se è vero che la Russia sostiene (politicamente) L’Avana, il suo contributo all’economia cubana è ormai del tutto marginale rispetto ai tempi dell’Unione Sovietica, e Mosca ha dovuto addirittura cancellare il 90 per cento del debito cubano nei confronti dell’ex Urss. L’unica risorsa che l’antico alleato ha potuto mettere attualmente a disposizione del regime castrista è stato il turismo, garantendo un flusso di seimila vacanzieri russi a settimana, diretti ai paradisi caraibici di Varadero e Cayo Coco.


Pechino rimane, al momento, il maggiore investitore nell’Isola: i cinesi si sono specializzati nella costruzione di infrastrutture e nelle forniture di autoveicoli e di autobus, divenendo gli interlocutori privilegiati di Cuba per quanto riguarda l’alta tecnologia. La rete Internet cubana, infatti, è stata creata con l’aiuto di Huawei. Nel campo della cooperazione militare, invece, la presenza cinese è molto più discreta, anche se insistenti indiscrezioni danno scontata la presenza di Pechino nella base di ascolto di Lourdes, attrezzata dai sovietici nel 1962 per operazioni di sorveglianza nella regione. Mentre è data per certa la costruzione con tecnologia cinese della base di sorveglianza radar di Bejucal, nei pressi del L’Avana, che consente a Pechino di posizionarsi a meno di 150 chilometri da Key West.

L’11 luglio scorso sono scesi in piazza centinaia di migliaia di manifestanti con una nutrita agenda di rivendicazioni nei confronti del Governo cubano, che vanno dalla mancanza di elettricità, agli scaffali vuoti nei negozi, alla crisi economica e alla disoccupazione dilagante sempre più gravi, per finire alla situazione disperata che riguarda l’epidemia da Covid-19. Il tutto a fronte di un atteggiamento sempre più repressivo da parte del Governo del L’Avana.

Nel corso di un’ondata di proteste, mai viste da sessanta anni a questa parte, molte migliaia di persone di ogni età hanno marciato e cantato, gridando slogan come “Patria y Vida!” sul ritmo di una nota canzone rap di feroce critica al regime, che fa il verso a quello storico e più patriottico di “Patria o Muerte!”. Per sedare le proteste, la polizia ha eseguito arresti e perquisizioni casa per casa, mentre i reparti antisommossa hanno preso posizione nelle città, lasciando che sfilassero in controtendenza (sul modello venezuelano!) alcune migliaia di fedelissimi del Governo castrista, ritmando tradizionali slogan rivoluzionari sotto l’egida della bandiera nazionale cubana. Miguel Mario Díaz-Canel, presidente cubano e segretario del Partito comunista, in perfetta continuità con la tradizione (“Il Partito non ha mai torto!”), è apparso in televisione dichiarando che “Cuba appartiene ai suoi rivoluzionari!”. A seguito dei disordini risultano disperse 150 persone, mentre avrebbe perso la vita un solo manifestante.

Indiscrezioni ricorrenti asseriscono che molti giovani, per rappresaglia, sono stati richiamati alla leva obbligatoria, ma non si sa fino a che punto le misure repressive possano avere successo per mettere definitivamente fine alla mobilitazione spontanea della piazza, dato che il Governo ha scarsi margini di manovra per comprare la pace sociale. Infatti, causa pandemia, sono venute a mancare all’erario cubano le ingenti entrate del turismo estero che costituiscono la principale risorsa di bilancio. La conseguente scarsità di valuta estera ha ridotto drasticamente i flussi dei beni di importazione (come carburanti e prodotti alimentari), causando frequenti interruzioni nelle forniture elettriche e disponibilità ridotta di beni di prima necessità negli scaffali di negozi e supermercati.

Per di più, la riluttanza di Cuba ad acquistare vaccini fabbricati all’estero, dovuta a un misto di sentimenti di autarchia e di orgoglio nazionale, hanno fatto sì che soltanto il 16 per cento della popolazione risulta aver assunto la dose vaccinale completa. Il tentativo di sviluppare in proprio i vaccini non ha finora dato i risultati sperati, mentre nelle farmacie manca perfino l’aspirina!

Morale: stando ai dati ufficiali, i contagi da Covid raddoppiano ogni settimana! Del resto, l’economia cubana è stata sempre vicina al collasso fin dall’inizio degli anni Novanta, subito dopo il crollo dell’Urss, suo maggior sponsor internazionale. Allora venne facile a Fidel Castro spegnere sul nascere le proteste, mentre oggi è molto più difficile per i suoi successori fare altrettanto, grazie alla diffusione di Internet. E spegnere la Rete non è facile, dato che lo Stato cubano fa bei soldi (circa 80 milioni di dollari al mese) con le tasse che i consumatori pagano per rimanere collegati, senza parlare poi dei contraccolpi che ne subirebbero le rimesse dall’estero degli immigrati cubani. Temendo di parlar chiaro alla propria gente su come stanno realmente le cose a Cuba, sia economicamente, sia per quanto riguarda la lotta alla pandemia, il Governo ha optato per la repressione che, tuttavia, non farà altro che rimandare un po’ più in là la risoluzione dei problemi, aumentando le sofferenze della popolazione cubana.

Per ora (così come avallato dai suoi grandi protettori di Cina, Russia, Iran) la colpa di tutto è, ovviamente, dell’embargo americano. Ma se Díaz-Canel pensa di “oscurare il sole con un dito”, ha dichiarato un anonimo commerciante a The Economist del 17 luglio, si sbaglia di grosso! E qualche soggetto con le stellette dell’esercito cubano pensa che del regime castrista se ne può anche avere abbastanza, a questo punto! “Freedom”, urlano nelle piazze i Black Lives Matter. Allora, la cosa deve valere anche per i… Brown cubani! La sinistra di tutto il mondo farebbe bene a ricordarselo!

Aggiornato il 22 luglio 2021 alle ore 14:59