Nel memorabile film di John Huston citato nel titolo, due spregiudicati e scaltri sottufficiali dell’esercito inglese dell’era vittoriana (impersonati dagli straordinari Michael Caine e Sean Connery), riusciti a spacciarsi per divinità tra la popolazione dello sperduto Kafiristan riuscivano ad ascendere al potere assoluto salvo, poi, venire smascherati e fare una brutta fine. La storia raccontata nella pellicola richiama la singolare vicenda del “premier per caso” “Giuseppi” Conte con la differenza, non secondaria, che quest’ultimo – non avendo caratura politica pari a quella artistica dei citati attori – ne sta riproponendo una mediocre parodia (avendo come “degna” spalla Rocco Casalino) che potrebbe ben trascolorare nella farsa se solo non si inquadrasse nel contesto di una crisi politica ed economica dagli esiti potenzialmente esiziali.

Nonostante le danze della pioggia officiate dagli stregoni della virologia mediatica (che dell’emergenza pandemica avevano fatto un lucrativo business), l’onda di piena del virus cinese va, infatti, progressivamente ritirandosi disvelando il clamoroso bluff del pateracchio governativo giallorosso che, nell’immobilismo del cosiddetto “lockdown” (ipocrita inglesismo per dare una verniciata “cool” al sequestro di persona di massa di una popolazione sapientemente terrorizzata da un sistema mediatico indecente), aveva trovato l’humus ideale per coltivare (a suon di Dpcm e proclami notturni a reti unificate) eclatanti violazioni costituzionali , esibirsi in inconcludenti arroganze (spacciate per salvifico decisionismo), dare prova di devastante inadeguatezza innescando una bomba sociale ed economica pronta ad esplodere in autunno allorquando, chiusosi il paracadute della cassa integrazione e con molte imprese ancora al palo, il virus della disoccupazione colpirà con una durezza ben maggiore dello stesso Covid.

Il prosciugamento dell’onda pandemica ha tolto al caudillo foggiano l’acqua torbida (della paura) sulla quale ha potuto, sinora, cinicamente galleggiare sfruttando uno “stato di necessità” disonestamente perpetuato oltre ogni ragionevole limite, tale da infliggere danni pesantissimi alle strutture portanti del sistema sociale ed economico di un paese chiamato, all’improvviso, ad onorare le cambiali di decenni di politiche dissennate senza, per altro, disporre del governo della moneta e senza che un solo centesimo fosse sottratto alla montagna di spesa pubblica superflua per soccorrere efficacemente l’apparato produttivo. Rifugiatosi nell’arrocco autocratico del decisore unico, l’inquilino di Palazzo Chigi persiste nella sempre meno credibile strategia degli annunci, millanta mirabolanti “successi” in sede europea, indulge in rischiosi scarrocciamenti filocinesi (complice l’imbarazzante Giggino Di Maio), disloca sul fronte dell’emergenza economica fantamiliardi di euro che, a dirla tutta, ricordano le divisioni immaginarie che un delirante Hitler, chiuso nel bunker, nelle ultime ore del Reich, posizionava sulle mappe vaneggiando di impossibili controffensive.

La convocazione della (inutile) kermesse degli “Stati generali” è solo l’ultima manifestazione di una discutibile deriva cesarista, sintomatica di una preoccupante disconnessione dalla realtà, probabilmente meritevole di un qualche monitoraggio psicologico. “Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”, disse Abramo Lincoln; è il caso che qualcuno (magari su un certo Colle di Roma) rilegga queste parole, prenda coscienza, in un sussulto di tardiva responsabilità, che “Re Giuseppi” altro non è che il tossico Ogm prodotto da una democrazia in crisi e lo butti giù dal trono prima che giù nel baratro finisca l’Italia.

Aggiornato il 12 giugno 2020 alle ore 11:02