Usa, bacini idrici e fotovoltaico

Altrove si corre, in Italia comandano le Belle Addormentate. In Germania, in seguito all’aggressione russa in Ucraina, si realizzerà in soli tre anni uno scudo anti-missile per proteggere la popolazione dai possibili attacchi atomici di Vladimir Putin. Qui si arriverà al 2 per cento di spesa nel 2028, perché dobbiamo difendere gli interessi dei pentastellati. Mi dicono che – finita la guerra russo-ucraina – la prossima emergenza sarà quella dell’acqua. Ebbene, da noi sul tema esce qualche articolo sulla stampa specializzata e poche righe sulle cronache, dove però si parla del Po senz’acqua e mai delle soluzioni. Negli Usa, invece, si pensa a dotare tutto il territorio di bacini artificiali d’acqua, dimensionati ad hoc sulle necessità di ogni Comune, come riserva in caso di siccità. Non parliamo di New York o di Roma, ma del Comune di Cohoes, 17mila abitanti, nello Stato di New York.

Ma ciò non basta, perché in realtà a Cohoes si sta costruendo un impianto solare che galleggerà sul suo lago artificiale di cinque ettari. Anche se il fotovoltaico non può competere con gli idrocarburi per rendimento, l’impianto produrrà elettricità per tutte le strade e gli edifici pubblici della città. Il 40 per cento della produzione sarà utilizzato per altre necessità urbane (fiere, meeting, sport). Il tutto con un risparmio annuo di 500mila dollari e con un investimento iniziale di 6 milioni.

Quello di Cohoes è diventato un caso di scuola per le piccole città degli Stati Uniti, come spiega il ricercatore Connor O’Neil del National Renewable Energy Laboratory (Nreal). Il caso della città “floato-voltaica” è così interessante che si sta realizzando uno schedario di tutte le aree idonee (492 finora) nello Stato di New York, senza escludere che questo tipo di impianti sia esteso a tutto il territorio nazionale. Infatti, proprio il Nrel si è reso conto della mancanza di aree agricole da destinare agli impianti fotovoltaici. Inoltre, spesso i tetti delle case non sono idonei a ospitare dei pannelli. Perché, allora, non unire i sempre più necessari bacini idrici alla sempre più necessaria produzione di energia rinnovabile?

A queste considerazioni ne aggiungerei un’altra. Conosco il bacino artificiale di Giacopiane, utilizzato per la rete idrica urbana di una parte di Genova e provincia. Si tratta di un lago con un’ampia superficie, posto a 1015 metri di altezza e non molto profondo. È stato realizzato negli anni Venti del Novecento nell’ambito del piano di opere idrogeologiche del regime fascista. Si noti che parliamo di una zona dove il livello di precipitazioni medie annue è molto elevato. Tuttavia, il problema dei bacini che vivono solo di precipitazioni atmosferiche, essendo prive di immissari, è che d’estate, quando cresce la domanda di acqua, le precipitazioni sono scarse e l’evaporazione è massima. Ovvero, c’è una dispersione molto elevata di acqua. Utilizzare invece una copertura mobile delle acque renderebbe perfetti gli impianti floato-voltaici. Servirebbe una superficie quasi doppia rispetto all’invaso, è vero. Ma nei mesi estivi non ci sarebbe dispersione.

Tornando agli Stati Uniti, farei un’altra annotazione: non è una nazione modellata sul petrolio. Al contrario, utilizza molto l’eolico e il nucleare civile, conquistando l’indispensabile autonomia energetica. Lo stesso avviene in Norvegia, che con i proventi dei suoi giacimenti off-shore è arrivata a investire nelle energie rinnovabili molto più di noi, che siamo soprattutto a parole per le rinnovabili, ma non vogliamo il nucleare civile, salvo acquistare quello sloveno o francese, e che dipendiamo dal gas di un Paese “ostile”. Così negli Usa, dove il consumo idrico agricolo e urbano ha portato alla sparizione quasi totale del fiume Colorado, sarà possibile diffondere ovunque il modello idrico di Cohoes. Il National Renewable Energy Laboratory ha identificato 25mila bacini artificiali in tutto il territorio nazionale, utilizzabili per il fotovoltaico galleggiante.

Aggiornato il 04 aprile 2022 alle ore 11:09