Parlando dell’avanzata russa in Ucraina e tralasciando le battute elettorali di Emmanuel Macron del tipo “armiamoci e partite” (se continua così, perderà), l’Unione europea non ha un piano B. Sì, a Kiev arriverà qualche armamento, proiettili, droni, sistemi antiaereo ma in sostanza è assente un piano strategico di fronte a un possibile disallineamento degli Stati Uniti, qualora Donald Trump risalisse gli scalini della Casa Bianca.

Agli inizi della Seconda guerra mondiale, il Regno Unito restò da solo contro le armate tedesche, dopo Dunkerque. Fu “l’ora più buia” dei britannici guidati da Winston Churchill. Gli Stati Uniti intervennero solo a fine 1941, dopo Pearl Harbor. Adesso potranno i 27 Paesi dell’Unione europea trovare la coesione e la forza dimostrata dagli inglesi 85 anni fa, se resteranno senza la copertura economico-militare americana che ci ha garantito pace e benessere per quasi 80 anni? Al momento in Europa permane un vuoto di idee, e nel vuoto – come nel mare inquinato – restano a galla solo le cacche e le soluzioni sballate. Ursula von der Leyen di recente ha dichiarato che dobbiamo cominciare a prepararci alla guerra col vampiro russo. Sono parole forti ma forse utili per la pace, se serviranno a far capire a Vladimir Putin che la “sua” Russia non può riprendersi quella metà d’Europa che fu schiavizzata dal comunismo stalinista, e che non vuole affatto tornare al Muro di Berlino e alla reclusione di massa. Interi popoli sarebbero di nuovo condannati a vivere in gulag grandi come nazioni. Saremmo tutti come Aleksei Navalny. E lo siamo già dal punto di vista psicologico. Io comunque penso positivo e non vedo drammi e tragedie: ho paura dei nostri errori, non degli orrori dei tiranni che ci troviamo di fronte.

Quale è la soluzione che propongono i “progressisti” del Partito democratico e del Movimento cinque stelle, usciti vincitori dalle elezioni in Sardegna, ma con un voto di coalizione inferiore del 6,2 per cento rispetto agli avversari? La balzana idea sull’Ucraina della gran parte del Pd-M5s è “diamo loro aiuti alimentari e sanitari, ma non armi”. Come a dire “crepino pure” ma con la pancia piena e gli antibiotici sul comodino. Però toccherebbe anche a noi, dopo. E questo non lo dicono, forse perché non capiscono che Vlad Putin non è Elly Schlein. Può una coalizione che in politica internazionale ha parole di miele, ma che otterrebbe migliaia di Pearl Harbor e Dunkerque in un quarto d’ora, gestire qualcosa di più di un orto collettivo all’Asinara?

Speriamo che le balzane idee di Emmanuel Macron come di Giuseppe Conte siano soltanto sbagliate, e non frutto di calcoli ipocriti. L’idea è che la sottocultura catto-com sia il frutto di errori lunghi più di un secolo. Se fossero invece soltanto degli “ipocriti” che parlano come curati di campagna, alla guisa di don Abbondio eterni e risorgenti, sarebbe molto peggio. Parlare alle masse con la lingua biforcuta, per volgerle a loro favore, sarebbe tristissimo.

Quanto al pressapochismo con cui il centrodestra ha affrontato le elezioni di Sardegna, c’è poco da dire: i quadri dei tre partiti principali sono pessimi in percentuali bulgare. Si piazza un politichetto locale qui, un altro là. Non c’è formazione per mettere in campo dirigenti locali e nazionali in grado di fare politiche pubbliche non avvilenti. Oggi la politica estera è decisiva per il futuro di tutti. Il Governo di Giorgia Meloni sta lavorando bene in quella direzione, ma poi ci sono gli “affari interni” di una nazione, i nostri conti, le nostre fabbriche e le nostre arance. E qui non si possono riciclare arsenico e vecchi merletti, non si può mettere Sancho Panza al posto di Camillo Benso conte di Cavour, né si può contare sempre sull’inconcludenza dei partiti avversari.

Aggiornato il 01 marzo 2024 alle ore 19:55