La Capocrazia: intervista al professor Michele Ainis

Autonomia differenziata, premierato e non solo. Il professor Michele Ainis è l’autore del libro Capocrazia. Intervistato dall’Opinione, affronta varie questioni. Tra il ruolo dei partiti e le garanzie da offrire al cittadino.

Innanzitutto, Professor Michele Ainis, complimenti per il suo nuovo libro “Capocrazia” (Edizione La nave di Teseo). Due, sostanzialmente, sono le questioni di grande attualità: l’autonomia differenziata, da un lato, e il premierato, dall’altro. Quali rischi vede per il sistema-Italia rispetto alla loro attuale formulazione?

Con la riforma Calderoli si assiste a una forzatura dell’articolo 116, anche se effettivamente la sua formulazione non innova rispetto alla norma costituzionale esistente. Tuttavia, vi potrebbero essere profili di incostituzionalità, degni di attenzione da parte del Giudice delle Leggi, per la parte che riguarda l’articolo 5, che recita “La Repubblica è una e indivisibile”.

Nel recente passato, vi è stato un tentativo, coronato da un certo successo, di introdurre il principio della Democrazia diretta, per rafforzare il potere degli elettori nella scelta dei propri rappresentanti. A suo giudizio, in alternativa, si possono individuare strumenti idonei, come il Referendum consultivo, fissando un numero congruo di firme (cinquecentomila, ad esempio) per una proposta di legge d’iniziativa popolare? In merito, ritiene giusto sottoporre sempre e comunque a referendum approvativo le riforme costituzionali?

Sia per il referendum abrogativi che, eventualmente, per quelli consultivi va abrogata la soglia capestro del quorum del 50 per cento più uno dei votanti. Del resto, il Referendum approvativo per le modifiche costituzionali non prevede un quorum e, in quelli che si sono celebrati più di recente, è andato a votare più del 60 per cento degli aventi diritto, contrariamente a quanto è accaduto per i referendum abrogativi. In quest’ultimo caso, è fin troppo facile, per chi è contrario al quesito referendario, giocare con l’astensione per far fallire la consultazione. Considero fondata la questione di sottoporre sempre e comunque le riforme costituzionali a referendum approvativo, una volta terminato l’iter di riforma.

Per quanto riguarda la legge elettorale, a suo giudizio, sarebbe sensato stabilire con modifica costituzionale che riforme di questo tipo siano adottate con legge costituzionale, in modo da coinvolgere di diritto l’opposizione, a seguito della maggioranza qualificata richiesta per la relativa approvazione?

Mi sentirei di dire, piuttosto, che occorrerebbe impedire la presentazione delle riforme elettorali stesse in prossimità della scadenza del mandato parlamentare. Poi, la modifica delle regole del gioco dipende dalle stagioni politiche, e occorre sempre rispettare le scelte degli elettori, anche se sistemi elettorali come quello attuale tendono a espropriarle, a causa delle candidature bloccate. Ma anche i premi di maggioranza hanno lo stesso difetto di fondo di “drogare” la rappresentanza, mentre un sistema proporzionale con un’elevata soglia di sbarramento potrebbe favorire coalizioni coese e, quindi, maggiore stabilità. Non ci sono in generale sistemi perfetti per garantire al contempo stabilità e rappresentatività.

Come mai all’epoca dell’esame della legge elettorale con liste bloccate, la Consulta si limitò semplicemente a ridurre la lunghezza delle liste e non dichiarò tout-court incostituzionale la legge stessa?

Perché anche le leggi elettorali sono figlie del loro tempo. E, poi, le Corti supreme ci hanno abituati nel tempo a vedere modificati e addirittura ribaltati i loro verdetti originali. Vedi i diritti all’uguaglianza dei neri negli Stati Uniti, prima negati e poi riconosciuti dalla Corte Suprema; o le norme sull’adulterio nel diritto penale italiano, con la Corte Costituzionale che prima riconosce come più grave il tradimento della moglie, per poi ripristinare successivamente l’uguaglianza tra i coniugi anche in questo caso.

Qual è stato il difetto maggiore delle ultime riforme costituzionali fatte approvare, rispettivamente, dai Governi Berlusconi (2006) e Renzi (2016), poi entrambe bocciate a seguito dell’esito del relativo referendum approvativo?

Innanzitutto, le riforme costituzionali devono essere omogenee, senza mettere in ballo troppi articoli diversi, come accadde con quella del 2016 che andava a incidere sulle autonomie e sul bicameralismo. Direi, sotto questo profilo, che quella attuale della Meloni riguardante l’elezione diretta del Premier rispetta le suddette caratteristiche di omogeneità.

Ritiene che un sistema diverso per l’assunzione di dirigenti amministrativi e sanitari nelle Regioni, come quello di un concorso unico nazionale e liste di idonei, dalle quali siano obbligatoriamente chiamate ad attingere le Amministrazioni regionali, una volta che si verifichino vacanze di organici, possa agevolare la fissazione e il rispetto degli standard delle prestazioni a livello nazionale e, soprattutto un procedimento omogeneo per la verifica dei risultati?

Sì: credo si possa fare partendo dal modello dei concorsi per le cattedre universitarie.

A partire da quanto da lei analizzato nel suo volume Capocrazia, come si fa a evitare che siano i capipartito a fare il bello e il cattivo tempo sulle candidature, in modo da rendere dirette e significative le scelte degli elettori?

All’epoca della Democrazia cristiana, malgrado la vita mediatamente corta dei governi dell’epoca, era garantita la stabilità del sistema, grazie alla presenza di un solido partito di maggioranza relativa. Altrove, in altri Paesi, i cittadini hanno un’arma in più nei confronti degli eletti che si chiama “recall”, per cui si può sfiduciare un rappresentante eletto nel collegio uninominale. E, in America, in alcuni Stati il recall vale anche per la dirigenza amministrativa degli enti locali. Ma se attuato qui da noi servirebbero delle garanzie serie, dato che se sono le opposizioni a convocare il recall. Poi, in caso di sconfitta, a uscire rafforzata è proprio la maggioranza. In generale, direi che la migliore garanzia da dare alla scelta del cittadino siano le primarie di collegio, in modo da superare l’ostacolo della “Capocrazia”.

Aggiornato il 21 marzo 2024 alle ore 11:05