Pagina 5 - Opinione del 22 -8-2012

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il fallimento della casa fotografica.
Il grande mediatore non si è potuto
nascondere dietro il grande mercato
globale del divertimento. Ha mani-
festato nervosismo in paginate giu-
stificatorie a pagamento da 25mila
euro l’una di fine luglio su
Repub-
blica
,
Corriere
e
Messaggero
ed è
infine esploso in una apposita con-
ferenza stampa, minacciando di
cacciare 50 persone: «Andate a ve-
dere come funzionano gli impianti
internazionali». Secondo il Nostro,
che rilevò la ruota del ParkEur per
chiuderla per sempre, funzionano
soprattutto con accomodation che
soddisfino le troupe straniere, per
esempio con un grande albergo con
parcheggio e centro fitness presso
il teatro 9. Il rilancio ed il risparmio
di $200 milioni il presidente di Ci-
necittà Studios li immagina nel ta-
glio, più che del lavoro, delle atti-
vità: a parte quella del Cat, la
post-produzione con 90 lavoratori
(Cinecittà Digital Factory) passata
alla multinazionale inglese Deluxe
ed il settore mezzi tecnici tv con 6
alla Panalight.
Abete, costretto dagli eventi, ha
difeso il 1° agosto alla Commissio-
ne Cultura del Senato con energia
il cambiamento strutturale di Cine-
città. Solo il fatto di avere vantato
60 milioni di investimenti in 3 lustri
sarebbero stati sufficienti per dimo-
strare che non è un imprenditore.
Pian piano è partito il pellegrinag-
gio in difesa del brand per lo storico
sito di via Tuscolana: sono venuti i
segretari sindacali, prima Angeletti,
poi Camusso, persone di Polverini,
Alemanno e Zingaretti, poi studen-
ti, centri sociali, anche le Botteghe
Storiche di Roma a esprimere soli-
darietà. il presidente del municipio
ha spronato i lavoratori a fondare
una cooperativa.
Sel, Idv, pezzi del Pd, Fabio
Rampelli e Marco Scurria (Pdl) del-
le commissioni Cultura dei parla-
menti italiano ed europeo hanno
cercato di mettere il cappello poli-
tico sulla vicenda. Tutti concordi
con Angeletti: «Cinecittà è come
Fiat e Finmeccanica: segna il livello
produttivo italiano. Non può essere
abbandonata perché ci rappresenta
nel mondo come la Ferrari».
Buone volontà ed auspici per co-
se diverse, produzione, tutela e for-
mazione, fatte da soggetti diversi
che spesso con i lavoratori a rischio
non c’entrano. Non si risponde al
paradosso di un cinema come quel-
lo italiano, che fattura più di 4 mi-
liardi (solo nel Lazio 2,8) e vive in-
sieme le occupazioni di sale e teatri
per paura che tutto si riduca a edi-
lizia e centri commerciali. 4 miliardi
non sono male rispetto agli 11 dei
5 colossi (Paramount, Universal,
Disney, Sony Pictures e Warner
Bros) di Hollywood o dei 12 di
Bollywood (Gimmicks Productions,
Cinedreams Adlabs, BR Films,
Mukta Arts, Rajshri Pictures, Ya-
shraj), della Cina che cresce alla me-
dia del 35% o dei 500 milioni del
nigeriano Nollywood.
Nel mondo globalizzato tutti
fanno cinema e lo vendono a tutti.
Tra rete veloce, satellite e digitale
terrestre mai si è avuta un’epoca di
così grande fruizione di fiction ed
audiovisivo. Il film settimanale di
famiglia si è trasformato nelle de-
cine di prodotti visualizzabili e con-
sumati da adulti e bambini alla set-
timana se non quotidianamente. Il
consumo avviene più in tv che al
cinema; ma anche la tv viene ora
sorpassata dal digitale: il computer
per ora, poi toccherà a
tablet
e
smartphone
. Le produzioni Usa, in-
diana, cinese trasbordano dovunque
ed in tutte le forme, il grande cult
movie, il racconto territoriale, sto-
rico, il serial fino a tutte le varianti
miste tra realismo spicciolo e intrat-
tenimento pomeridiano. Il cinema
mondiale è ovunque finanziato dal
sostegno pubblico, che in Europa
vale 2 miliardi, in Francia tramite
lo storico Cnc 750 milioni. Il nostro
Fus eroga 76 milioni, ma bisogna
tenere conto della scoperta italiana
della dimensione piccolissima re-
gionale. Ogni territorio ha una Film
Commission per attrarre produzio-
ni; solo il Lazio, dotatosi a marzo
di una nuova legge sul cinema,
spende 50 milioni in un contesto
che, si dice “non avrebbe bisogno
di incentivi” e nel quale a detta
dell’assessore alla cultura Fabiana
Santini comunque «Cinecittà non
è di competenza della Regione». Un
altro milione se ne va per mille mi-
nirassegne dei comunelli dell’entro-
terra. 22 Cnc regionali, oltre i ri-
spettivi Filas e Unionfidi, pesano
centinaia di milioni, sono costosis-
simi oltre che controproducenti, fi-
nanziando localmente film magari
girati nell’estero limitrofo. L’aiuto
locale, poi, confonde produzione
con gli innumerevoli festival, una
partita di giro che distrugge e non
costruisce. Finanzia pubblicamente
la pubblica RaiCinema che diventa
spietata concorrente e non partner
strategico. Le tlc francesi con 40, le
sale con 130 e gli operatori tv con
530 milioni restituiscono al Cnc
quasi tutto l’aiuto. Non che tv, tlc
e sale italiane non paghino tasse;
semplicemente i soldi non tornano
nel circuito (così alle 1744 sale ita-
liane con 3817 schermi tornano so-
lo 8 milioni). C’è poi il tabù della
sala: il cinema di qualità, viene det-
to, è solo in sala ed all’uopo sta av-
venendo la megatrasformazione de-
gli schermi in 3D. Nel mondo 2011
(Motion Picture Association)
le sale
incassano $32,6 miliardi e l’anno
scorso negli Usa si è registrato il
peggior risultato dal ’95, solo 10,2
miliardi (-5%) per 1,28 miliardi di
biglietti. La sala è piena di divieti e
di etiquette, con biglietti che costa-
no l’80% rispetto a vent’anni fa e
che costeranno di più per la digita-
lizzazione. Risultato: l’occidentale
i film li guarda a casa sul pc, spesso
scaricandoli gratis. Quello della sala
è un mito inutile difeso fino all’ul-
timo, come fino all’ultimo è stata
tenuta la trincea della pellicola fin-
chè non ha chiuso anche Technico-
lor. Un mito difeso anche male
quando l’europarlamento rifiutan-
do, per la prima volta nella sua sto-
ria, un trattato internazionale, quel-
lo sui diritti d’autore (Acta), nei fatti
dà via libera al free download. D’al-
tronde solo ora l’editoria si accorge
che con i Dmr – i software di sicu-
rezza - si avvantaggiano solo i gran-
di monopolisti, Apple e Amazon.
Gli incassi delle sale italiane supe-
rano i 100 milioni, una quota pic-
cola del fatturato di settore. Il cine-
ma mondiale non si ferma alle
7400 sale del globo ma vive del gi-
ro industriale dei diritti tv, web,
marketing, delle sponsorizzazioni
dirette, dei gadget, dei dvd e ogni
altro supporto, e della pubblicità
che solo in Italia vale 60 miliardi.
Nei giorni della morte di Renato
Nicolini, re dell’effimero, ancora si
misura quanto sia sbagliata la sua
ricetta, vera nemica dei lavoratori
di Cinecittà: localismo spinto al-
l’estremo, finanziamento del con-
sumo, non della produzione, esal-
tazione delle caste familiari
culturali, rifiuto del trend tecnolo-
gico in favore del
pane et circenses
dei festival.
Frutto di quel mondo è anche
l’insopportabile unidirezionalità
ideologica degli autori italiani che
malgrado i flop al botteghino trat-
tano sempre di complotti, povertà
e caimani e non sanno trovare un
solo spunto positivo in un paese
leader in tanti campi. In un mondo
che va verso i 50 miliardi di cine-
produzione mondiale, nella copia-
tura e distribuzione libera digitale,
quanto serve è finanziare solo ciò
che leghi tutta la filiera digitale e
del cinema, offrire a tutti risorse di-
gitali di produzione e di postpro-
duzione per invogliare i talenti, in-
tervenire a livello nazionale e
continentale. Esattamente l’opposto
di quanto avviene, mentre ci si bea
della visita guidata con navette al
museo vivente di Cinecittà. È la Rai
che dovrebbe usare le competenze
di Cinecittà, non come un peso ma
per crescere in una produzione ora
chiusa nel suo provinciale. Il gover-
no, da Ciampi a Passera, non do-
vrebbe disfarsi dai problemi ma af-
frontarli. Né ci sarebbe niente di
male nell’ammettere che un grande
mediatore non sia all’altezza delle
difficoltà imprenditoriali. Qui inte-
ressa fino ad un certo punto la que-
stione occupazionale, poiché di
mezzo ci va una questione più gran-
de: quella della capacità e della vo-
lontà produttiva. Il cinema prodotto
sostiene la cultura dell’intratteni-
mento e non il contrario.
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SOCIETÀ
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L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 22 AGOSTO 2012
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