L’Italia in Kansas

“Ho l’impressione che non siamo più in Kansas”, diceva Dorothy ne “Il Mago di Oz”. Ebbene, oggi in realtà siamo a Kansas City, città al confine tra Kansas e Missouri, dove incontriamo l’ospite della nostra intervista: Gino Serra (nella foto), vice console onorario italiano. Anche nell’area del Midwest gli italiani hanno lasciato il segno e continuano a farlo, come vedremo. Insieme ad altri professionisti, Serra ha fondato la Camera di Commercio Italiana a Kansas City.

Quali sono le attività del suo Consolato onorario, e quali le aree che coprite?

Io sono il vice console per lo Stato del Kansas, ma copro anche il Missouri occidentale, perché c’è un vice console a Saint Louis che copre la parte orientale del Missouri; inoltre sono di mia competenza anche gli Stati confinanti come Nebraska e Oklahoma. Le persone che utilizzano i nostri servizi sono cittadini americani che stanno per visitare l’Italia o cittadini italiani. Il Consolato generale più vicino si trova a Chicago, e penso che sia quello che copre il maggior numero di persone tra i Consolati italiani negli Usa: si tratta di una vasta area. Facciamo molti visti per gli studenti, in particolare in questo periodo dell’anno. Sono molti infatti gli studenti americani che vogliono studiare all’estero, in Italia, e il Consolato rende loro la vita più semplice permettendo di poter fare i documenti presso il vice console, il ché significa che per molti di loro basta guidare fino a Kansas City senza volare fino a Chicago: firmano la richiesta del visto di fronte a me e io applico il timbro del Console italiano; successivamente basta inviare le carte, tra cui il passaporto, che viene poi spedito indietro con il timbro del visto. In alcuni altri casi è più difficile: per esempio, in certe situazioni, quando la richiesta è per un visto di lavoro, è obbligatorio andare a Chicago. Poi lavoriamo su molte certificazioni, sempre confermando che chi è davanti a me e firma un documento è in realtà chi dice di essere. C’è una vasta gamma di pratiche per cui questo può accadere: chi percepisce una pensione italiana ogni anno deve certificare l’esistenza in vita e il fatto che non abbia altra fonte di reddito; c’è chi eredita dall’Italia; c’è chi sta facendo le carte per avere la cittadinanza italiana; ci sono coloro che vogliono sposarsi in Italia, per i quali c’è un procedimento non semplice da compiere; poi facciamo assistenza generale agli italiani che si trovano ad essere nella nostra giurisdizione, sia chi vive qui ma anche chi è solo di passaggio. Un esempio: se qualcuno dall’Italia affitta una macchina e sta guidando qui e viene fermato da un agente di polizia, quando questi chiede di vedere la patente di guida, ovviamente gli viene esibita una patente italiana. Il poliziotto non capisce il documento, forse può pensare che ci sia l’ipotesi di un caso di immigrazione clandestina, e quindi sono io che devo parlare con l’ufficiale di polizia e spiegare che gli italiani sono temporaneamente ammessi - come visitatori - ad usare la loro patente anche qui.

Lo scorso novembre l’ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Claudio Bisogniero, ha visitato Kansas City. Era la prima volta in oltre cinquant’anni che Kansas City riceveva la visita dell’ambasciatore; c’era anche il Console generale di Chicago, Adriano Monti. A me è spettato il compito di organizzare le visite alle istituzioni culturali, alle aziende, gli incontri con le associazioni: questa è la parte di rappresentanza dell’Italia. Io sono anche nel corpo consolare, qui a Kansas City abbiamo 25 Paesi rappresentati.

Quindi, queste sono le nostre attività generali. Si tratta di un vice consolato onorario, non è una posizione pagata: lo faccio come volontariato. Ci vuole un po’ di tempo da dedicare ogni settimana, ma io sono felice di farlo. Ho iniziato nel 2010, mio padre era il precedente vice console e quando ha raggiunto l’età di pensionamento obbligatoria mi ha chiesto se volevo farlo e ho detto di sì: così sono andato a Chicago per fare alcuni colloqui, partecipare a qualche incontro e poi hanno deciso di nominarmi.

Ci sono molti italiani nella vostra zona?

È sempre difficile rispondere perché i cittadini italiani devono registrarsi all’Aire al relativo Consolato, ma non tutti lo fanno. Tra di loro ci sono due gruppi, in sostanza: quelli più anziani, che sono qui da un lungo periodo di tempo; e poi i più giovani, che sono venuti qui di recente per lavoro o perché hanno sposato qualcuno proveniente da questa zona. La mia sensazione è che, probabilmente, potrebbero essere tra i cento ed i duecento al massimo. Gli italoamericani invece sono in un numero molto maggiore, perché Kansas City e St. Louis sono state due grandi destinazioni per l’emigrazione italiana per 100 anni. Così, la popolazione americana italiana è numerosa, ma stiamo parlando di italiani di terza, forse quarta generazione, che in alcuni casi hanno perso il loro collegamento con l’Italia. Direi che tra Kansas e Missouri vivono almeno 250mila persone di origine italiana.

Qual è la loro storia?

Proprio come le altre città degli Stati Uniti, Kansas City e Saint Louis videro arrivare molti italiani durante gli anni dell’emigrazione di massa alla fine del 1800 e all’inizio del 1900, quindi tra le due guerre, e poi dopo la Seconda guerra mondiale: praticamente l’immigrazione si è fermata tra gli Anni Sessanta e Settana dello scorso secolo. In Kansas ci sono diverse industrie, a seconda delle diverse città. Kansas City è stata una grande area di lavorazione della carne; Chicago era la più grande degli Stati Uniti, ma per lungo tempo Kansas City è stata la seconda città per questo business. Oggi siamo anche il secondo nodo ferroviario commerciale negli Stati Uniti. Tutte le principali linee ferroviarie passano qui, e moltissimi capi di bestiame sono sempre transitati per quest’area. Così, c’erano moltissimi recinti per bestiame e fabbriche per la macellazione e l’imballaggio della carne. Per questo motivo, i moltissimi italiani che arrivarono qui lavorarono nel settore dell’imballaggio della carne e nel settore ferroviario. Nella parte est del Kansas, invece, in posti come Pittsburg, arrivarono tanti italiani a lavorare nelle numerose miniere di carbone: le compagnie che le gestivano andarono in tutta Europa, soprattutto in quella meridionale e orientale, per cercare lavoratori per le loro miniere. Interi villaggi furono praticamente svuotati e trasportati negli Usa, alcuni dei quali in Kansas.

Ci sono luoghi che ricordano la presenza italiana in Missouri e Kansas?

Sia a Kansas City che a St. Louis c’è una Little Italy, come in altre città. A Kansas City si tratta della parte a nord del centro, chiamato “The North End”. È dove storicamente la comunità italiana viveva: ma poi, com’è successo altrove, vennero costruite strade a grande scorrimento proprio nel centro della città, praticamente distruggendo il quartiere. Gli italiani non avevano né il potere né i soldi per combattere questa decisione, e quindi intorno agli Anni Quaranta o Cinquanta si spostarono fuori dal centro della città, a nord o nord-est, nei sobborghi. Il North End è ancora molto attivo, ma la stragrande maggioranza degli italoamericani è sparsa un po’ ovunque.

C’è un aneddoto che ti piacerebbe raccontare per spiegare un aspetto del rapporto tra l’Italia e la vostra zona?

Te ne dirò alcuni. Abbiamo il più grande museo del mondo sulla Prima guerra mondiale, qui a Kansas City. Vengono onorati e ricordati tutti i combattenti, non solo da un determinato Paese. Fu aperto nel 1921, subito dopo la fine della Grande Guerra, e quella fu la prima volta che tutti i generali alleati si riunirono insieme nello stesso luogo, tra cui il generale Armando Diaz, che partì dall’Italia per arrivare fino a qui.

Un’altra storia risale al 1955. Alberto Sordi venne in visita a Kansas City e ricevette la cittadinanza onoraria, per merito del suo personaggio in “Un americano a Roma”, che diceva sempre a tutti “sono di Kansas City”. Così fu invitato, c’è un video in cui porta un cappello da cowboy, fa roteare una pistola, e fu fatto cittadino onorario.

Qualcosa di più recente: c’è in atto una collaborazione tra l’Università del Missouri e i Musei Capitolini di Roma: hanno inviato nel Missouri decine di casse piene di centinaia di migliaia di reperti risalenti all’inizio dell’Impero Romano; la collaborazione si chiama “Hidden treasures of Rome” (Tesori nascosti di Roma). Come risultato dell’Unità d’Italia, nel 1870 in tante parti di Roma molti luoghi furono distrutti per costruire nuovi edifici governativi e altri progetti di pubblico utilizzo. Così rimase una grandissima quantità di materiale archeologico, ma non c’è mai stato tempo di studiarlo e valorizzarlo, quindi tutto era rimasto chiuso nelle casse in cui era stato messo, per più di cento anni. Non c’è mai stato il tempo ma anche il denaro, così è venuta l’idea di collaborare con l’Università del Missouri, che ha un grande programma di archeologia. L’accordo è stato questo: Roma invia tutti questi reperti e l’Università del Missouri accetta di farci lavorare i suoi studenti per studiarli, catalogarli e restaurarli. Questo è ciò che sta per accadere per i prossimi anni, tutto è già stato spedito, e così ora c’è in piedi questo grandissimo progetto nel Missouri, che riguarda centinaia di migliaia di reperti dell’epoca romana.

Abbiamo altri esempi di collegamento fra questa zona e l’Italia. C’è molta architettura a Kansas City, molti degli immigrati italiani che vennero qui avevano grandi doti artistiche e di manualità. Infatti sono molti i vecchi edifici in cui si trovano tracce del lavoro degli italiani come scalpellini. Abbiamo anche un meraviglioso museo d’arte a Kansas City, il “Museo Nelson-Atkins of Art”, con tante opere che provengono dall’Italia. Il mio preferito è il San Giovanni Battista del Caravaggio, che è eccezionale. Poi abbiamo un meraviglioso nuovo “Performing Art Center” e in autunno avremo la “Chicago Symphony”, diretta da Riccardo Muti. Abbiamo anche importanti aziende italiane qui rappresentate, come Finmeccanica ed Enel, molto attive in quest’area; sono loro che hanno sponsorizzato i programmi con l’Università del Missouri, e hanno anche un gran numero di parchi eolici in Kansas.

Sei anche tra i fondatori e nel Cda della neonata Camera di Commercio Italiana a Kansas City: è incredibile come noi italiani non smettiamo mai di dare vita a meravigliosi progetti come questo, che conferma quanto spazio ci sia in tutti gli Stati Uniti per migliorare la promozione dei prodotti italiani, e non solo nelle principali città delle due coste. Puoi dirci qualcosa su questo argomento?

Sì, la Camera di Commercio è un’istituzione appena nata. Oltre a me, i fondatori sono Giorgio Antongirolami, Emilia Carlson, Maria Cristina Pilla, Antonio Soave, Stefano Radio e Paola Ghezzo. Abbiamo una grande storia di relazioni con l’Italia, certo, ma siccome non c’è più un grande numero di italiani qui, il collegamento con l’Italia rischia di perdersi. Luoghi come San Francisco non hanno questo problema, perché penso che ogni giovane italiano dica: “Mi piacerebbe andare a lavorare in California”. Conoscono bene le due coste, ma non hanno idea di quello che succede nel centro degli Stati Uniti e la maggior parte dei giovani che arrivano tendono ad andare dove ci sono altri come loro. Così, possono andare a New York, a Boston, a Chicago, a Miami e poi trasferirsi sull’altra costa in California. La nostra idea è quella di creare un ponte tra questa parte del Paese e l’Italia, rinnovare i legami. Ci sono molte opportunità qui, c’è un sistema di supporto e una comunità italoamericana che ha bisogno di riaccendere la connessione e rendere l’Italia rilevante nella vita quotidiana delle giovani generazioni attraverso il linguaggio, la cultura, il commercio. Ci sono state probabilmente centinaia di organizzazioni italoamericane negli ultimi cento anni. Ogni piccola città, ogni piccola zona d’Italia - in particolare dal sud - che ha inviato immigrati nel Kansas era rappresentata qui da un’associazione. La stragrande maggioranza di queste non esiste più; ora probabilmente ne abbiamo solo 3 o 4, e anche loro sono a rischio, ormai, perché i loro membri sono sempre più anziani e i loro figli non sempre partecipano. Ci sono altre organizzazioni essenzialmente dedicate solo all’aspetto sociale, che è importante: ma per qualcuno di 20 anni potrebbe non essere sufficiente a far venire la voglia di mantenere il collegamento con l’Italia. Forse i più giovani vogliono imparare la lingua, probabilmente vogliono viaggiare in Italia, riconnettersi con i loro parenti, lavorare e studiare in Italia. C’è un altro aspetto al quale stiamo pensando, ed è quello di cercare di aumentare l’interazione tra i pochi italiani arrivati qui di recente e la comunità italoamericana presente da tempo. A volte questi gruppi non sentono una forte connessione l’uno con l’altro. Io penso che invece ci dovrebbe essere più collaborazione e condivisione tra questi due mondi. Questo è uno dei modi più importanti nei quali la comunità italoamericana potrebbe riconnettersi con l’Italia moderna, non solo con quelli che forse ricordano o quella dalla quale vennero i loro nonni.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:15