L’Italia perde il Risciò e resta a piedi

La vera notizia non è che i cinesi abbiano pensato, scritto e prodotto una monumentale opera lirica, bella per di più. E nemmeno che l’opera in questione, “Il Ragazzo del Risciò”, sia arrivata per la prima volta in Italia proprio in questi giorni. La vera notizia, che colpisce e indigna, è che Giuseppe Cuccia, consulente artistico del National Centre for Performing Arts (Ncpa) di Pechino, non abbia nemmeno ricevuto risposta alle numerose mail inviate ai teatri lirici italiani, con le quali proponeva “Il Ragazzo del Risciò” assolutamente gratis! Sì, avete letto bene: l’Ncpa di Pechino si sarebbe accollato tutte le spese di trasferta ed allestimento pur di far conoscere ed apprezzare questa famosa opera cinese al pubblico di melomani più difficile del mondo: quello italiano! E qui la nostra sorpresa: in un periodo storico così nero nel nostro Paese per la cultura e per l’arte noi, piccoli italiani, abbiamo affermato ancora una volta il nostro provincialismo rifiutando un’offerta, culturale ma anche economica, tanto allettante. E mentre i nostri teatri, anche gli enti lirici, dichiarano bancarotta e rinunciano a programmare le nuove stagioni, i vari sovrintendenti si permettono il lusso di dire “no” a spettacoli internazionali belli e gratuiti. Roba da chiedere subito le dimissioni.

Per fortuna qualcuno si è dimostrato più lungimirante e ha accettato immediatamente l’offerta cinese. Stiamo parlando del Teatro Regio di Torino, che ne ha fatto addirittura lo spettacolo di apertura stagione (e di chiusura di Mito), il Carlo Felice di Genova ed il Teatro dell’Opera di Firenze. Tutti gli altri teatri italiani non sono mai pervenuti o hanno declinato l’invito con un semplice “non ci interessa, grazie”. Rode quindi il doppio, dopo aver visto la bellezza di quest’opera, aver constatato come l’Italia abbia perso l’ennesima occasione. Stiamo parlando di un’opera lirica che è destinata a diventare l’Aida mandarina (il coro finale è una sorta di “Va pensiero” cinese) e che non era mai uscita dalla Cina. Basti anche ricordare come a Torino siano venuti giornalisti da mezza Europa per assistere a questa prima tanto particolare.

Storia diversa a Milano e Parma, dove nessun teatro è stato messo a disposizione dell’Ncpa, ad esclusione di due auditorium (La Verdi di Milano e il Paganini di Parma). L’opera è stata così presentata al pubblico lombardo-emiliano sotto forma di concerto. Viene da chiedersi come mai questo snobismo culturale da parte degli enti lirici. Possibile che nessuno dei direttori artistici di questi famosi teatri abbia fiutato l’affare? La Cina, volente o nolente, rappresenta un mercato culturale ampio 1,35 miliardi di persone e l’Ncpa rappresenta la massima autorità teatrale del Paese. Mercato che, lo sottolineiamo una volta per tutte, guarda all’Italia con soggezione ed ammirazione. Sarebbe stato possibile offrire uno scambio di produzioni. Sarebbe stato possibile proporre nuove co-produzioni Italia-Cina. Sarebbe stato possibile creare un legame continuativo con l’Ncpa a costo zero. Ma lo sappiamo bene: con i “se” e con i “ma” non si va avanti. Ed infatti, in Italia, non andiamo da nessuna parte!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:34