Il “Pomo della discordia”: “Identità” di… scena

Il “Pomo” non era quello di Paride, ma di Adamo. Carlo Buccirosso gioca l’equivoco con il suo spettacolo “Il Pomo della discordia”, di cui è autore, regista e protagonista principale, in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 4 febbraio. In verità, si potrebbe rinominarlo “Fiocco Arcobaleno” (terza scelta tra rosa e azzurro) in cui la panoplia dei generi sessuali va da etero a omo nelle due versioni, bisex, gender e trans. In tal senso, la casa di un tranquillo (si fa per dire…) notaio diviene un’antologia della psicoanalisi moderna in fatto di gusti sessuali, in cui l’identificazione con i profili materni e paterni non è più certa, fino a perdere del tutto senso in un contesto di libertà sfrenata dei costumi sessuali. Ed è proprio la questione fondamentale della “Identità” a essere messa seriamente in discussione, giocando con la dissimulazione perbenista e il dato di realtà. In una bella pièce, molto più amara di quanto il brillante comico napoletano ci voglia far credere, sono allineate in ordine confuso le varie tendenze sessuali, trattate un po’ a matrioska, sistemandosi e comprimendosi una nell’altra in uno stesso individuo.

Soprattutto quando si passa dalla fase adolescenziale a quella adulta, di omosessuale conclamato come il trentenne Achille figlio del notaio Tramontano, costretto a ripararsi dietro il paravento della sorella complice e consenziente per dissimulare il suo fidanzamento con un coetaneo che, malvolentieri, gioca la parte etero del fidanzato di lei. Ma, la vera contrapposizione dolorosa avviene in seno alla coppia genitoriale, perfettamente normale e “regolare” nei propri rapporti intimi contraddistinti da un ménage che si rafforza e non sfuma con il passare del tempo. Così, la festa di compleanno di Achille diviene la vera palestra dello scontro generazionale, con un padre che non vuole saperne di accettare quello che ha capito da sempre della natura di suo figlio, in cui la moglie e madre del “diverso” fa da controspinta erigendosi da autentico contrafforte affettivo, in quanto si avvale della potenza e della forza tranquilla del femmineo per riconoscere nella sua creatura qualità profonde che vanno ben oltre l’identità sessuale. Come la sua delicata passione per l’arte, la musica e la composizione in versi di testi e canzoni, in particolare.

Nel trittico compare anche la figura della vice-madre: la governante arguta custode del focolare domestico e depositaria di tutti i suoi segreti, che ama Achille come un figlio e ne tollera tutti gli umori e le stranezze. Ed è lei ad avere l’amore disinteressato di tutti, malgrado le proteste silenziose e aperte contro la sua imbarazzante franchezza. Sorella e fratello hanno lo stesso dono musicale della madre, la bravissima Maria Nazionale, che si esibisce in due canzoni napoletane con voce limpida ed educata, mentre fidanzato e amica di Achille fin dall’adolescenza, suo primo e unico amorino etero, offrono un appassionato spettacolo di danza, coronato dalla prestazione di un bellissimo trans dal corpo statuario, che intona prepotentemente l’aria più famosa della Carmen. Poi, c’è il Cavallo di Troia della relazione tradizionale classica, come il vicino di casa, Architetto di scarso successo e, in ciò, perseguitato dalle battute acide della strepitosa governante che gli preferisce la professione di ingegnere. Quello che confonde le acque, fingendosi interessato ad Achille (e, quindi, affrontato in malissimo modo dal notaio che lo detesta come spasimante uomo di suo figlio), mentre punta invece a sua moglie. Tutto da vedere, insomma!

(*) Per info, prenotazioni e biglietti: Sala Umberto

Aggiornato il 19 gennaio 2018 alle ore 08:19