Dove vai se un Cattelan non ce l’hai

Perdonatemi se mi faccio un po’ di autopromozione, ma l’argomento di cui tratto oggi si presta, dal momento che è appena uscito in una nuova edizione, ampliata e riveduta, sette anni dopo la prima, questa volta per i tipi di Tabula Fati e con l’introduzione di Simonetta Bartolini, il mio libro Senza arte né parte. Come evitare l’arte contemporanea e vivere felici.

Mai come adesso, questa raccolta di miei articoli usciti a loro tempo su varie testate, su temi inerenti all’arte e alla cultura contemporanea, si rivela essere attuale. Infatti, l’ultima trovata artistoide di Maurizio Cattelan ci dà l’esatta cifra del livello al quale è giunta l’arte concettuale nel primo ventennio del XXI secolo. Il Futurismo e le avanguardie del Novecento hanno fallito, ma almeno di loro è restato il segno lasciato, invece mi chiedo chi tra cento anni avrà memoria delle opere di Cattelan o di altri suoi stimatissimi colleghi. Questa volta l’oggetto dell’installazione, dal titolo Comedian, del noto artista è una semplice banana esposta all’Art Basel di Miami Beach, attaccata al muro bianco con del nastro adesivo grigio ad alta tenuta. Quello che normalmente si usa per sigillare materiali di difficoltoso incollaggio.

L’imprevedibile Cattelan forse aveva in mente il ritornello “ma ’ndo vai se la banana nu ce l’hai” cantato da Alberto Sordi e Monica Vitti molti anni fa nel film Polvere di stelle, e di certo rideva, forse sghignazzando addirittura, nell’immaginare divertito che il prezzo di quell’opera “concettuale” avrebbe raggiunto la non disprezzabile cifra di centoventimila dollari.

“Provocazione artistica”, la chiamano, a me personalmente – ma sono certo anche a voi che leggete – l’unica cosa che provoca è una sorta di fastidiosa irritazione causata dal sentirmi vagamente preso per il… naso, da una banana. Il che, non so a voi ma voglio immaginare anche, non rientra nei miei gusti. Ma avviene il colpo di scena, e all’azione provocatoria di Cattelan fa seguito quella dell’artista David Datuna, che dopo aver staccato il costosissimo frutto con pochi morsi l’ha divorato e trangugiato. Il creatore dell’“opera d’arte”, e i galleristi ospiti, comunque hanno conservato i dollari corrisposti, magari precedentemente concordati con Datuna per la performance.

Due opere parrebbero comunque già esser state vendute, con la possibilità per gli acquirenti di sostituire la banana non appena putrefatta, o ingoiata… o anche altro di questi tempi. Questo è quindi, appunto, “lo stato dell’arte” contemporanea dove il nulla è sempre più assurto ad essenza in maniera speculare a un mondo patetico di fasulli in ogni campo, nessuno escluso, dove troppi parlano e scrivono di ciò che non sanno. È la presunta cultura dell’immagine contemporanea, che troppo spesso, invece che essere “per tutti” come vorrebbero i suoi estimatori, si rivela essere la trappola per le élite radical chic, per i sussiegosi intellettualoidi, per gli arricchiti parvenu che credono così di darsi un tono e una dignità che non hanno ora, né mai potrebbero raggiungere.

Lasciamo dunque a Cattelan la sua banana, il suo aureo water closed, le sue provocatorie installazioni, e se proprio vogliamo investire in arte, cerchiamo altrove… qualcosa di bello. Almeno per Natale.

Aggiornato il 10 dicembre 2019 alle ore 10:02