Venerdì 17 febbraio presso l’aula Vanvitelli dell’avvocatura dello Stato si è tenuta la presentazione dell’ultimo volume pubblicato da Umberto Apice, magistrato e scrittore: “Una Musa per Temi. Diritto e processi in letteratura” (Lastaria editore).

Oltre all’autore sono intervenuti: Pietro Curzio (primo presidente di Cassazione), i professori Rino Caputo, Bruno Capponi, Fabrizio Di Marzio e la scrittrice Dacia Maraini, coordinati dall’avvocato Maria Teresa della Cortiglia.

Umberto Apice evoca già dal titolo Themis come ‘capostipite’ ideale, personificazione di una giustizia divina, fautrice dell’ordine divino e dell’equilibrio del cosmo, nonché madre di Dike, una giustizia invece che opera a livello umano.

A motivare un titolo tanto perentorio è il rilevamento di un’analogia di fondo, abitualmente ignorata: “Nel castigo la giustizia si esplica allo stesso modo che nell’elemosina. Essa consiste nel fare attenzione allo sventurato, considerandolo un essere umano e non una cosa. (Simone Weil, Attesa di Dio (1949), a cura di Joseph-Marie Perrin, Rusconi, Milano 1996 pagine 115-116).

Da ciò scaturisce una conseguenza di ordine generale, relativa allo statuto stesso del diritto penale, nel senso che “il carattere legale di un castigo non ha un vero significato se non gli conferisce qualcosa di religioso, se non lo rende simile a un sacramento”, al punto da poter sostenere che “tutte le funzioni penali, da quella del giudice a quella del carnefice e del carceriere, dovrebbero, in qualche modo, assimilarsi alla funzione sacerdotale”.

Umberto Apice ci offre una panoramica completa di tutti i settori del diritto che si incrociano con la letteratura, alcuni esempi: dal diritto di famiglia (Filumena Marturano, di Eduardo De Filippo, Delitto d’Onore di Giovanni Arpino) al diritto successorio (Bleak House di Charles Dickens), al diritto commerciale (Il Mercante di Venezia di William Shakespeare) e al diritto del lavoro (Memoriale di Paolo Volponi, La vita agra di Luciano Bianciardi, Donnarumma all’assalto di Ottiero Ottieri)

È tutto un campo di ricerca inesauribile: il diritto è nella letteratura (Law in Literature), come può essere Letteratura (Law as Literature). Tra fatto e prescrizione normativa si pone allora, soprattutto nella coscienza e nel senso comune, una terza area, il campo della narrazione.

Nel suo essere una prova viva di (ri)congiunzione di mondi, Una Musa per Temi si propone al tempo stesso come un’antologia, che spazia nel tempo e nelle forme espressive della letteratura in senso lato, e come una sorta di compendio di taluni dei più pressanti e spinosi quesiti intorno al tema della Giustizia.

Questo libro offre sia allo studioso di letteratura o al giurista di immergersi in singoli capitoli trovandovi, accanto a una trattazione rigorosa ed esperta, uno sguardo interdisciplinare foriero di spunti sorprendenti e inediti collegamenti.

Umberto Apice pungola chi legge a mantenersi nella salda direttrice che dà causa, come direbbero i giuristi, all’impianto complessivo: l’interrogativo sulla giustizia, il quale non è certo monotono, né univoco, ma anzi a sua volta multiforme e composito.

Non deve allora affatto stupire, in ragione di tutto ciò, che nella storia della cultura universale, aree solo in apparenza distantissime tra loro, come il diritto, la poesia, la letteratura, l’estetica in genere, in quanto momenti di crescita relazionale, comunicativa ed anche sentimentale del genere umano, si siano toccate tanto e siano, in quanto pratiche accomunate dalla discorsività valoriale, finalmente oggetto, soprattutto, di quello specifico interesse in cui si inserisce anche questo prezioso libro.

Vi è poi il difficile rapporto tra giustizia e diritto, di cui la Letteratura proposta da Umberto Apice mette sapientemente in mostra ambiguità e chiaroscuralità, se non addirittura la netta divaricazione: la giustizia che gli uomini attuano mediante il diritto si staglia in tutto il suo polimorfismo, ora umiliante ora esaltante, ora abbrutito ora sublime, mentre la Giustizia si connota, nell’intero volume, come eccedenza che le riduzioni giuridiche e giudiziarie non arrivano, per fortuna, a imbrigliare, nemmeno quando a esse riesca di smentirla e tradirla.

L’autore ci ricorda con Una Musa per Temi che la Giustizia ha una dimensione relazionale, se non altro perché le ingiustizie esigono di venire conosciute e riconosciute, dunque comunicate e, così, narrate.

Il tema della narrazione è pregno di giustizia e la Giustizia è pregna di narrazioni: anche questo è un filo conduttore, un vettore di senso, dell’intera opera che vuole essere un monito al ‘fare Giustizia’.

(*) Tratto dal Centro Studi Rosario Livatino

Aggiornato il 02 marzo 2023 alle ore 09:59