Una bellissima storia d’arte

Trovandomi a Bologna per liete vicende familiari, ho deciso di ritagliarmi un ulteriore spazio per visitare Santa Maria della Vita, collocata a pochi passi dal cuore pulsante della città. All’interno di questa piccola chiesa, incastonata tra le meraviglie architettoniche del capoluogo felsineo, è celata una delle opere d’arte tra le più sorprendenti che abbia mai ammirato. Sette figure di terracotta compongono il gruppo scultoreo denominato il Compianto sul Cristo morto. Ovverosia la scena, qui cristallizzata nella materia plasmata da mano umana e genio divino, che, a detta degli evangeli, si sarebbe dovuta manifestare agli occhi mortali in un frangente temporale collocato, più o meno, nell’aprile di duemila anni fa, subito dopo la deposizione del Nazareno dalla Croce e con il suo corpo adagiato sulla nuda terra del Golgota. Capolavoro? Beh, definirlo come tale reputo sia il minimo sindacale.

Per rendermene conto mi è bastato soffermarmi sulla statua raffigurante Maria Maddalena, posta all’estrema destra della composizione. Siamo presumibilmente alla fine del 1400 e Niccolò dell’Arca – è lui l’autore di tanta meraviglia – è riuscito a fare qualcosa di mai visto prima in termini di realismo fisico ed emotivo. È letteralmente impossibile rimanere inermi davanti a questa figura femminile, stravolta da un dolore lancinante e proiettata verso il corpo privo di vita di quell’uomo che osservò il suo essere donna, laddove gli altri vedevano solamente il suo ruolo di prostituta. Se la storia dell’arte si alimenta costantemente di contemporaneità allora dell’Arca, specialmente con la Maddalena, veste i panni di precursore. In pratica, un protofuturista capace di imprimere il senso del moto mediante i virtuosismi del panneggio oltre che nella scelta sapiente del linguaggio corporeo, tanto da ricordare vagamente l’Umberto Boccioni delle Forme uniche della continuità nello spazio. Ma non solo.

Perché alla dimensione tangibile ve n’è un’altra, diciamo così, più metafisica che rimanda direttamente all’Urlo di Edvard Munch. E, se quest’ultimo rappresenta l’inquietudine per una visione escatologica intrisa di cupo pessimismo per le sorti dell’uomo, nel caso della Maddalena più che un urlo vi è un grido fortissimo e acuto davanti alla morte del suo maestro, una disperazione assoluta dinnanzi alla quale anche la fede più pura appare impotente. Paradossalmente, nonostante la donna sia stata scolpita nell’atto in cui, correndo, giunge dinanzi all’uomo defunto, quel grido – nello stesso medesimo istante – sembra paralizzarla. È la stessa figura colta nell’istante in cui il moto sta per cedere il passo alla stasi più totale, quella cioè indotta dall’orrore per la perdita di ogni cosa. Ora e sempre. E se in Munch vi è l’angoscia per il dirupo che l’umanità, da lì a breve, avrebbe deciso di imboccare tramite il conflitto mondiale, il grido della Maddalena diviene l’anticamera sonora di quell’urlo, di quel monito, di quel malessere esistenziale. Dalla vita alla morte.

Una manciata di secoli dopo, un altro talento della scultura, non sulla terracotta bensì sul marmo, in quello scrigno di tesori partenopei che risponde al nome di Cappella di Sansevero, raccolse quell’infinita pena mariana donandole un senso e facendo rivivere il figlio di Dio nel Cristo Velato. Anche qui venne colta quella frazione di secondo che separa non più la vita dalla morte, ma la morte dalla vita, il nulla dalla risurrezione. Si, il Cristo Velato fornisce un significato al dolore della Maddalena bolognese, andando a sublimare quello strazio in un lirismo purissimo che riscatta e redime e dissolve la perdita di significato nella bellezza viva e vitale di una salvezza eterna. Insomma, è un po’ come se dapprima Niccolò dell’Arca dipinse una siepe e poi Giuseppe Sanmartino ritrasse l’infinito nascosto dietro quell’arbusto. Qualche anno dopo un giovane recanatese avvolse questa parentesi secolare con la sua poetica fatta di pessimismo, eppure di un sincero stupore e di una malcelata meraviglia per il mistero. Ma questa è un’altra (bellissima) storia.

Aggiornato il 20 dicembre 2023 alle ore 11:07