Il Superindice dell’Ibl, dove stiamo andando?

La politica, si sa, ha una discreta tendenza a fare propria ogni buona notizia e quindi non c’è da stupirsi se ha finito per mettere il cappello sul Quantitative easing (Qe) della Banca centrale europea, sul deprezzamento dell’euro, sul Piano Juncker (al crollo del prezzo del greggio non ci siamo ancora arrivati, ma non bisogna mettere limiti alla Provvidenza). Non bisogna quindi meravigliarsi se la si vede intenta a rivendicare il merito del refolo di ripresa che alcuni considerano già in atto. Ma chi volesse rendere un servizio al Paese – e l’Istituto Bruno Leoni prova a farlo quotidianamente – dovrà provare a distinguere meriti e responsabilità: in particolare, capire se ed in che misura le riforme hanno influenzato o influenzeranno la performance economica del Paese sarà la maniera migliore per sostenerne l’utilità e l’urgenza e, al tempo stesso, per riconoscere (perché no?) gli eventuali meriti dell’azione del Governo.

Il Superindice Ibl nasce proprio con questo obiettivo e poggia sull’ipotesi che le mancate riforme siano il motivo principale che ancora separa l’Italia dai suoi partner europei (nell’Eurozona così come nell’Unione europea). Da ciò segue che un programma di riforme che fosse correttamente disegnato e opportunamente comunicato, che venisse prontamente (e senza stravolgimenti) tradotto in provvedimenti legislativi e che fosse poi puntualmente e concretamente applicato dovrebbe, in primo luogo, colmare la distanza – nelle diverse dimensioni in cui questa distanza si manifesta – fra l’Italia ed i suoi partner europei. Del resto, se così non fosse, sarebbe piuttosto difficile convincere i cittadini della necessità di una politica di riforme.

Cosa sia il Superindice Ibl lo spieghiamo altrove. Qui basterà ricordare che è una misura sintetica e di facile computo della distanza fra l’Italia ed i suoi partner europei. Una misura basata su informazioni liberamente accessibili e regolarmente aggiornate da fonte ufficiale e terza, in maniera tale da consentire un monitoraggio continuo, agevole ed indipendente dell’impatto dello sforzo riformatore. Un indice che, con le dovute cautele, trimestre dopo trimestre ci aiuterà a capire se e quanto, rispetto all’Europa, sarà lo sforzo riformatore (if any) del Paese.

Per il momento, il Superindice Ibl conferma quel che da tempo andiamo dicendo: a far data dall’entrata nell’euro la distanza fra l’Italia e la media dei Paesi membri dell’Unione è sia pure lievemente cresciuta mentre quella fra l’Italia e la media dei Paesi che hanno adottato l’euro si è solo molto marginalmente ridotta. Al ritmo sperimentato nell’ultimo quindicennio, ci vorrebbero decine di anni per vedere l’Italia attestarsi sui livelli medi dell’Eurozona. E non è detto che l’Eurozona possa aspettare.

 

(*) Editoriale tratto dall’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:21