Superbonus: non esistono soldi pubblici

Esistono solo soldi che lo Stato prende ai contribuenti

In un celebre discorso all’assemblea dei conservatori inglesi, Margaret Thatcher sillabava il lemma che avrebbe ispirato tutta la sua premiership. Parole che, pronunciate in inglese, suonano ancora più stentoree: “There is no such thing as public money, there is only taxpayers’ money”. Sfidando l’impopolarità, la Lady di ferro, ereditata la guida di un Paese in profonda crisi, riusciva a far arretrare la presenza pubblica nell’economia e a risanarla.

Eppure, dimentichi della lezione della Thatcher, molte di quelle forze politiche e rappresentanze imprenditoriali che, fino a ieri l’altro, si pronunciavano liberali, protestano oggi contro il decreto del Governo che ha imposto uno stop alla cessione del credito dei bonus edilizi per nuove opere non ancora “cantierizzate”. Una misura che, peraltro, non elimina la detraibilità fiscale delle opere agevolate, a parte il progressivo “décalage” già deciso a fine anno scorso.

Il precedente regime, comunque, non imponeva alle banche di accettare la cessione dei crediti fiscali originati dai bonus edilizi: era una possibilità, non un diritto. Ma si sa: in Italia, quando si apre la prima, questa subito dopo diventa il secondo. Da parecchio tempo è difficile trovare istituti ancora disponibili, perché troppi di essi hanno i portafogli ingolfati da crediti da bonus edilizi e poca capienza fiscale per acquistarne altri. E perché la curva dei tassi di interesse in crescita rende ancora più oneroso prenderli nel portafoglio stesso.

Quello che si può fare, ora, è trovare strade per riattivare il mercato secondario per salvare le troppe imprese rimaste con miliardi di crediti incagliati. Tutto ciò avrà un ulteriore costo a causa della stretta sui tassi avviata dalla Banca centrale europea. E, a pagare, saranno sempre i contribuenti. Per quanto riguarda il bilancio pubblico, i 110 miliardi di minori entrate, derivanti dalle agevolazioni fiscali, si traducono ogni anno in un deficit di entrate di 11 miliardi. Questo dovrà essere compensato con nuove tasse, visto che non si possono sforare i limiti imposti dal patto di stabilità o con un nuovo debito. Il tasso medio implicito del debito italiano viaggia, già adesso, sopra il 2,5 per cento. Basta fare un rapido calcolo per capire quanto ci costerà.

Chi scrive, avrebbe preferito che i Superbonus edilizi, in nessun altro Paese così generosi come in Italia, fossero abrogati del tutto, perché beneficiano pochi, ma ricadono sulle spalle di tutti. In ultima analisi, questa vicenda insegna che gli interventi dello Stato nell’economia sono fuochi di paglia. Ardono velocemente e, altrettanto velocemente, si estinguono. Le imprese sorte subito, grazie ai bonus, altrettanto rapidamente usciranno dal mercato. Il Pil, drogato dagli aiuti pubblici, lascerà solo cicatrici nei conti della finanza pubblica e distorsioni nei prezzi. Sempre che lo shock non inneschi anche una serie di fallimenti bancari come nelle Savings and Loan americane degli anni Ottanta, affogate nei troppi e facili mutui immobiliari.

E allora il “Mes che non useremo mai” ci verrà imposto da Bruxelles. Ma la colpa sarà di chi ha cercato di fermare il disastro, non di chi lo ha causato in origine.

Aggiornato il 20 febbraio 2023 alle ore 09:41