Il “Whatever it takes” di Christine Lagarde

Le parole delle banche centrali possono esercitare un impatto significativo sui mercati, sull’economia e sulla vita delle persone. Per questo motivo la comunicazione è a tutti gli effetti uno degli strumenti che utilizzano per aiutarsi a raggiungere gli obiettivi prefissati. Nell’estate del 2012, la frase Whatever it takes (traducibile con “Costi quel che costi”) pronunciata dall’ex presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi nella Global Investment Conference di Londra è servita a placare le preoccupazioni dei mercati sulla tenuta dell’euro in seguito all’aumento degli spread nei Paesi che i giornali europei avevano iniziato a definire Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda Grecia e Spagna). A undici anni di distanza, la presidente della Bce Christine Lagarde ha individuato nell’inflazione il principale rischio dell’eurozona.

Se Draghi si era detto disposto a proteggere Whatever it takes l’euro dalla crisi finanziaria, in un’intervista al Gruppo editoriale spagnolo Vocento, pubblicata il 5 marzo sul sito della Bce, Lagarde ha annunciato di essere pronta a Whatever is needed (“Tutto quello che serve”) per contenere l’inflazione e riportarla dall’8,5 di febbraio al 2 per cento. Questo significa che è molto probabile un imminente aumento dei tassi di interesse. “Non abbiamo un tetto ai tassi, abbiamo l’obiettivo di portare l’inflazione al 2 per cento. Posso dire che i tassi saliranno, perché abbiamo ancora molto lavoro da fare”, ha risposto Lagarde a una domanda, nella stessa intervista, su quanto possa crescere ancora il costo del denaro e se siano possibili aumenti nei tassi anche durante il 2024.

In audizione alla riunione plenaria del Parlamento europeo del 16 febbraio, Lagarde aveva anticipato che il 16 marzo sarebbe stato probabile un rialzo dei tassi di interesse di 50 punti base, intenzione che è stata confermata dalle dichiarazioni successive. Nonostante la leggera ripresa economica, un aumento del costo del debito pubblico italiano e la minore disponibilità della Bce a comprare i titoli di Stato possono indurre il governo ad intervenire con misure straordinarie a sostegno dell’economia. Un punto di partenza può essere la vendita di quote del patrimonio immobiliare pubblico trasferito agli enti locali ad investitori privati tramite fondi di investimento creati ad hoc.

La prima banca italiana per capitalizzazione, Intesa Sanpaolo, si è già dichiarata disponibile a creare e vendere quote di fondi immobiliari in cui far confluire questi cespiti. Il suo amministratore delegato, Carlo Messina, si è fatto portavoce di questa idea in diverse occasioni, tra interviste e convegni anche in presenza dell’allora ministro dell’Economia e Finanze (Mef) Giovanni Tria, che si è limitato a rispondere che avrebbe approfondito la proposta del banchiere. L’aumento dei tassi di interesse e le crescenti preoccupazioni in Germania e nei Paesi cosiddetti Frugali (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia) sulla sostenibilità del debito pubblico italiano potrebbero indurre l’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ad accogliere la proposta del ceo di Intesa Sanpaolo. Una collaborazione in questo senso sarebbe auspicabile.

Aggiornato il 07 marzo 2023 alle ore 11:55