Gli Eurobond: le illusioni non finiscono mai

A fronte delle crescenti istanze mosse dalla necessità di far fronte ai continui bisogni dettati dalla politica, come la rivoluzione green, dal mantenimento della competitività, vedi la nota di Mario Draghi che suggerisce 500 miliardi di euro per 20 anni, dalla lotta alla Russia nella disperata guerra in Ucraina, è stato suggerito da alcune voci dell’Unione europea il ricorso all’emissione di Eurobond da far sottoscrivere ai privati, per offrire una sponda all’enorme debito che sembra incombere sulle nostre sperdute teste. Tuttavia, non si potrebbe pensare a questo intervento in un momento peggiore per darne l’avvio. Ma come sempre le illusioni non finiscono mai, forse perché come scriveva William Shakespeare ne La tempesta: “Siamo fatti della stessa sostanza con cui sono fatti i sogni”.

Il primo problema da affrontare è la complessiva situazione debitoria dei Paesi dell’Ue, generata da una serie di molteplici danni fatti dalla rivoluzione finanziaria che, a sua volta, ha contribuito con l’illusione della ricchezza facile a un crescente volume di debito a livello globale, però con una maggiore estensione ai Paesi occidentali. Anche il debito cinese e quello del Giappone sono molto alti, eppure rimangono in mano agli stessi Paesi. E così si sottraggono più facilmente alle manipolazioni finanziarie che destabilizzano i debiti dei singoli Stati. Il debito globale del 2023, per la parte contabile, risulta essere oltre 300mila miliardi di dollari. Accanto alla parte misurabile e trasparente vi è, poi, l’immane posizione dei prodotti finanziari senza patria come i derivati, gli over the counter, i bitcoin e tanti altri che si presume siano vicini a circa 5 milioni di miliardi sempre misurati in dollari, una moneta che a causa della sua infinita stampa sta perdendo il ruolo di moneta centrale negli scambi, con una sua progressiva svalutazione che peggiora il quadro complessivo.

Emettendo gli Eurobond bisogna essere consapevoli sia dei pericoli che corriamo, in un mercato deregolamentato in mano alla speculazione finanziaria, sia delle diversità presenti nella Ue tra i diversi Paesi, ciascuno dei quali sembra ragionare solo per se stesso ma senza unità politica. Gli Eurobond, così, rischiano di diventare una macelleria sociale. È necessario vedere, per capire il senso di queste affermazioni e il senso storico di ciò che ha fatto la finanza nelle nostre vite.

Tutto questo enorme e imperscrutabile volano finanziario ha dato il via a una rivoluzione finanziaria quando, nel 1971, il presidente Richard Nixon ha dichiarato la fine del “gold exchange standard” con la separazione della stampa di carta moneta da un equivalente valore misurabile come l’oro. Da quel momento, si è preparato il terreno per la rivoluzione finanziaria, che ha totalmente cambiato gli scenari per misurare la ricchezza, producendo lo stravolgimento completo di molte normative di regolazione dei mercati, che costituivano il punto di equilibrio della rivoluzione industriale nata e prosperata nella concorrenza. L’esempio clamoroso con cui sono state fatte saltare le normative “antitrust” è stato il salvataggio fatto, nel 2008, da Ben Bernanke con i soldi pubblici delle grandi banche, perché too big too fail è stato un insulto alle più elementari regole delle leggi antimonopolio a tutela della concorrenza e del mercato. In compenso, Bernanke è stato insignito del Premio Nobel per il suo ruolo (deregolamentante) nella finanza.

La rivoluzione finanziaria ha modificato la natura stessa della ricchezza, che ora non consiste più solo, né tanto, nell’accumulazione di beni poiché il maggiore strumento di creazione di ricchezza è diventato il debito. Il “leverage” per le imprese e i “subprime mortgage” per i singoli hanno moltiplicato a debito le ricchezze che sono andate spesso distrutte nelle recenti crisi finanziarie. E prima di essere dissipate si sono riprodotte, con una partenogenesi talmente mostruosa da sembrare una pulsione di morte, come ricordava sia Sigmund Freud che John Maynard Keynes nella “Teoria generale” del 1936: dopo la grande depressione aveva prospettato come soluzione finale del capitalismo, oggi diremmo finanziario, l’eutanasia del rentier.

La ricchezza e i profitti creati con il debito hanno dato l’illusione che i debiti si possano non pagare grazie a sofisticate tecniche di ingegneria finanziaria. La ricchezza si è dematerializzata, per divenire un numero o un simbolo perso in un incomprensibile sistema informatico, creando la dissociazione tra proprietà e controllo nelle aziende. La rivoluzione finanziaria ha sostituito alla regolamentazione dei mercati il contratto, che ha fatto sparire la proprietà reale o simbolica al punto che sono saltati i confini tra lecito e illecito. È stato posto il mercato, la cui unica regola è il contratto, e teorizzato l’uguaglianza di chi vi partecipa, che però così non è: l’eguaglianza non è nell’uomo ma è solo quella di ogni moneta del sistema. Pertanto, il mercato stimola e premia la disuguaglianza fra gli attori del sistema stesso. Non è casuale che oggi siamo in presenza di una disuguaglianza che non ha pari nella storia dell’uomo. Il mito degli uguali diventa così l’opposto del mito del mercato, che fa avere il sopravvento all’ordine dell’egoismo sull’ordine degli uguali.

In questo vertiginoso caleidoscopio, pensare di emettere Eurobond diventa una sfida all’ignoto ma in parte al buon senso che ispirerebbe la prudenza e non l’avvio ad azioni che andrebbero fuori controllo, in un sistema senza controllo, in una disperata azione senza futuro. Sarebbe una corsa verso problemi ignoti e incertezze sconosciute, che incomberanno sull’economia per gli anni futuri. La base di partenza, prima di mettere il carro davanti ai buoi, è ragionare sul senso di coesione oggi non presente nell’Unione europea. Provare a ricostruire un sistema politico ed economico che possa aspirare a una sua vera autonomia, senza essere tirato a caso dove qualcuno lo vuole mettere. Non abbiamo una governance veramente europea, perché siamo eterodiretti e finiamo sempre per seguire quello che ci viene imposto. Però, senza autonomia, non esiste indipendenza e capacità di libera decisione, bensì solo una sottoposizione a una forte coercizione che ci uccide e ci leva la lucidità per capire il senso della storia, facendo tirare fuori da un cilindro malandato l’illusione tragica degli Eurobond.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi

Aggiornato il 28 marzo 2024 alle ore 11:13