Debito pubblico, questione morale

La riduzione del debito pubblico continua a essere uno dei temi centrali dello sviluppo economico e del rilancio del Paese.

Negli ultimi quindici anni tutti gli esecutivi che si sono succeduti al Governo, pur annotando il tema tra le priorità delle loro linee di azione, non sono riusciti a risolvere definitivamente il problema. L’azione dei vari ministri delle Finanze ha avuto il merito di una visione macroeconomica corretta, volta al riequilibrio del profilo di debito.

Tuttavia, l’opera di risanamento, di per sé già ardua, non ha trovato felice traguardo per la fragilità di due leve a disposizione dei policy makers: il sistema dei controlli nella finanza pubblica e l’individuazione delle aree di responsabilità. È da considerare infatti che il contenimento della spesa non potrà mai avere vero successo senza un profondo riesame del sistema dei controlli e delle aree di responsabilità. Senza una revisione di questi due cardini, nessun governante potrà dispiegare fino in fondo l’azione di risanamento, e quindi avviare eque azioni di politica fiscale.

I controlli oggi si dimostrano inadeguati e insufficienti a prevenire, ridurre, evidenziare sprechi e responsabilità. I controlli, per le realtà pubbliche e private, sono caratterizzati da due componenti inscindibili: le regole che generano il controllo giuridico-contabile e il sistema dei valori che genera il controllo sociale. Le prime sono caratterizzate dalle norme, dai modelli contabili di rilevazione e di rendicontazione idonei a disciplinare i comportamenti e a dare atto dei risultati conseguiti in termini di correttezza e trasparenza. Il sistema dei valori è invece alla base della convivenza civile e democratica, e rappresenta il vero elemento per un buon funzionamento dei controlli: se non vi è piena condivisione dei valori alla base del corretto sviluppo della società, le regole giuridiche e contabili saranno spesso disattese.

Questi valori – rispetto delle persone, delle regole e delle istituzioni – sono l’elemento essenziale per l’efficace funzionamento di un sistema di controllo e la loro carenza non può essere sostituita da nuove norme e regole o inasprimento delle stesse che finiscono per generare complessità, confusione e inefficacia. In questo senso, appare difficile ancorare le aree di attività e di risultato a precise responsabilità misurabili e valutabili in modo che coloro che hanno responsabilità di gestione ne rispondano e ne diano conto (principio di accountability).

L’esempio della non perfetta definizione delle aree di responsabilità tra amministrazioni centrali e periferiche è quello usualmente citato nelle aule dei corsi di economia delle Pubbliche amministrazioni. Dalla debolezza di questi meccanismi di controllo e di accountability, si sono generati gli eccessi di spesa che hanno progressivamente condotto alla crescita del debito pubblico attuale. È plausibile definire il debito pubblico come ricchezza distribuita (senza essere ancora prodotta) con criteri spesso non rispondenti a principi etici e di equità sociale. Un debito morale del Paese verso se stesso e verso le prossime generazioni, esposte non solo al dovere di rimborsare la quota capitale, ma anche al rischio di rialzo dei tassi d’interesse. Scelta doppiamente criticabile dal punto di vista etico.

È quindi necessario operare anche sul recupero di elementi valoriali e di principi di equità trasparenti e condivisi. Gli effetti negativi della fragilità dei sistemi dei valori si estendono anche al privato, creando modelli di vita e di consumo che prevedono anche livelli d’indebitamento elevati, consolidati e difficili da modificare. Come agire?

L’azione dei ministri delle Finanze di correzione dei fondamentali macroeconomici nazionali, da tutti condivisa negli intenti, va affiancata da un ripensamento forte e deciso dei meccanismi di controllo giuridico-contabile, di controllo sociale e di principi di responsabilità di gestione. Il sistema dei valori e di accountability va reso chiaro e comunicato sia alle Pubbliche amministrazioni, sia al Paese. Senza, nessun ministro potrà veramente riuscire, e il Paese continuerà a dibattere sulle strade da scegliere per uscire dal guado.

(*) Professore emerito dell’Università Luigi Bocconi

Aggiornato il 22 aprile 2024 alle ore 12:28