Il Superbonus, una tormentata disposizione che ha prodotto macerie economiche

Sul Superbonus 110 per cento, misura di incentivazione edilizia introdotta il 19 maggio del 2020 dal Governo Conte II, si è detto e si è scritto tanto. Soprattutto in ordine ai suoi meccanismi di funzionamento, ai costi per le casse dello Stato e ai suoi effetti economicamente distorsivi. Si aggiunga che, nel giugno del 2022, la misura ha pure incassato la bocciatura dalla Corte dei conti, che ha rilevato che le agevolazioni fiscali sono “distorsive”, bonus edilizi compresi, giacché: “in molti casi configurano benefici non giustificati per gruppi specifici di soggetti” e inoltre “comportano una perdita di gettito rilevante”, pari ad alcuni punti di Prodotto interno lordo.

Ma l’aspetto che però ha destato e desta maggiore preoccupazione agli osservatori attenti e agli interessati, operatori economici compresi, riguarda l’incertezza, che è sfociata in un vero e proprio caos normativo, che sin dalla data di entrata fino a oggi ha accompagnato questa tormentata disposizione, che in quasi quattro anni ha subito un numero impressionante di modifiche e correttivi, e si è trasformata in una trappola infernale dalla quale sarà difficile divincolarsi.

Non è un caso che il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, in un’intervista rilasciata a un quotidiano della Capitale a margine dell’ultimo intervento del Governo con il decreto legge n. 39/2024, che ha introdotto ulteriori limitazioni, abbia chiesto a gran voce: “basta legiferare”, dopo aver ancora una volta rilevato che le reiterate modifiche al provvedimento: “mettono in difficoltà le famiglie e nei condomini, dove già regnava il caos, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. [...] Va bene tenere in equilibrio i conti pubblici, ma così si mettono in difficoltà migliaia di famiglie che si sono fidate del governo e che adesso rischiano di rimanere scoperte”.

È un allarme, cui è associata una richiesta che coglie nel segno, che inducono a considerare che riguardo a detta agevolazione – e la disamina può essere senz’altro estesa ad ogni altro provvedimento che quasi quotidianamente viene emanato – il modus operandi delle compagini governative è senz’altro censurabile e tuttavia riflette una delle caratteristiche dello Stato moderno, sorto sulla dissoluzione della società medioevale. Lo stesso ha egemonizzato la produzione legislativa, che è diventata lo strumento normativo di quell’interventismo economico che ha come sua massima espressione l’economia pianificata. Il perimetro dello Stato si è via via allargato ed è cresciuta la sua invadenza in materia economica, giuridica, sociale e politica, peraltro agevolata dalla credenza che fosse necessario attribuirgli sempre più vaste competenze, che avrebbe condotto alla soluzione dei problemi sociali.

Per effetto di ciò, la politica ha smesso di svolgere una funzione “residuale” rispetto a quel che è prodotto dalla cooperazione tra individui posti sul medesimo piano dinanzi alla legge e si è avuta una produzione legislativa sempre crescente, che finito per esprimere una sorta di “schizofrenia” del legislatore nel contesto generale dei programmi e delle norme applicabili. Queste possono infatti essere modificate sostanzialmente, e repentinamente, non appena variano gli equilibri politici o mutano gli interessi in gioco e i gruppi di pressione, a volte anche in base a spinte emotive dell’opinione pubblica, e creare così un significativo grado di incertezza su ciò che verrà dopo in termini di legislazione e regolamentazione. Le conseguenze sono notevoli e creano rilevanti difficoltà per gli individui, ai quali viene di fatto impedito di operare scelte economiche e razionali, le quali sono orientate al futuro e richiedono un accurato calcolo economico, per essere coronate da successo. Detto calcolo, com’è evidente, deve poter essere correttamente eseguito, per produrre i risultati attesi, e a tale scopo necessita della garanzia di regole e della loro corretta applicazione e, soprattutto, di un habitat normativo stabile, ossia della certezza a lungo termine delle disposizioni, che non vengano cambiate nel tempo, giacché il loro mutamento è destinato a ripercuotersi, modificandoli, sugli esiti finali. Non vi chi non veda del resto come un progetto o un investimento che appare oggi economico e ragionevole, secondo il vigente quadro normativo, potrebbe rivelarsi non redditizio o, peggio ancora, fallimentare, qualora successivamente siano modificate le regole, magari – e non è affatto infrequente – con efficacia retroattiva. Del pari vi è anche da sottolineare che, nonostante sia insito un certo grado di incertezza e rischiosità in ogni attività umana, difficilmente si potranno fare previsioni rispetto alle situazioni future e, in particolar modo, potranno essere avviate iniziative imprenditoriali, soprattutto con investimenti che richiedono tempi lunghi, qualora non possano tenere per certa la stabilità delle disposizioni e siano invero prevedibili mutamenti, spesso anche reiterati. Un’impresa di qualsiasi tipo ha pertanto bisogno della certezza giuridica a lungo termine, laddove quella a breve termine può solo consentire di “navigare a vista”.

In argomento restano sempre validi e attuali gli insegnamenti di Bruno Leoni, l’interprete più originale della tradizione liberale del secondo Novecento, che ha influenzato alcuni importanti esponenti del liberalismo contemporaneo, quali i premi Nobel Friedrich A. von Hayek e James M. Buchanan. Lo studioso torinese ha scandagliato in profondità il problema, muovendo dalla constatazione che le leggi scritte, generali e astratte non sono necessariamente in grado di garantire la certezza del diritto nel lungo termine (una nuova legge può sempre facilmente sostituire una legge precedente che fino al giorno prima era “certa”) e ha avvertito che “noi siamo veramente lontani dal realizzare con la legislazione la certezza ideale del diritto, nel senso pratico che questo ideale dovrebbe avere per chi fa progetti per il futuro e deve sapere, perciò, quali saranno le conseguenze giuridiche delle sue decisioni. Mentre la legislazione è quasi sempre certa, cioè precisa e riconoscibile, finché è “in vigore”, non si può mai essere certi che la legislazione in vigore oggi sarà in vigore domani. L’ordinamento giuridico incentrato sulla legislazione, comportando la possibilità che altri – i legislatori – interferiscano ogni giorno con le nostre azioni, implica anche la eventualità che essi cambino ogni giorno il loro modo di interferire. Come conseguenza, si impedisce alla gente non solo di decidere liberamente che cosa fare, ma anche di prevedere gli effetti giuridici del suo comportamento”.

In conclusione, prescindendo dalla validità o meno della misura, è indiscutibile che gli errori di gestione commessi dai diversi Governi, ossia Conte II, Draghi e Meloni, tutti con idee diverse e background differenti, hanno zavorrato il percorso dell’agevolazione, che ha pure prodotto modesti risultati, come mostrano i dati diffusi dall’Agenzia delle entrate, secondo cui la percentuale dello stock immobiliare italiano efficientato con il Superbonus che si è attestata intorno al 5 per cento al 31 marzo 2024.

La sua buona riuscita era ed è comunque pregiudicata dalla rilevata incertezza normativa che l’ha accompagnata. Resterà pertanto un esperimento socio-economico non riuscito, l’ennesimo appuntabile in capo all’interventismo statale, che ha prodotto macerie economiche delle quali si dovranno fare carico tutti i cittadini. Come tante altre volte è successo. E non sarà certamente l’ultima.

Aggiornato il 05 aprile 2024 alle ore 09:25