La “Lega dei miracoli” di Matteo Salvini

Da quanto emerso dal congresso straordinario della Lega Nord, Matteo Salvini sembra sempre più lanciato sulle orme dell’altro Matteo nazionale, quello che occupa Palazzo Chigi promettendo miracoli a buon mercato. E al pari di quest’ultimo dobbiamo rilevare che il giovane segretario del Carroccio si stia dando un gran da fare su una linea politica, che grossolanamente potremmo definire della botte piena con moglie ubriaca.

Non bastava la dissennata campagna contro la riforma previdenziale Fornero – la quale, è doveroso ricordarlo, ha contribuito a suo tempo ad allentare le tensioni finanziarie sul nostro colossale debito pubblico – perché ora spunta una mirabolante aliquota fiscale unica al 20 per cento, accompagnata dal trito e falso assunto del far pagare tutti per pagare meno. Ciò significa che il leader del Carroccio, il quale non fa mistero di voler intercettare il consenso dei delusi del cosiddetto fronte moderato, propone di abbattere con l’accetta l’insostenibile pressione tributaria, almeno dal lato delle imposte dirette ma nel contempo raccoglie le firme per un referendum sulle pensioni in grado di far saltare il tappo su un vulcano di spesa che ci vede al primo posto assoluto in Europa.

Sarebbe interessante comprendere come il buon Salvini ritenga di conciliare la forte riduzione delle entrate, insita nell’aliquota unica, con l’ampliamento dei costi pensionistici derivante dall’abrogazione tout court della citata legge Fornero. Costi che allo Stato attuale superano il 16 per cento del Pil, sfiorando il 35 per cento dell’intera spesa pubblica contro una media europea dell’11 per cento.

Oramai, che ci piaccia o no, il nostro welfare è diventato così dispendioso che senza il ricorso alla fiscalità generale è praticamente impossibile coprirne le continue falle. Pertanto, in assenza di dolorose riforme che riducano il livello delle prestazioni offerte dallo Stato – tra cui il colossale capitolo previdenziale – risulta impensabile abbassare le tasse promettendo addirittura ulteriori “pasti gratis” targati Inps.

E sebbene la deriva politica dei cantastorie rappresenti a conti fatti una formidabile scorciatoia per aumentare i propri consensi, una volta raggiunta la stanza dei bottoni con tali premesse l’unico modo per restarci è quello di frastornare il Paese con una montagna di chiacchiere e di iniziative inconsistenti.

Caro Salvini, con tutta franchezza, non è questo l’approdo politico che la nostra piccola riserva indiana liberale si aspetta da un rinnovato fronte alternativo alla sinistra dei miracoli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25