Una lettera all’Anm   per una giustizia giusta

All’Associazione nazionale magistrati (Anm) aderisce circa il 90 per cento dei magistrati italiani. Da oltre cinquant’anni la magistratura insorge quando si profila un cambiamento, una modifica del sistema giustizia che non trova il consenso dei togati. “Attacco alla autonomia e indipendenza della funzione giudiziaria” o “in pericolo lo Stato di diritto” sono le frasi ricorrenti a difesa del presidio.

In particolare la magistratura insorge quando, con periodica ricorrenza, si tratta il tema della responsabilità civile del magistrato. Con questa lettera aperta non si vuole aggiungere altre dispute alle copiose e complesse questioni da risolvere, ma si cerca di invitare i dirigenti della Anm a dare un segno tangibile a sostegno delle loro legittime posizioni. Come versare la somma di 10mila euro alla madre di un bambino. Sarebbe un piccolo gesto di verità.

Questi i fatti. Separata con un bambino di 6 anni, vittima designata dell’ex marito, stalker violento e iracondo. Risulta indagato per lesioni, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza familiare, ingiuria, diffamazione, minaccia, atti persecutori, frode processuale, peculato, firma falsa, tentativo di soffocamento, sputi in faccia, aggressioni fisiche e psicologiche palesi ed occulte, sempre davanti al figlio. Dalla separazione, omologata dal tribunale il 7 aprile 2011 (quella di fatto risale ad un anno prima) l’uomo conduce una ulteriore azione delinquenziale contro il figlio e la madre. Il bambino, come la mamma, è affetto da intolleranza al glutine.

Il padre, al contrario, somministra a suo figlio tutti cibi contenenti il glutine adducendo che si tratti di una pura invenzione della madre affetta dalla sindrome di Münchhausen (il caso più tipico di detta sindrome è quella della madre che usa la malattia di un figlio per attirare l’attenzione su di sé), accertata con una telefonata da un pediatra, poi sanzionato dall’ordine dei medici e dalla sindrome di alienazione parentale detta Pas (dall’acronimo di Parental alienation syndrome), diagnosticata dall’avvocato che difende il padre del bambino.

A giustificazione delle sue condotte adduce che, a causa della ipocondria proiettiva della madre sul bambino, gli viene impedito di frequentare il figlio. Nel luglio del 2012 il servizio di Patologia clinica dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma ha evidenziato, a seguito di accertamenti diagnostici, la presenza di anticorpi anti-gliadina deamidata, confermata dal certificato di accompagnamento del primario del reparto, marcatore compatibile con il morbo celiaco.

Sono seguiti ben cinque certificati dei maggiori esperti italiani della affezione celiaca che hanno confermato l’intolleranza al glutine, con prescrizione di una specifica alimentazione. Tutti i cinque medici sono stati denunciati all’Ordine dei medici dal padre del bambino. Proprio in considerazione di questa prova decisiva è stato proposto davanti al Tribunale di Tivoli un ricorso per provvedimento di urgenza. Fissata l’udienza di comparizione il 27 agosto 2012, con ordinanza, emessa in data 5 novembre, il giudice Anna Maria Di Giulio dichiara inammissibile il ricorso per carenza di legittimazione ad agire della madre del bambino: la donna non può rappresentare il figlio, con condanna alla spese processuali di 3mila euro.

Viene così proposto appello. Il 22 marzo 2013 il Collegio, composto dai giudici Francesca Coccoli, Fernando Scolaro, Alessio Liberati, emette l’ordinanza, nella quale dichiara l’errore del giudice Di Giulio. La madre può rappresentare il figlio, ma i giudici si dimenticano di annullare la condanna alla spese processuali. Anzi considerato che “la copiosa documentazione fornita da parte reclamante (la madre del minore) non ha fornito prova certa della esistenza di una intolleranza al glutine, ma solo un possibile sospetto, non seguito da quella certezza richiesta per giustificare un regime alimentare alternativo”, condannano la povera madre ad ulteriori 2500 euro di spese processuali.

Successivamente la madre debitrice è stata raggiunta da un atto di precetto (intimazione a pagare) e il 9 luglio 2013 le è stato notificato atto di pignoramento presso terzi per la complessiva somma di 8227,39 euro con blocco del conto corrente bancario e decurtazione mensile sullo stipendio. Sul conto corrente pignorato l’ex marito inizia a versare l’assegno di mantenimento per il figlio in modo da impedire l’incasso da parte della madre del minore. Anche la procedura esecutiva ha un suo costo e si conquista la vetta dei 10mila euro.

Chi paga per gli errori dei giudici? Ed ecco che il dottor Rodolfo Sabelli e il dottor Maurizio Carbone possono devolvere – con delibera della giunta esecutiva centrale della Associazione – la somma di 10mila euro a favore della madre del minore, inviando assegno circolare presso il mio studio che si trova a Roma.

Il gesto darebbe concretezza e fiducia alla posizione espressa dal dottor Sabelli “sul rischio molto alto di cause strumentali messe in atto solo per reazione a una decisione sgradita del magistrato”. Mentre il rigetto o il silenzio all’invito potrebbero accreditarle posizioni contrarie alle resistenze dei magistrati.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:19